Insonnia cronica, perché dormiamo poco e male e quanto colpisce le donne

I fattori che rendono l'insonnia cronica, quale impatto ha sulla salute mentale e fisica, perché è importante la diagnosi precoce e le cure disponibili

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Le cifre parlano chiaro. L’insonnia colpisce oltre 13 milioni di italiani. E si tratta soprattutto di donne, in sei-sette casi su dieci. L’età di maggior rischio, per il genere femminile, è quella tra i 45 e i 65 anni. Il tutto con costi diretti e indiretti stimati, infatti, sono circa 14 miliardi di euro l’anno, pari allo 0,74% del PIL, suddiviso tra costi diretti (ricoveri, visite mediche, farmaci) e costi indiretti (assenteismo, presenzialismo, incidenti stradali e domestici).

Quando si parla di insonnia cronica

Come indicato nel Paper “The need to prioritize Insomnia disorder in public health agendas: a wakeup callposition paper from European and Canadian experts in sleep and mental health”, pubblicato su Sleep Medicine, l’insonnia è classificata come un disturbo mentale e del sonno, secondo i principali sistemi diagnostici.

I criteri di classificazione includono difficoltà nell’addormentarsi, nel mantenere il sonno o risvegli precoci, con impatto significativo sulla vita quotidiana per almeno tre mesi.

Secondo la Classificazione Internazionale dei Disturbi del Sonno, e il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, l’insonnia diventa cronica quando il paziente lamenta difficoltà nel sonno almeno tre notti alla settimana per un periodo di tre mesi consecutivi, nonostante adeguate opportunità di dormire e non siano meglio spiegate da un altro disturbo del sonno-veglia, non siano attribuibili agli effetti fisiologici di una sostanza e non siano spiegate da una condizione mentale o medica coesistente.

Cosa comporta l’insonnia cronica

L’insonnia cronica induce un impatto sulla salute mentale e fisica di chi ne soffre, sia quando si presenta come disturbo primario, sia in associazione a comorbidità psichiatriche o mediche. Questo impatto non riguarda solo la notte e il sonno, infatti, oltre il 60% dei pazienti italiani con disturbi del sonno dichiara di subire un impatto negativo significativo sul benessere psicologico e Il 43% dei pazienti riporta una compromissione della vita sociale.

E questo è importante. Lo ribadisce Luigi Ferini-Strambi, Primario del Centro di Medicina del Sonno e Professore Ordinario di Neurologia alla Facoltà di Psicologia dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano: “quando parliamo di insonnia non ci riferiamo solo alla mancanza di sonno ma di una malattia che ha un impatto molto importante anche sulla salute mentale e fisica dei pazienti.

Le principali cause dell’insonnia cronica sono multifattoriali: stress, disturbi psichiatrici e comorbidità. Questa aumenta il rischio di sviluppare disturbi, tra cui depressione, ansia, abuso di alcol, rischio suicidario, demenza e ictus, malattie cardiovascolari e disturbi metabolici, come obesità e diabete”.

L’importanza della diagnosi

Purtroppo quando si parla di insonnia, si tende a fare un errore molto grave, ovvero considerare il quadro solamente un fatto sociale, di emozioni e non una vera e propria patologia. Per questo, alla fine, si tende a fare del problema una sorta di disturbo “privato”. Così siamo di fronte ad una patologia sottodiagnosticata: solo il 40% dei pazienti riceve una diagnosi e solo il 21% viene trattato.

“La diagnosi precoce è fondamentale, ma oggi ancora pochi pazienti ricevono una diagnosi – commenta Emi Bondi, Direttrice del Dipartimento di Salute Mentale dell’Ospedale San Giovanni XXIII di Bergamo, Presidente uscente della Società Italiana di Psichiatria (SIP). Serve un cambio di passo nella consapevolezza clinica e nell’accesso alle cure, per poter garantire a questi pazienti una vita normale. Riconoscerla è fondamentale per poter eseguire una diagnosi precoce e intervenire tempestivamente per poter permettere a chi ne soffre di tenere sotto controllo le comorbidità, anche gravi”.

Da una recente indagine condotta da Elma Research su 400 pazienti italiani è emerso che, del 58% dei pazienti con un impiego, l’86% lamenta ripercussioni negative sul lavoro: la metà ha perso giornate lavorative (in media 7 giorni l’anno), mentre l’82% dichiara una riduzione della performance per almeno 3 giorni a settimana. Il 24% ha perso il posto di lavoro a causa dell’insonnia. Non meno rilevante è il dato sugli incidenti: il 22% dei pazienti ha avuto un incidente negli ultimi 12 mesi, con il 38% dei casi che ha richiesto assistenza medica.

Come affrontare l’insonnia cronica

Il trattamento dell’insonnia cronica in Italia si basa su un approccio integrato, che combina interventi non farmacologici e farmaci mirati. Le linee guida italiane e internazionali concordano su un punto: la terapia cognitivo-comportamentale per l’insonnia (CBT-I) è la prima scelta.

Questo protocollo, strutturato in 6-8 sedute, aiuta a modificare pensieri e comportamenti disfunzionali legati al sonno, riducendo l’ansia da prestazione notturna e ripristinando un ritmo sonno-veglia sano. Quando la CBT-I non è sufficiente o non è disponibile, si ricorre ai farmaci.

Dal punto di vista farmacologico, le nuove opzioni terapeutiche promuovono la veglia anziché semplicemente “sedare” il soggetto. Queste nuove opzioni terapeutiche sono importanti, perché mirano al meccanismo fisiologico del sonno piuttosto che alla sedazione generica. Inoltre, rappresentano un trattamento farmacologico che può avere un impiego sul medio e lungo termine dell’insonnia cronica.

Le indicazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a scopo informativo e divulgativo e non intendono in alcun modo sostituire la consulenza medica con figure professionali specializzate. Si raccomanda quindi di rivolgersi al proprio medico curante prima di mettere in pratica qualsiasi indicazione riportata e/o per la prescrizione di terapie personalizzate.

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