Essere grati a se stessi, amiche, è una delle sensazioni più belle che esistono, eppure le persone sono talmente prese da tante cose che si dimenticano il rapporto con se stesse o si limitiamo a darsi delle false gratificazioni: facendo shopping sfrenato, introducendo cibo-spazzatura, utilizzando droghe. Ma tutte queste sono forme ipnotiche, input presi dall’esterno, condizionamenti.
Invece quando noi non ci giudichiamo, ma ci guardiamo, per come siamo, quando non c’è un “dovrei essere diversa”, “essere più…” , “essere meno…”, allora sì che riusciamo a suscitare un senso di gratitudine autentico verso noi stesse.
Infatti, ogni volta che c’è un “dovrei…” la realtà che ne scaturisce diventa sbagliata. La progettualità parte sempre da come si sta nel presente: avere un proposito ci spinge in una determinata direzione, ed è giusto avere dei desideri, ma non dobbiamo farci dominare da essi; intendo dire: muoversi in quella direzione senza però dipendere da quelli, bensì gioire di quello che sta già accadendo in questo preciso momento, godendo del percorso. Poi, se raggiungeremo l’obiettivo, bene! altrimenti va bene lo stesso.
Il motivo per fare una cosa non deve essere farcela ma vivere, evitando di identificarci con il desiderio. Finché stiamo perseguendo l’obiettivo, l’ego ci fa sentire felici, lasciandoci immaginare la felicità futura; quando lo raggiungiamo, potremo rimanere in questo stato di felicità, soddisfazione solo per un limitato periodo.
Lo scrittore tedesco Eckhart Tolle, in una sua intervista, ha calcolato che per ogni meta raggiunta, nell’arco di due anni massimo, si esaurirà il sentimento di felicità e soddisfazione associato ad essa. L’ego, infatti, si abitua a tutto.