A volte scavare nelle radici delle nostre parole è illuminante: ad esempio, “rancore” deriva dal latino dal latino rancère, cioè essere rancido, andato a male, inacidito, deteriorato. La sola idea ci fa ribrezzo: fa pensare a quegli avanzi di cibo dimenticati in frigo o in dispensa che ritroviamo ammuffiti e marci. Non ci sogneremmo mai di consumare quei residui putridi, eppure capita che ci portiamo dentro a lungo quel “rancido” rancore per un torto subito o anche solo un fraintendimento che ci ha ferite. E non ci fa bene.
Indice
Come nasce il rancore
Le cause che provocano il rancore sono molte: secondo una ricerca su “Rancore o perdono” del 2023 della psicologa americana Robin Kowalski, si possono individuare diversi motivi, in seguito alle risposte di 344 persone a cui è stato chiesto di descrivere un momento in cui hanno subito un torto. Tra le motivazioni, al primo posto c’è la mancanza di rispetto, seguita dall’inganno, la violenza verbale o fisica, l’abbandono e poi l’essere ingannati, delusi, ignorati, umiliati, traditi, discriminati, esclusi. Ce n’è abbastanza da meditare una vendetta memorabile, tanto tremenda quanto assolutamente inutile.
Un dolore nascosto
Dal dolore immediato per un’azione altrui che colpisce la nostra sensibilità, passiamo a quella sensazione spiacevole che si nutre di rabbia, frustrazione, risentimento, amarezza, sconforto. Abbiamo subito un’ingiustizia e invece di ricevere delle scuse nessuno si è degnato di riconoscere il danno che ci aveva arrecato. Coviamo il rancore, sentimento tenuto nascosto nell’animo che ci avvelena lentamente, togliendoci entusiasmo, fiducia nel prossimo, ottimismo.
A cosa serve il rancore
Se proviamo rancore diventiamo sospettose, ansiose, prevenute. Attenzione però: questa reazione non è del tutto sbagliata. È una sorta di autodifesa spontanea che ci spinge ad aggrapparci a un dolore in modo da non dimenticare la persona che ci ha fatto del male. Questo ci fa tenere a distanza quella persona e ci aiuta a evitare esperienze che ci appaiono simili. È una buona strategia se non vogliamo scottarci due volte.
Perché il rancore ci fa male
Possiamo avere tutte le ragioni di questo mondo ad avercela con qualcuno che si è comportato come il più ignobile degli esseri umani, o anche no. Potrebbe solo aver fatto un commento antipatico su qualcosa che abbiamo detto o averci apostrofato con un epiteto che si poteva risparmiare, ma alla fine tutto quel rancore che proviamo – verso un capo che ci ha urlato contro davanti a tutti, verso l’amica “spiritosa” che ha pubblicato il video imbarazzante di noi che dormiamo russando, verso la tipa che in disco ci ha provato con il nostro ragazzo – ci si ritorce contro.
Il rancore e il benessere
Lo studio della psichiatra americana Smitha Bhandari e della giornalista scientifica Stephanie Watson sui “Segnali del risentimento”, di agosto 2024, ha evidenziato come il rancore influisca sul nostro benessere. Questo pesante stato d’animo è il segno che non abbiamo gestito in modo efficace le emozioni negative come la tristezza, il disappunto o la rabbia.
Le conseguenze
Nel tempo, non riuscire ad elaborare le emozioni “forti” e dolorose può causare ansia, depressione e disturbo post-traumatico da stress. E può anche portare a problemi fisici come pressione alta, tensione muscolare, cefalea, indebolimento del sistema immunitario, disturbi gastrici e intestinali, insonnia. Davvero vogliamo rischiare tutto questo? Oltretutto il rancore che sentiamo verso chi ci ha fatto star male non gli arrecherà nessun danno, anzi probabilmente nemmeno si accorgerà di ciò che stiamo provando.
Cosa fare se si prova rancore
Intanto accettiamo questa reazione del tutto umana senza sentirci in colpa se proviamo sentimenti di aggressività, indignazione e vergogna, che ci graffiano il cuore come spine di rovo. I modi per sentirci meglio? Lasciar andare o perdonare.
Lasciar andare: come si fa
Lasciamo andare dunque quel groviglio di idee nefaste, desiderio di vendetta, dolori che s’ingigantiscono mentre li “ruminiamo” di continuo. Il capo non ci chiederà scusa, l’amica non smetterà di postare video scemi e la tipa continuerà a corteggiare i fidanzati altrui. Lasciamoli “andare” tutti, cioè smettiamo di dar loro importanza. Le loro ferite ci hanno lasciato il segno, quindi non dimenticheremo quello che ci hanno fatto, ma non avrà più nessun effetto doloroso su di noi. Allontaniamo quel risentimento tossico che ci toglie energie e ci impedisce di goderci le amicizie, le belle esperienze, le gioie e le sorprese. Continuare a rimuginare sul torto subito non cambierà ciò che è stato. Prendere le distanze dalle persone spiacevoli e dalle esperienze negative è un passo cruciale per la nostra serenità.
Provare a chiarire
Se le circostanze lo consentono, però, possiamo decidere di chiarirci, in modo calmo e assertivo, con la persona che ci ha fatto soffrire, facendogli presente – se non se ne fosse accorta – in che modo ci ha ferite, offese o umiliate. Magari ci chiederà scusa, forse dirà di non aver capito quanto ci siamo rimaste male, oppure non farà proprio nulla. Ma almeno ci saremo liberate da quella tortura auto-imposta di sopportare il torto senza reagire, ribollendo nella nostra indignazione. Certo, se è stato il capo o un docente che ci ha attaccate, pensiamoci una decina di volte prima di parlargli, cercando le parole giuste e il tono di voce adatto per chiarire la situazione.
Perdonare: come si fa
Sebbene moltissime di noi siano state “educate” al perdono dalla cultura religiosa e dalle regole morali con cui sono cresciute, perdonare non è affatto facile. Eppure questa azione di “pacificazione” ha una valenza liberatoria proprio sul rancore: perdonare aiuta a superare le emozioni negative e cancellare il peso di quel rancore che ci provoca solo stress e frustrazione. È una specie di colpo di spugna sulla lavagna delle offese gravi. Attenzione però: perdonare non vuol dire per forza riconciliarsi, dimenticare, minimizzare o giustificare. Significa fare in modo che l’offesa ricevuta non provochi più dolore, ovvero fare pace con gli altri per farla con sé stessi.
I benefici del perdono
Perdonare non è un gesto di debolezza o di sconfitta, ma una decisione convinta che può alleggerire il cuore. Certo, le offese subite non fanno più male e chi ce le ha arrecate potrebbe anche essere tornato in buoni rapporti con noi, ma sono diventate preziose lezioni di vita che ci hanno insegnato a gestire bene le nostre emozioni e la nostra apertura verso il prossimo. Se restiamo arroccate nella nostra torre di orgoglio, sdegno e risentimento, nessuno verrà a salvarci dal dolore – tranne noi stesse. Proteggiamo la nostra sensibilità e, anche se non riusciamo o non vogliamo perdonare, lasciamoci la negatività alle spalle.
“Serbare rancore equivale a prendere un veleno e sperare che a morire sia l’altro”. William Shakespeare, drammaturgo inglese (1564-1616)