Quando l’afflusso di sangue all’intestino si interrompe, questo può andare incontro a un infarto, un evento raro e poco conosciuto, che spesso richiede un intervento chirurgico per essere risolto.
Scopri cos’è l’infarto intestinale, quali sono i sintomi e come lo si può curare.
Indice
Infarto intestinale: che cos’è?
L’intestino è uno degli organi più complessi e delicati, lungo circa 8 metri e responsabile di un’incredibile varietà di funzioni estremamente importanti per l’organismo. Oltre al processamento e alla digestione del cibo, è deputato all’assorbimento dei nutrienti essenziali per il corpo, all’eliminazione di scorie e tossine e alla difesa dagli attacchi esterni, svolgendo la funzione di barriera immunitaria grazie alle sue strutture e alla flora batterica.
Proprio per via delle sue molteplici funzionalità, l’intestino è percorso da numerosi vasi sanguigni che hanno il compito di trasportare sia il sangue ricco di ossigeno e nutrienti (convogliato attraverso le arterie), sia quello refluo con anidride carbonica e sostanze di rifiuto (che scorre attraverso le vene). La mucosa intestinale, infatti, richiede una quantità elevata del flusso ematico complessivo per espletare al meglio le sue funzioni e riceve buona parte della gittata cardiaca.
Quando l’afflusso di sangue a questi vasi sanguigni si interrompe, parzialmente o completamente, avviene un infarto intestinale: i tessuti che compongono l’intestino, non più irrorati, vengono danneggiati, rischiando di andare incontro a necrosi.
Generalmente, a essere colpite da infarti intestinali sono le arterie che vascolarizzano gli organi addominali, ma anche le vene possono essere ostruite e rendere difficoltoso il ritorno sanguigno da questa regione verso le camere cardiache. Inoltre, l’infarto intestinale, può interessare sia l’intestino tenue, sia il crasso, generando situazioni cliniche molto differenti tra di loro.
I sintomi dell’infarto intestinale
Dato che a essere colpite da infarto possono essere diverse zone dell’intestino, la sintomatologia legata a questo evento può essere estremamente varia. I segnali di infarto intestinale possono manifestarsi all’improvviso come episodi acuti, oppure come sintomi dalla comparsa lenta e graduale, a seconda dell’entità del problema e dall’ampiezza dell’area interessata.
Non c’è quindi un quadro sintomatologico preciso per questo tipo di patologia e per la diagnosi di infarto intestinale occorrono esami specifici e l’esperienza di un medico specialista che possa raccogliere informazioni sufficienti per comprendere ogni singolo caso.
Se si assiste alla comparsa di una sintomatologia fastidiosa, ma sopportabile e dalla comparsa intermittente, è opportuno parlarne con il medico curante che potrà consigliare eventuali ulteriori accertamenti. Al contrario, un dolore addominale improvviso e acuto necessita di una visita urgente al pronto soccorso.
Tipologie di infarto intestinale
La classificazione dell’infarto intestinale comprende diverse entità cliniche, a seconda della zona colpita dall’evento.
Infarto del colon
L’infarto intestinale che avviene più di frequente è quello conosciuto come infarto del colon (o colite ischemica). Sebbene sia un evento piuttosto raro, l’infarto del colon colpisce con maggiore frequenza le persone che hanno superato i 65 anni di età. I sintomi dell’infarto del colon sono rappresentati da: dolore addominale localizzato nella parte sinistra dell’addome e presenza di sangue nelle feci.
Purtroppo, circa il 20% dei pazienti con colite ischemica va incontro all’instaurarsi di forme croniche, con infezioni frequenti, diarrea, perdita di peso e dolori addominali ricorrenti. Inoltre, questo disturbo può risultare fatale: la colite ischemica non cancrenosa ha un tasso di mortalità del 6%, mentre la forma cancrenosa del 50-75%.
Ischemia mesenterica acuta
L’ischemia mesenterica acuta colpisce l’intestino tenue e può essere causata dalla formazione di coaguli che ostruiscono l’arteria o la vena mesenterica, oppure da un calo della pressione arteriosa. L’ischemia mesenterica acuta provoca forti dolori addominali, attacchi di diarrea, nausea e vomito che possono essere associati alla presenza di febbre. L’addome, al tocco, risulta gonfio.
