Non solo Jimmy Kimmel, anche Luttazzi, Biagi e Santoro: i casi della tv italiana

Sono numerosi i giornalisti e conduttori italiani che, così come l’americano Jimmy Kimmel, hanno provato cosa significa essere censurati

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Maria Francesca Moro

Giornalista e Lifestyle Editor

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Jimmy Kimmel Live! è uno dei talk show più seguiti degli Stati Uniti, ma negli ultimi giorni era stato bruscamente interrotto. Dopo una battuta del conduttore sulla reazione di Donald Trump all’omicidio dell’attivista Charlie Kirk, politici vicino al Presidente avevano minacciato ripercussioni contro l’emittente Abc e la sua proprietaria, la Walt Disney Company. Un caso che sembra appartenere a un mondo lontano, ma che non lo è, perché anche nella storia della televisione italiana vi sono casi di censura passati agli annali.

Jimmy Kimmel torna in tv

Il presidente dell’agenzia del governo statunitense che si occupa di telecomunicazioni, aveva minacciato aspre sanzioni contro Disney e ripercussioni alle tv locali che ne trasmettevano i programmi se non fosse stato cancellato il Jimmy Kimmel Live!, in onda interrottamente dal 2003. Per “evitare di infiammare ulteriormente la tensione”, Disney aveva acconsentito allo stop del programma.

Nei giorni successivi, diversi personaggi noti del mondo dello spettacolo avevano preso le difese di Kimmel, attuando una protesta di boicottaggio contro la Walt Disney Company. Hanno minacciato di venir meno ai loro impegni con la casa di produzione attori come Mark Ruffalo, Hulk nei film della Marvel, e Cynthia Nixon, la Miranda di Sex and the City. Infine, pur rivendicando la legittimità della sospensione, Disney ha comunicato l’intenzione di rimettere in onda lo show.

I casi di censura televisiva in Italia

“È il Paese di Cuccagna la Rai, non ci censura mai” cantavano Dario Fo, Franca Rame ed Enzo Jannacci nel 1988. Versi ironici, atti a ricordare la censura subita a Canzonissima nel 1962, quando il duo comico fu scacciato dalla trasmissione dopo degli sketch sulle morti bianche e sulle vittime di mafia. Fo e Jannacci non furono però i primi a essere bacchettati da mamma Rai, la stessa sorte toccò tre anni prima, era il 1959, a Ugo Tognazzi e Raimondo Vianello. I loro contratti furono stracciati dopo l’imitazione dell’allora Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi che cadeva dalla sedia al teatro (episodio realmente accaduto).

L’editto bulgaro contro Biagi, Santoro e Luttazzi

Fa parte della storia politica e non solo culturale del nostro paese quello che fu definito l’editto bulgaro. La richiesta, ovvero, del Premier Silvio Berlusconi di allontanare dalla Rai tre dei suoi giornalisti più popolari: Enzo Biagi, Michele Santoro e Daniele Luttazzi. L’obiettivo dichiarato del capo di Governo era di rendere la tv pubblica “oggettiva, non partitica e non faziosa”.

Era il 2002 e i tre giornalisti erano alla guida di seguitissimi talkshow politici: Il Fatto, Sciuscià e Satyricon. Trasmissioni di approfondimento in cui spesso si era parlato della figura di Silvio Berlusconi, in quanto politico e imprenditore, e non di certo con toni benevoli. Dopo la richiesta del Presidente, Biagi, Santoro e Luttazzi furono allontanati dal piccolo schermo e sostituiti con figure meno taglienti.

Il controllo sulle donne e sui temi Lgbtq

Controllo sulle parole e anche sull’aspetto, specie quello delle donne. Fu storica la decisione dei vertici Rai che, a metà Anni ’50, imposero alle gemelle Kessler di coprire con mutandoni nere e calzamaglie coprenti le loro lunghissime gambe ballerine. Mentre Mina, nel 1963, fu costretta a lasciare gli studi televisivi perché incinta senza essere legata in matrimonio.

Per concludere, non poteva di certo mancare una censura dai contorni eteronormativi. Non venne mai più riproposta in video l’esibizione degli Equipe 84 del brano Prima di ricominciare. Il motivo? Le voci acute degli interpreti e la loro performance viso contro viso assomigliava troppo a una storia d’amore omosessuale.

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