Linfedema, come si manifesta e quali sono i trattamenti

Il linfedema è una condizione caratterizzata dall’accumulo patologico di liquido linfatico nei tessuti: sintomi e cure

Pubblicato: 2 Ottobre 2023 18:15

Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Quando pensiamo alle vie che corrono all’interno del nostro corpo, il pensiero va alle arterie, che portano il sangue agli organi, ed alle vene, che riportano il sangue verso il cuore. Ma ci dimentichiamo che c’è una “terza” strada per i liquidi corporei. È il sistema linfatico. Al suo interno corre la linfa, un liquido organico simile al sangue per composizione ma di colorito chiaro. Deriva direttamente dal plasma sanguigno, ma rispetto a questo è più chiara e meno densa.

Nel corpo umano svolge diverse funzioni. In qualche modo filtra i germi dal sangue, contribuendo a vincere le infezioni, produce particolari globuli bianchi che si trasformeranno in anticorpi, elimina le proteine e i fluidi in eccesso, evitando che il corpo si “gonfi”, porta in tutto il corpo le sostanze nutritive.

Come funziona l’apparato linfatico

La linfa filtra attraverso le pareti dei vasi capillari del sangue e da essi passa nei tessuti, dove viene “assorbita” dai capillari linfatici. Questi, simili ai piccoli vasi sanguigni, sono dispersi in tutto l’organismo. Ed hanno proprio il compito di prelevare la linfa in eccesso dai tessuti e trasportarla verso due grandi “condotti”, il dotto toracico e il dotto linfatico destro. Questi raccolgono la linfa proveniente da tutte le parti nel corpo e la portano alle vene del torace, da cui poi questa entra nelle circolazione sanguigna per essere eliminata o riutilizzata in caso di necessità.

I vasi linfatici sono strutturalmente molto diversi dalle vene e dalle arterie, perché non hanno valvole e a loro interno la linfa scorre senza alcun bisogno di “spinte” come quelle che dà il cuore. A far viaggiare la linfa è piuttosto la pressione che il liquido stesso crea all’interno dei piccoli condotti e quella offerta dalle arterie e dai muscoli che si trovano in corrispondenza dei vasi linfatici stessi.

Lungo le vie della linfa, poi, si trovano particolari “stazioni” di raccolta. Sono i linfonodi. In tutto il corpo ce ne sono quasi 120, concentrati per lo più in alcune zone come il collo, l’inguine o l’ascella. La linfa scorre al loro interno, come se passasse in una specie di “depuratore” naturale e viene ripulita dai germi e dalle tossine eventualmente presenti. Quando ciò accade, ad esempio durante un’infezione, il linfonodo viene esposto ad una specie di superlavoro che lo porta a gonfiare e, a volte ad essere dolente.

Il terzo componente fondamentale dell’apparato linfatico è la milza. Questo organo, rande più o meno come il cuore si trova sotto lo stomaco sulla sinistra dell’addome ed è come una spugna, nel senso che può assorbire grandi quantità di sangue. La sua azione principale è la pulizia del sangue, nel senso che le vecchie cellule, e in particolare i globuli rossi, vengono captati dalla milza e eliminati per fare spazio a quelle nuove. Nel fare questa opera di pulizia l’organo riesce comunque a ricuperare il ferro presente nell’emoglobina, che può quindi essere riutilizzata. Inoltre la milza produce i linfociti, cellule fondamentali nella difesa dell’organismo dalle infezioni. La milza, infine, rappresenta un “serbatoio” di sangue ed ossigeno che si attiva in caso di necessità. Ad esempio dopo una corsa, quando abbiamo bisogno di più ossigeno per i muscoli, essa si contrae per liberare il sangue conservato. Producendo il tipico “mal di milza”.

Cos’è il linfedema

È una condizione caratterizzata dall’accumulo patologico di liquido linfatico nei tessuti. In pratica si traduce nella formazione di ingorghi in uno o più punti delle “autostrade linfatiche” che attraversano il nostro corpo e che possono causare gonfiore a mani, braccia e gambe. Talvolta il gonfiore è così grave da portare ad “arti d’elefanti”, dolorosi e ingombranti che rendono difficoltosa una qualsiasi azione semplice, come vestirsi o lavarsi.  Si tratta di una patologia in aumento.

Quali sono le cause di linfedema e quanto conta la genetica

Il linfedema può essere primario, se causato da anomalie congenite a carico del sistema linfatico, oppure secondario, quando compare in conseguenza di alcune malattie (adenopatie, diabete, linfangite, cellulite batterica, erisipela, filariosi linfatica) o deriva dalla rimozione chirurgica dei linfonodi (per alcune patologie tumorali, ad esempio, si rende necessario intervenire con lo svuotamento dei linfonodi ascellari, inguinali o pelvici).