Anche l’ischemia mesenterica ha un elevato tasso di mortalità, che arriva al 77% nel caso di trombosi arteriosa e che si inasprisce in assenza di trattamenti tempestivi e di un intervento chirurgico immediato.
Ischemia mesenterica cronica
Questo tipo di infarto intestinale è una conseguenza dell’aterosclerosi. Questa complessa patologia dei vasi sanguigni, può complicarsi, portando all’ostruzione completa e interrompendo il flusso sanguigno. I sintomi dell’ischemia mesenterica cronica sono più lievi rispetto alle forme acute. I dolori addominali, dapprima leggeri, tendono a peggiorare nel corso del tempo e a comparire circa 30 minuti dopo i pasti. Sono associati, inoltre a diarrea, nausea, vomito e perdita di peso, nonché, anche in questo caso, a gonfiore addominale.
Trombosi venosa mesenterica
Si tratta di una delle forme meno comuni di infarto intestinale, e si verifica quando la vena mesenterica si ostruisce.
Quali sono le cause dell’infarto intestinale?
Le cause dell’infarto intestinale possono portare a un’occlusione totale o parziale dei vasi sanguigni e possono essere dovute a:
- arteriosclerosi;
- fibrillazione atriale;
- trombi che si formano a livello delle placche arteriosclerotiche;
- infarto;
- ostruzioni intestinali;
- ipotensione arteriosa connessa a scompenso cardiaco.
Queste cause, prese singolarmente o in sinergia tra loro, sono comuni a quasi tutte le tipologie di infarto intestinale.
Fattori di rischio
Per prevenire o diagnosticare tempestivamente un’ischemia intestinale, è opportuno conoscere i principali fattori di rischio che ne determinano l’insorgenza. Quali sono?
- l’età superiore ai 50 anni,
- malattie cardiache quali coronaropatie o valvulopatie, insufficienza cardiaca, aritmie, infarti pregressi del miocardio e così via;
- impiego di contraccettivi ormonali o farmaci vasodilatatori, come quelli impiegati per emicrania e allergie;
- insufficienza renale;
- problemi di coagulazione;
- aterosclerosi e relativi fattori di rischio, come ipertensione, diabete, dieta ricca di grassi, obesità;
- immobilità spontanea o obbligata (ad esempio, a seguito di traumi).
Come diagnosticare un infarto intestinale
La presenza di un forte dolore addominale è un sintomo comune a numerose patologie, quindi, per arrivare alla diagnosi di infarto intestinale è necessario raccogliere un’anamnesi completa ed eseguire una serie di esami specifici. Il medico specialista, dopo aver visitato il paziente e dopo aver eseguito un attento esame obiettivo, valuterà il rischio di presenza della patologia, proprio di ogni singolo paziente.
In seguito a questa prima valutazione, potrà prescrivere l’esecuzione di alcuni esami che aiutano a effettuare una diagnosi differenziale, quali:
- un emocromo completo: alcune alterazioni potrebbero suggerire la presenza di un sanguinamento in corso;
- una valutazione del tempo di protrombina (PT), del tempo di tromboplastina parziale attivata (aPTT) e dell’INR;
- un controllo degli altri parametri chiave, che rivelino, ad esempio, la presenza di livelli di lattato deidrogenasi o di acidosi metabolica.
Inoltre, possono essere eseguiti:
- ecografia;
- colonscopia;
- TAC;
- angiografia;
- intervento di chirurgia esplorativa, per individuare le zone infartuate ed eventualmente rimuoverle.
Come si cura l’infarto intestinale
Quando si verifica un infarto intestinale, quella chirurgica è quasi sempre l’unica strada percorribile, perché è necessario ripristinare il corretto afflusso di sangue all’intestino.
Intervenire tempestivamente è di fondamentale importanza, sia per evitare che il danno provocato dall’ischemia diventi troppo grave ed esteso, sia per evitare gravi complicazioni che possono portare il paziente alla morte.
