Levante vittima di una relazione tossica: “Ho avuto paura”

Levante racconta per la prima volta di aver vissuto una relazione tossica: la paura e la forza di denunciare

Pubblicato: 6 Marzo 2024 11:12

Paola Landriani

Lifestyle Editor

Content e lifestyle editor, copywriter e traduttrice, innamorata delle storie: le legge, le scrive, le cerca. Parla di diversità, inclusione e di ciò che amano le nuove generazioni.

A ridosso del suo tour e dopo l’uscita del documentario sulla sua carriera Levante Ventitrè – Anni di voli pindarici, Levante si mette a nudo in una lunga intervista in cui decide di raccontare un momento molto difficile della sua vita: attimi di paura e sconforto legati a una relazione tossica.

Levante, il racconto di una relazione tossica

Non è mai facile trovare il coraggio di mettere da parte la vergogna che spesso sentiamo e aprirci al mondo raccontando questioni intime spigolose, difficili, che mettono paura e angoscia. Un passo che Levante ha deciso di fare in una lunga intervista a Vanity Fair, provando a raccontare il suo passato difficile legato a una relazione con un uomo incapace di accettare un no. “Non posso più continuare a dire di sapere che cosa provano certe donne, di immedesimarsi in loro, senza confessare di esserci passata anch’io. Una decina di anni fa mi sono infatuata di un uomo. Da subito è stato molto geloso. Mi controllava: ‘Dove sei? Perché non mi rispondi?’. A ogni modo ho capito abbastanza in fretta che non ero innamorata e gliel’ho detto. Non potendomi più avere, ha perso le staffe.”

Una situazione che, sfortunatamente, ci appare molto più comune di quanto dovrebbe. Relazioni che finiscono male, spesso perché una parte della coppia non è in grado di accettare che quell’amore possa essere finito o sia sfumato nel tempo. Levante racconta che l’uomo non l’ha mai picchiata, ma che ha provato a ricattarla, continuando a contattarla in modo insistente: “Ha tentato di ricattarmi: aveva dei nostri filmati, file privati. Mi chiamava in continuazione: ‘sto male’, mi implorava, e così passavo ore al telefono a cercare di tranquillizzarlo. Mi ha scritto 980 mail nel giro di un mese, che significa circa 30 ogni giorno. Tutti attorno a me erano preoccupati: i famigliari, le amiche… Io ero spaventata, ma forse non abbastanza, in quel momento. Non pensavo che arrivasse a farmi del male, temevo più per lui, come raccontava alla sorella Giulia Cecchettin. A me, a differenza sua, è andata bene. Sono viva.”

La denuncia di Levante

Dopo momenti di vergogna e paura Levante decide di muoversi attivamente e denunciare anche grazie al sostegno di un ami avvocato: “A un certo punto ho provato soprattutto vergogna, molta vergogna. Mi sentivo stupida: non sapevo come gestire la situazione che proseguiva da un paio di mesi. Fino a quando un amico avvocato mi ha consigliato di denunciare. Mi sono presentata nella prima questura con il malloppo di mail stampate. C’era una donna carabiniere, fredda, che mi riempiva di domande: immagino che sia la prassi, però ero terribilmente a disagio, sono scoppiata a piangere. Mi ha indirizzata a un’altra questura. Lì l’unica cosa che percepivo era il giudizio del carabiniere di turno, il suo minimizzare: ‘Signorina, deve stare attenta! Perché non è stata attenta? Se ne sentono di storie così’. Del resto il nostro è un mondo di maschi, che protegge i maschi. Alla fine hanno vietato a quella persona di avvicinarsi a me, per quanto possa valere.”

Fonte: IPA
Levante ospite a “Splendida cornice”

Oggi le cose sono diverse: Levante racconta che è riuscita a ragionare più lucidamente su quella storia: “Ho capito di non averlo incontrato nell’amore, ma nel dolore. Il suo e il mio. Questa persona ha rivelato anche un mio grande problema e cioè l’attaccamento a un certo tipo di uomo: mio padre Rosario, che ho perso quando avevo nove anni. Per quanto l’abbia conosciuto e lo ricordi, non era violento, però era duro, severo, intransigente. Per diverso tempo sono stata affascinata da persone che gli somigliavano. Ogni tanto quest’uomo mi scrive ancora e mi chiede scusa. Ci ha tenuto a dirmi che gli hanno diagnosticato un disturbo bipolare e che ha iniziato un percorso di psicoterapia. Io non gli rispondo e allora cancella i messaggi. Mi auguro solo che questa intervista non lo spinga a contattarmi.”

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