Con specifici test genetici e la scintigrafia linfatica è infatti possibile mappare il rischio che si formino linfedemi e quindi si ha la possibilità di giocare d’anticipo, come hanno spiegato gli esperti in occasione del Congresso Mondiale dell’International Society of Lympholog. Nel convegno si è fatto anche il punto sui geni associati alle patologie linfatiche e che sono all’origine di sindromi rare e della predisposizione a deficit linfatici. Con la scintigrafia linfatica e le nuove applicazioni della linfografia a fluorescenza si possono mappare specifiche sedi cruciali e ottenere informazioni preziose in vista di un intervento chirurgico. Ad esempio, se a un paziente oncologico viene raccomandata la rimozione chirurgica di un linfonodo ‘sospetto’ o in via preventiva, con la mappa delle ‘autostrade linfatiche’ è possibile prevedere il rischio di insorgenza di linfedema e, quindi, suggerire alternative più sicure o interventi terapeutici preventivi.

Quando le gambe gonfie dipendono dal linfedema

Quando si parla di gambe gonfie e circolazione il pensiero va direttamente al sangue, che attraverso la spinta del cuore scorre nelle arterie e nelle vene del nostro corpo. Ma a volte occorre pensare alla rete rappresentata dal sistema linfatico che trasporta proteine, liquidi e lipidi. Questo sistema, costituito da vasi linfatici e linfonodi, consente alla linfa di essere drenata nei tessuti corporei, in ogni punto del nostro organismo, prima di riversarsi nel torrente circolatorio sanguigno. Un malfunzionamento di questa rete può portare a un anomalo rigonfiamento di mani, braccia o gambe. A volte così estesi da sembrare arti ‘da elefanti’.

Quando la circolazione linfatica delle nostre gambe presenta delle anomalie si verifica un accumulo di liquidi nei tessuti e quando questo stato, come spesso avviene, si associa a un’insufficienza anche del circolo venoso degli arti il quadro si complica. Non si tratta solo di un problema estetico, pur rilevante in considerazione del fatto che in estate si può far fatica a camminare o addirittura a indossare le scarpe. I liquidi che non riescono a essere drenati possono diventare talmente densi, per via dell’alto contenuto di proteine, che può arrivare a compromettere la corretta ossigenazione dei tessuti, predisponendoli ad arrossamenti, eczemi, dermatiti, ulcere ed infezioni.

Chi rischia di più il linfedema e come si riconosce

Il linfedema è uno stato edematoso progressivamente crescente delle parti molle di un arto, legato al blocco della circolazione. E per coglierlo precocemente, elemento fondamentale per una cura più efficace, occorre innanzitutto saperne identificare i primi segni come un arrossamento cutaneo prolungato e ingiustificato, una dolorabilità o una dolenzia inspiegabili, un senso di pesantezza agli arti. L’edema è dovuto al blocco della circolazione linfatica.

La stasi di linfa provoca, di conseguenza, un indurimento sclerotico dei tessuti e rappresenta il terreno per lo sviluppo di gravissime infezioni come l’erisipela. Nelle forme di più lunga durata la stasi linfatica può complicarsi con la “deviazione genetica” di alcune cellule endoteliali e lo sviluppo di un linfoangiosarcoma che è un tumore maligno fra i più rischiosi tumore della mammella o della prostata, per il possibile coinvolgimento dei linfonodi ascellari ed inguinali. E proprio su questi occorre prestare la massima attenzione, secondo gli specialisti, per limitare i danni e poter provvedere a un trattamento che attualmente punta direttamente alla stabilizzazione dei capillari linfatici, effettuabile con un intervento microchirurgico.

Gambe gonfie e linfedema, l’importanza della diagnosi tempestiva

A fare la differenza nell’approccio al linfedema è la diagnosi tempestiva del problema, che può avvenire solo individuando i primi campanelli d’allarme. Inizialmente i sintomi possono essere sfumati e difficili da intercettare, soprattutto quanto il clima è caldo come avviene in estate. I segni che più comunemente dovrebbero mettere in guardia pesantezza alle gambe e caviglie gonfie, che molto spesso si ritengono ‘normali’ e quindi trascurabili.