In caso si intervenga dopo 6-8 ore dalla comparsa dei sintomi, potrebbe essere necessario asportare delle ampie porzioni di intestino, se esse sono andate in necrosi. Questa evenienza complica il decorso post-operatorio del paziente e allunga i tempi di recupero.
In particolare, in presenza di un’ischemia mesenterica occlusiva, è necessario capire se l’addome risulta appena dolorante o già soggetto a una spiccata dolorabilità. Ciò consente di decidere come procedere. Nel primo caso un’angiografia può evidenziare (attraverso l’uso di cateteri, sonde e mezzi di contrasto) l’area soggetta a ostruzione del flusso sanguigno. Una volta accertata la gravità della situazione, si può procedere con la somministrazione di anticoagulanti o trombolitici o, eventualmente, si può optare per l’intervento chirurgico.
Se l’addome è particolarmente dolorante è necessario sottoporre il paziente a un immediato intervento chirurgico per rimuovere l’ostruzione nel più breve tempo possibile, asportando il tratto di intestino danneggiato o, eventualmente, posizionando un bypass.
Se l’ischemia non è di natura occlusiva, la terapia è mirata a eliminare la causa che l’ha determinata, ad esempio lo scompenso cardiaco o la diminuita pressione arteriosa. Generalmente le problematiche che coinvolgono l’intestino tenue sono più severe di quelle che riguardano il colon, il quale possiede una vascolarizzazione ridondante e in grado di sopperire a quella del vaso soggetto a occlusione.
Per la colite ischemica, invece, generalmente si propende per un approccio conservativo, che consiste nella somministrazione di antibiotici e liquidi per via endovenosa, tenendo il paziente a digiuno. Solo di rado si rende necessario l’intervento chirurgico.
Succede di sovente che, anche dopo la completa guarigione, il paziente debba assumere farmaci anticoagulanti per un lungo periodo di tempo o, in alcuni casi, anche a vita.
Prognosi e complicazioni
Un infarto intestinale del tenue, generalmente, presenta un tasso di sopravvivenza del 10%, mentre alcune forme di scarsa irrorazione sanguigna, come la colite ischemica, hanno una prognosi più favorevole, per quanto siano patologie che richiedono l’immediata ospedalizzazione del soggetto che ne soffre.
Un intervento rapido e mirato è la discriminante tra la sopravvivenza del paziente e un esito fatale della patologia: se si interviene, infatti, quando ampie porzioni intestinali sono già in necrosi, la mortalità si aggira tra il 70 e il 90%.
Inoltre, la necrosi intestinale può causare ulteriori complicanze, quali un’invasione batterica nell’area priva di ossigenazione, shock, perforazione delle pareti intestinali o peritoniti. Tra le possibili complicanze delle diverse forme di infarto intestinale ritroviamo anche la stenosi cicatriziale del colon e alcune forme croniche di colite, particolarmente fastidiose e in grado di inficiare la qualità della vita del paziente.
Come prevenire l’infarto intestinale
Una dieta sana e ricca di fibre e uno stile di vita equilibrato sono importanti per prevenire l’insorgenza dell’infarto intestinale. È importante, quindi:
- mangiare tanta frutta e verdura, evitando cibi grassi e ricchi di zuccheri e basando l’alimentazione anche su cibi facilmente digeribili;
- tenere sotto controllo il peso, per raggiungere e mantenere il proprio peso forma;
- fare esercizio fisico con regolarità, muovendosi almeno 30 minuti al giorno in modo da favorire la circolazione, la motilità intestinale e il benessere generale dell’organismo;
- non fumare o cercare di smettere quanto prima chiedendo aiuto al medico curante per intraprendere adeguati percorsi di allontanamento, perché il fumo di sigaretta è il nemico numero uno della salute cardiocircolatoria;
- curare adeguatamente le patologie di base quali ipertensione, aritmie, ipercolesterolemia e prevenire con impegno l’aterosclerosi, mettendo in campo tutte le misure preventive che possono aiutare a gestire, prevenire o trattare le principali patologie legate alla circolazione.
Per riassumere, grazie a piccole modifiche nello stile di vita possiamo ridurre di molto il rischio di sviluppare un infarto intestinale.
Fonti bibliografiche
- Ischemia mesenterica acuta, Manuale MSD