Alimentazione in gravidanza e proteine: cosa c’è da sapere?

Un modello dietetico come quello raccomandato per la popolazione generale è adeguato anche per la gravidanza. Ma cosa c’è da dire in più sulle proteine?

Pubblicato: 24 Maggio 2021 14:19

Roberta Martinoli

Medico Nutrizionista

Dopo una Laurea in Scienze Agrarie e un Dottorato di Ricerca in Fisiologia dei Distretti Corporei, consegue una Laurea in Scienze della Nutrizione Umana e in Medicina e Chirurgia.

L’importanza di una sana alimentazione in gravidanza

Durante la gravidanza è importante soddisfare l’aumentato fabbisogno giornaliero di nutrienti senza andare incontro ad un marcato aumento dell’apporto energetico.

La gestante potrà scegliere tra una varietà di alimenti ricchi di sostanze nutritive, ovverosia densi dal punto di vista nutrizionale. In questo senso ,la densità di nutrienti descrive il rapporto tra la quantità di proteine, carboidrati, grassi, vitamine, antiossidanti, sali minerali e fibre presenti in dato un alimento rispetto al suo contenuto energetico. Tra tutti gli alimenti, i più densi di nutrienti sono quelli di origine vegetale.

È importante allo stesso tempo limitare l’assunzione di calorie provenienti dagli zuccheri semplici, dagli amidi raffinati e dai grassi saturi: questi ultimi non devono superare il 5-10% delle calorie consumate quotidianamente. Il sale dovrebbe essere assunto in quantità moderate, non superiori ai 2-3 grammi al giorno.

Gli amminoacidi essenziali

Le proteine rappresentano una componente essenziale della dieta e servono a supportare i processi di crescita e a mantenere una massa muscolare costante. Nello specifico, all’interno degli organismi viventi, le proteine svolgono un ruolo strutturale (vedi collagene, cheratina, actina, miosina) oppure un ruolo funzionale (enzimi, proteine di trasporto, ormoni).

Le nostre proteine sono formate da una combinazione di 21 differenti amminoacidi. Questo significa che, ai fini della sintesi proteica, tutti e 21 gli amminoacidi devono essere presenti contemporaneamente in certi rapporti relativi gli uni rispetto agli altri. Non devono assolutamente mancare gli amminoacidi che definiamo essenziali, ovvero quelli che non riusciamo a sintetizzare in maniera autonoma e che dobbiamo derivare per forza dal cibo che mangiamo.

Gli amminoacidi essenziali sono 9, nello specifico:

Fonti alimentari di proteine

Gli alimenti proteici sono quelli di derivazione animale (carne, pesce, uova, latte e latticini), i legumi e i cereali (soprattutto nella loro versione integrale). Nelle carni il contenuto proteico varia a seconda del taglio ed è influenzato dalla razza, dall’età dell’animale e dalla modalità di allevamento:

Per quanto riguarda le fonti vegetali, la gran parte dei cereali presenta un contenuto proteico del 7-28%, i legumi secchi hanno una percentuale di proteine pari al 20-24%, quelli freschi intorno al 5-6%. Combinando in maniera opportuna le varie fonti si può scegliere di seguire una dieta vegetariana in corso di gravidanza senza timore di andare incontro ad uno stato di malnutrizione.

Un concetto molto importante è quello di qualità proteica di un alimento. Questa varia in funzione di due fattori: la digeribilità delle proteine in esso contenute e la sua composizione in amminoacidi essenziali.

Per digeribilità proteica si intende in quale percentuale una data proteina viene digerita e in quale misura i suoi amminoacidi sono assorbiti nel tratto gastrointestinale. La digeribilità è alta per gli alimenti di origine animale ed è invece più bassa per quelli di origine vegetale, soprattutto se consumati nella loro forma integrale. In questo caso, infatti, la digestione può essere ostacolata dalla presenza di cellule vegetali integre e di sostanze che inibiscono l’attività degli enzimi deputati alla digestione delle proteine (proteasi).