Ciò che invece non può essere ignorata è l’eventuale difficoltà con cui le gambe si sgonfiano: se non si riescono ad ottenere benefici sollevandole e rinfrescandole con getti d’acqua fredda, è bene rivolgersi a uno specialista. Al medico, inizialmente, basta un solo dito per verificare che c’è un problema. Alla pressione esercitata dal dito su caviglia o gamba si può verificare che, per qualche secondo, si forma una sorta di fossetta, un segno evidente di una disfunzione linfatica. All’osservazione clinica bisognerebbe dunque associare anche un EcoColorDoppler per lo studio del circolo venoso e una linfoscintigrafia per verificare la presenza di ingorghi linfatici.

Come mai compare il linfedema al braccio dopo intervento al seno

L’intervento per il tumore al seno è superato. Il chirurgo ha provveduto ad asportare le ghiandole linfatiche sotto l’ascella. Dopo qualche tempo, però, il braccio si gonfia. In questo modo, in estrema sintesi e semplificando al massimo, si può arrivare al linfedema. A volte per prevenirlo, in casi altamente selezionati, si può ricorrere ad un by-pass linfatico-venoso nell’ascella. Ovviamente la costruzione del “ponte”, del tutto impercettibile non è indicata in ogni caso di tumore, ma può aver significato quando occorre “ripulire” completamente il cavo ascellare dalle ghiandole linfatiche.

La strategia è particolarmente valida per chi è in sovrappeso e prevede, proprio per definire bene le indicazioni, uno studio specifico del sistema linfatico attraverso un esame  chiamato linfoscintigrafia degli arti superiori. Bisogna ricordare che il linfedema dopo asportazione di questi linfonodi si può manifestare quando occorre prevedere un intervento con rimozione dei linfonodi della catena ascellare.

Cos’è la filariasi e perché provoca linfedema

La filariasi è legata ad un’infestazione da parassiti (i vermi nematodi) le cui “uova” vengono trasmesse all’uomo attraverso la puntura di diverse specie di zanzare infette (Culex, Aedes, Anopheles, Mansonia). In un periodo variabile da due mesi a un anno dopo il contagio compaiono nel sangue le microfilarie, che, aumentando di volume, possono portare all’occlusione dei vasi linfatici e quindi al ristagno del liquido all’interno di essi.

Il risultato di questa ostruzione è il rigonfiamento delle zone a valle, con comparsa di ampie aree di gonfiore soprattutto a gambe e braccia, da cui il nome elefantiasi spesso attribuito alla malattia. si parla di elefantiasi proprio perché gli arti, e in particolare le gambe, tendono a gonfiare in maniera abnorme. La strategia di eliminazione della filariasi prevede tra l’altro un approccio semplice diretto nei confronti del parassita con di una combinazione di due farmaci, Dietilcarbamazina e Albendazolo, che vengono somministrati una volta l’anno nelle aree a rischio.

Come si affronta il linfedema

La cura del linfedema va fatta caso per caso, personalizzando la terapia in base alla situazione e alle condizioni generali del paziente. Proviamo comunque a tracciare un percorso terapeutico in termini generali. L’approccio terapeutico al linfedema si basa fondamentalmente su tre capisaldi: igiene, riabilitazione e chirurgia.

La prima misura preventiva è quella di attuare un’accurata igiene personale soprattutto quando fa caldo e quindi si suda molto, e nei soggetti in evidente sovrappeso.

Per la terapia si possono utilizzare estratti che agiscono prevalentemente sulle varie tappe della circolazione linfatica e quindi sui disturbi che ne possono scaturire. Per quanto riguarda i farmaci propriamente detti, è essenziale l’uso di antibiotici mirati per la cura delle infezioni. Come altresì determinante si è dimostrato l’impiego di antibiotici ad azione protratta per la prevenzione delle linfangiti in pazienti che abbiano sviluppato già un processo acuto di questo tipo. La riabilitazione consente al paziente di fronteggiare quanto meno le primissime fasi della malattia oppure di attenuarne le conseguenze negli stadi più avanzati. Le metodiche più in uso riguardano tecniche di linfodrenaggio manuale o meccanico. Esercizi muscolari e fisioterapia idonea possono completare tali trattamenti mantenendo i risultati ottenuti con appropriati bendaggi elastici o mezzi di contenzione elastica come calze o bracciali. Se la progressione della malattia impone un intervento chirurgico, oggi si può provare con la microchirurgia.

Il successo della microchirurgia sta nella precocità dell’intervento. Le operazioni possono essere effettuate anche in anestesia locale, con interventi che durano due o tre ore. Per ridurre il rischio di recidive, si associano alla microchirurgia le terapie adiuvanti previste dai protocolli riabilitativi.

Fonti bibliografiche

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