Cosa ci insegna il salto impossibile di Simone Biles: un esempio dopo il crollo emotivo

Simone Biles torna più forte che mai e ci insegna a non mollare davanti alle difficoltà

Pubblicato: 3 Ottobre 2023 11:06

Paola Landriani

Lifestyle Editor

Content e lifestyle editor, copywriter e traduttrice, innamorata delle storie: le legge, le scrive, le cerca. Parla di diversità, inclusione e di ciò che amano le nuove generazioni.

Un salto (quasi) impossibile, ma non per Simone Biles. L’atleta americana ai Mondiali di Anversa è stata la prima donna al mondo a eseguire il Yurchenko doppio carpio, un salto difficilissimo che la fa entrare ancora una volta nella storia della ginnastica. Ma Simone Biles non si porta a casa solo un record eccezionale: anche la consapevolezza di aver regalato un insegnamento importantissimo. I momenti di difficoltà esistono, ma possono essere superati con determinazione, voglia di recuperare e splendere di nuovo.

Simone Biles, il salto impossibile diventa realtà

Lo Yurchenko doppio carpio è un esercizio estremamente complicato, che non era mai stato affrontato da una donna: poi è arrivata Simone Biles. L’atleta americana è riuscita a eseguire l’esercizio al volteggio ottenendo un punteggio incredibile: 15.266. Non è stata da meno nemmeno quando ha eseguito gli esercizi con gli altri attrezzi, raggiungendo un punteggio finale di 58.865 con corpo libero, parallele asimmetriche, trave e volteggio.

Un lavoro straordinario quello fatto ai Mondiali di Anversa, che riconfermano reginetta della ginnasta una ragazza di soli 26 anni, ma che ha già sottolineato più volte la sua posizione di atleta fuoriclasse. Ora lo Yurchenko è diventato il Biles, e Simone può prepararsi per le Olimpiadi di Parigi 2024. Laurent Landi, l’allenatore di Simone ha commentato: “Ce l’ha fatta! Questo è tutto quello che posso dire. Le persone, spero, si rendano conto che questa potrebbe essere l’unica volta nella loro vita in cui hanno visto un salto come questo eseguito da una ginnasta donna”. Una soddisfazione immensa, anche considerando i traumi psicologici e lo stop che la ginnasta ha dovuto combattere qualche anno fa.

 

Con il suo salto impossibile Simone Biles ci insegna a non mollare

Quello di Anversa è la riprova che Simone Biles è una ginnasta formidabile. Una rivincita importante dopo le Olimpiadi di Tokyo del 2021, anno in cui l’atleta aveva deciso di ritirarsi per prendersi cura della sua salute mentale. Quella scelta aveva fatto il giro del mondo, molto più della sua medaglia di bronzo alla trave. “Ho il peso del mondo sulle spalle. Non è stata una giornata facile o la mia migliore, ma l’ho superata. A volte mi sento davvero come se avessi il peso del mondo sulle spalle. So che lo spazzo via e faccio sembrare che la pressione non mi colpisca, ma dannazione a volte è difficile: le olimpiadi non sono uno scherzo.”, aveva raccontato in un post su Instagram.

La Federazione americana aveva poi confermato la scelta dell’atleta sostenendo la sua volontà: “Con tutto il cuore accogliamo la decisione di Simone e applaudiamo il suo coraggio nel dare priorità al suo benessere. Il suo coraggio mostra, ancora una volta, perché è un modello per così tanti.” Uno stop dal suo amato sport a causa di quelli che in ginnastica vengono chiamati twisties: una paura paralizzante, un fenomeno che fa perdere l’orientamento e la percezione del proprio corpo nello spazio mentre si è in aria, che oltre a essere estremamente pericolosi non le permettevano di saltare come avrebbe voluto.

Fonte: IPA
Simone Biles

Ma anche la volontà di non restare in silenzio davanti agli abusi, denunciando insieme ad altre ginnaste americane gli abusi dell’ex medico della nazionale statunitense Larry Nassar. Una somma di eventi che l’hanno portata scegliere di prendersi del tempo, andare in terapia e concentrarsi su se stessa. Una decisione coraggiosa, che ci insegna che il lavoro, la fama e le situazioni spesso possono arrivare a schiacciarci, senza lasciare scampo, ma che è importante capire quando è il momento di prendersi una pausa e lottare per tornare più forti di prima. In questo periodo di assenza dalle competizioni Simone Biles ha lavorato sui suoi demoni e si è concentrata con sulla sua relazione, sposandosi con il giocatore di basket Jonathan Owens.

Ora la regina della ginnastica è tornata per se stessa, per lo sport e per i suoi fan, che da sempre la seguono e la sostengono. “Ho sentito da tutti molto supporto, anche dal pubblico e tutti quanti. A Tokyo non è stato così essendo in piena pandemia, anche se chiaramente la quantità di affetto e supporto che ho ricevuto sui social, Twitter e Instagram, è stata davvero shoccante per me; specialmente il fatto che così tante persone continuassero ad ammirarmi ed amarmi nonostante come fosse andata quell’Olimpiade per me. Mi riempie il cuore e non potevo chiedere di meglio.” ha dichiarato in un’intervista dopo una delle sue prime gare dopo il lungo stop.

Simone Biles è la riprova che prendersi una pausa non è sinonimo di debolezza

Viviamo in un mondo che ci richiede la costante attività come segno di forza e determinazione, facendoci dimenticare che decidere di prendersi una pausa è umano, necessario e non ci rende persone deboli. Prendersi una pausa è un atto di auto-amore e autoconsapevolezza, un segno di maturità emotiva che ci permette di continuare a vivere in un mondo che spesso ci spinge oltre i nostri limiti.
Simone Biles è proprio l’esempio che ci serve per ricordarci che staccare è un bene. La ginnasta non è l’unica star dello sport ad aver lanciato un messaggio così necessario e potente. Da Paola Egonu, che ha deciso di prendersi una pausa dalla Nazionale italiana di pallavolo, passando per Vanessa Ferrari, che spesso ha deciso di non gareggiare per via degli infortuni, il mondo dello sport ci regala degli esempi di forza di volontà che non possiamo altro che ammirare e seguire. Questo perché è importantissimo ricordarsi sempre che non è tutto urgente e non è tutto necessario. Decidere di fermarsi per un po’ è una dichiarazione d’amore a noi stessi, al nostro benessere e alla volontà di agire con consapevolezza, una questione decisamente lontana dall’idea di debolezza che spesso ci affibiamo.

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