Un altro concetto molto importante è quello di fabbisogno proteico. Per fabbisogno proteico si intende la più bassa assunzione di proteine con la dieta tale da garantire il mantenimento della massa proteica dell’organismo in presenza di adeguati apporti di energia, di una normale composizione corporea e di un adeguato livello di attività fisica. Come è facile immaginare, il fabbisogno proteico aumenta in corso di gravidanza: questo avviene perché da una parte la gestante deve mantenere e accrescere la sua massa proteica e dall’altra perché anche il feto in formazione accresce la sua massa proteica.

A titolo esemplificativo, una donna che inizia la gravidanza in condizioni di normopeso andrà incontro ad un graduale aumento ponderale. A metà del primo trimestre potrebbe essere aumentata di 0,7 kg, a metà del secondo di 4,2 kg e a metà del terzo di 9,6 kg. Giungerà al termine della gravidanza con 12 kg in più. Ai fini del mantenimento della massa proteica si stimano incrementi pari a:

L’utilizzazione delle proteine provenienti dagli alimenti e la loro deposizione a livello dei tessuti in formazione sono due processi che avvengono con dispendio di energia. Quindi va sottolineata l’importanza di coprire a pieno non solo il fabbisogno proteico ma anche quello energetico perché la gravidanza possa essere portata a termine in piena salute. Si stima che una donna durante l’intera gravidanza consumi circa 77.000 kcal in più rispetto alla sua condizione di non gravida.

Il costo energetico della gravidanza non è ripartito in maniera uniforme durante tutto il periodo gestazionale:

Proprio per questo motivo le raccomandazioni nutrizionali in corso di gravidanza devono essere specifiche per età gestazionale.

Effetti della malnutrizione proteico-energetica in gravidanza

Se è vero che le informazioni genetiche relative allo sviluppo fetale sono già impostate al momento del concepimento, è altrettanto vero che, attraverso le scelte nutrizionali della mamma durante l’intero corso della gravidanza, è possibile modulare l’espressione genetica. Sulla base delle conoscenze attuali si avanza l’ipotesi che una malnutrizione proteica ed energetica in corso di gravidanza possa aumentare il rischio nel neonato di andare incontro alle patologie del benessere una volta diventato adulto. A supportare questa ipotesi hanno contribuito gli studi condotti durante la grande fame olandese.

Nell’epoca della seconda guerra mondiale la parte ovest dei Paesi Bassi fu esclusa dalle forniture alimentari. Dal novembre del 1944 al maggio del 1945 le razioni di cibo erano talmente scarse da fornire appena dalle 400 alle 800 kilocalorie al giorno. Il menù giornaliero si componeva di sole due patate, una fetta di pane e mezza barbabietola da zucchero. Nonostante le tremende sfide da affrontare in questo periodo di guerra e di carestia, in un ospedale di Amsterdam si è continuato ad annotare i dati relativi alle visite ospedaliere prenatali e alle dimensioni dei neonati alla nascita. L’analisi di questi dati, estremamente preziosi, ha mostrato che lo stato di salute della progenie differiva notevolmente a seconda del tempo gestazionale in cui la mamma aveva dovuto affrontare la carestia. Se la privazione di energia e di proteine si verificava poco prima del concepimento e durante il primo trimestre di gravidanza, l’incidenza di obesità, diabete e patologie cardiovascolari nel corso della vita adulta aumentava sensibilmente. Non succedeva così nel caso in cui l’esposizione alla fame avveniva a gravidanza inoltrata.

Oggi sappiamo che se la donna giunge al parto con un basso peso corporeo aumenta il rischio di nascite premature. Le donne, ma anche gli uomini in età riproduttiva, dovrebbero essere incoraggiati a consumare una dieta sana come raccomandato per la popolazione generale. Non ha invece senso suggerire alle gestanti un’alimentazione priva di carboidrati con il solo obiettivo di mantenere un peso basso al momento del parto. In questo caso la magrezza della madre sarà uno dei motivi per cui il bambino dimostrerà una tendenza ad ingrassare. Avendo vissuto una sorta di carestia durante la sua vita intra-uterina, il bambino non solo dimostrerà una maggiore voracità ma svilupperà anche una maggiore capacità nell’assimilare energia e nutrienti.

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