Cicoria, radicchio, insalata belga, ravanelli, spezie, tè, caffè: sono solo alcuni degli alimenti amari che dovremmo portare in tavola più spesso, poiché capaci di apportare innumerevoli benefici per la salute.
Un gusto che però sembra ormai dimenticato. “L’industria alimentare – ha commentato la prof. Angela Bassoli, professore associato di chimica organica e basi molecolari del gusto, Università di Milano, in occasione del congresso ‘Panorama Diabete’ della Società Italiana di Diabetologia – altera il sapore degli alimenti per renderli più ‘attraenti’, togliendo l’amaro o l’acido. Una volta le nostre nonne mangiavano tante erbe di campo amarissime; oggi le abbiamo lasciate da parte e consumiamo invece verdure ottenute con incroci, con selezione genetica, che risultano sempre meno amare. L’industria modifica il sapore dei cibi anche attraverso gli additivi, ad esempio con i dolcificanti che di certo non hanno fatto diminuire né l’obesità, né il diabete. Questo perché sono un fake, non ci danno lo zucchero, ma il nostro recettore si abitua al dolce e ce lo fa desiderare sempre più”.
I benefici dei cibi amari
La presenza di recettori del gusto amaro sembra avere un importante ruolo nella rilevazione di composti pericolosi: il sapore amaro, infatti, può provocare il rifiuto del cibo o di una bevanda e, se molto intenso, stimola il riflesso del vomito. Un riflesso protettivo che può dunque proteggerci da potenziali sostanze tossiche.
Hanno un’azione protettiva sul DNA
Esistono però anche altre molecole – come i polifenoli – che hanno un gusto amaro, ma che sono dotate di una preziosa azione protettiva sul nostro patrimonio genetico, proteggendoci dallo stress ossidativo e dalle malattie cardiovascolari. Recenti ricerche confermano che nell’intestino i recettori dell’amaro hanno un ruolo prioritario: basti pensare che sono stati identificati una trentina di geni deputati alla gestione delle molecole amare, mentre per il dolce è stato identificato soltanto un gene.
Aiutano a tenere sotto controllo la voglia di cibo
Il gusto amaro, inoltre, è capace di regolare l’appetito e la sensazione di sazietà grazie alla secrezione di colecistochinina (CCK), un ormone che determina senso di sazietà e riflessi inibitori dello svuotamento gastrico attraverso la stimolazione del nervo vago, che collega l’intestino al cervello e viceversa. Non a caso, terminare il pasto con una bevanda o altro alimento con gusto amaro è una scelta antica e diffusa in ogni cultura. Il gusto amaro dei cibi, quindi, attraverso il rilascio di sostanze endogene e fattori ormonali, può contribuire a mangiare di meno durante il pasto.
Facilitano l’espulsione dei gas
I cibi amari hanno un’azione carminativa, rivelandosi utili per tutte le persone che soffrono di meteorismo e gonfiore dello stomaco e dell’intestino, poiché facilitano l’espulsione dei gas in eccesso.
Infine, possiedono proprietà depurative e diuretiche.
Quali sono i cibi amari
I polifenoli sono contenuti per esempio in verdure amare come cicoria, crescione, finocchio, radicchio, zucca amara, soncino, insalata belga, cavolo verde, ravanelli, scarola, rucola, tarassaco…
Anche erbe aromatiche e spezie come il timo, la maggiorana, il levistico, il rosmarino, le bacche di ginepro, la liquirizia, il finocchio amaro, l’anice, il tè (così come il caffè) contengono sostanze amare.
Come rieducarsi al gusto amaro
“La natura – commenta la professoressa Bassoli – non poteva certo prevedere che un giorno avremmo avuto a disposizione tutte queste fonti di energia, ‘facili’ e a basso costo”. E per uscire dunque da questa ‘tirannia’ del dolce e riequilibrare le nostre preferenze alimentari, l’unica soluzione è reimparare ad ascoltare i nostri recettori.
“Ma per fare questo – spiega Bassoli – bisogna ‘allenarli’, perché la nostra alimentazione, esponendoci solo a certi tipi di sapori, ci ha fatto mettere da parte gli altri. Noi abbiamo in dotazione ancora 25 diversi sensori per apprezzare le tante sfumature del gusto ‘amaro’ (contro appena un unico sensore per il gusto ‘dolce’), ma non li usiamo da troppo tempo, sono ‘atrofizzati’ e vanno dunque riallenati. Come? Iniziando a mangiare delle cose un po’ più amare (vegetali, spezie, caffè senza zucchero) rispetto a quello che facciamo abitualmente. Se pian piano mi riespongo a questi sapori, i miei recettori piano piano si adattano”.
E in questo modo si ottengono due vantaggi. “Il primo – spiega la professoressa – è diretto: ricomincio a mangiare delle cose che mi fanno bene, ad esempio le verdure che contengono più flavonoidi, più polifenoli, antiossidanti protettivi nei confronti dei tumori e delle malattie cardio-metaboliche”. Ma c’è anche un vantaggio indiretto. “Se mi abituo ad un gusto un po’ più amaro e meno dolce – spiega la professoressa – automaticamente consumo anche meno zucchero”.