Rapito: il Caso Mortara tra storia e verità

Il film presentato in occasione del Festival di Cannes racconta la vera storia di Edgardo Mortara, il bambino rapito all'età di 6 anni dalla chiesa cattolica

Pubblicato: 29 Maggio 2023 12:57

Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Si chiama Rapito, ed è il film di Marco Bellocchio presentato in anteprima il 23 maggio del 2023, in occasione del 76esimo Festival di Cannes. La trama della pellicola, come il nome stesso suggerisce, racconta di un rapimento ai danni di un bambino di 6 anni da parte degli ufficiali del Papa.

Se la trama del film non vi sembra nuova è perché Rapito è ispirato a una storia vera. Una di quelle che ha sconvolto e coinvolto l’opinione pubblica nazionale e mondiale, che l’ha spaccata a metà tra gli anni ’50 e ’60 del XIX secolo. Il 23 giugno del 1858, infatti, un bambino di origini ebree fu strappato dalla sua famiglia e trasferito forzatamente a Roma, sotto la custodia di Papa Pio IX per essere introdotto all’insegnamento cattolico.

Nonostante le richieste disperate e ripetute di mamma e papà, e di tutte le persone che intorno a questi si sono strette, la storia narra che il bambino non fu mai più fatto vedere ai genitori. Il suo nome era Edgardo Mortara, e la sua storia resta ancora una ferita aperta per la città di Bologna e per l’Italia intera. Ripercorriamola insieme.

Chi era Edgardo Mortara

Era un giorno come un altro, quel 23 giugno del 1958 a Bologna, quando la vita di un bambino, e della sua famiglia, fu trasformata, cambiata e stravolta per sempre. Una premessa, sulla scena culturale, sociale, politica e religiosa dell’Italia di quei tempi, è doverosa perché molto diversa da quella che conosciamo noi oggi.

Le leggi allora in vigore, emanate dallo Stato Pontificio, ritenevano giusta una divisione netta tra i fedeli. I cristiani, infatti, non potevano lavorare con o per gli ebrei e viceversa. Una situazione, questa, senz’altro anacronistica, anche per i tempi, e irrispettosa dei diritti umani e della libertà delle persone.

In uno scenario così, in cui molte persone vivevano private dei loro stessi diritti e della libertà, c’erano anche i Mortara, una famiglia di ebrei residenti a Bologna. La storia vuole che Edgardo, sesto di otto figli, fosse stato battezzato all’età di un anno di nascosto da Anna Morisi, la domestica di casa Mortara che temeva la morte precoce del bambino colpito da una malattia.

Fu proprio questa decisione, una volta giunta all’orecchio di Pier Feletti, inquisitore di Bologna, a cambiare per sempre il destino di quel bambino. La Santa Inquisizione, infatti, convenne che, essendo Edgardo battezzato, era a tutti gli effetti un cattolico. E dato che le leggi in vigore non ammettevano che un cristiano potesse crescere in un ambiente dove risiedevano le regole di altri fedeli, si arrivò a una drammatica e drastica decisione: allontanare per sempre quel bambino dalla famiglia.

Il rapimento

La sera del 23 giugno del 1858, gli ufficiali di Papa Pio IX si recarono presso la casa di Salomone Momolo Mortara e di Marianna Padovani per portare via chi, secondo loro, apparteneva di diritto alla chiesa cattolica. La polizia portò Edgardo via dalla sua casa natale per trasferirlo a Roma dove, da quel momento in poi, sarebbe stato introdotto alla dottrina della chiesa cattolica.

Edgardo Mortara fu portato presso la Casa dei Catecumeni, un’istituzione destinata proprio all’insegnamento del cattolicesimo agli ebrei convertiti. A papà Momolo e mamma Marianna fu proibito di vedere il loro bambino per settimane fino a quando, dopo numerose richieste respinte, fu concesso loro di incontrare il figlio, ma mai da soli.

Dopo un’unica e fugace richiesta accolta, i coniugi Mortara non hanno potuto più vedere il loro bambino per anni, fino al 1870 nonostante le richieste ripetute avvallate anche dai sostenitori del caso.

Il caso Mortara

Nonostante l’assenza dei social network e del web, il caso Mortara ebbe un’importante risonanza mediatica in Italia e in tutto il mondo. Le ripetute richieste dei genitori, di riportare Edgardo a casa, furono appoggiate da moltissime organizzazioni ebraiche, ma anche da figure intellettuali e politiche di altri Paesi.

Il 15 ottobre del 1858, l’abate francese Delacouture si espresse sul caso affermando che quella decisione “Violava le leggi della religione e quelle della natura”. Gli stessi esponenti politici della Francia, e di altri Paesi, si dichiararono a favore del ritorno del bambino dai suoi genitori, perché era quello il luogo in cui doveva stare.

Eppure, nonostante tutto, né Papa Pio IX, né tanto meno gli organi della Santa Inquisizione fecero un passo indietro. Ad avvallare le tesi di legittimità di questa decisione, poi, c’era la questione di violazione delle leggi pontificie in vigore. La prima riguardava proprio il fatto che i coniugi Mortara avessero assunto una domestica di religione cristiana. La seconda, invece, faceva riferimento a quel battesimo segreto, e condotto contro il volere dei genitori, da parte della stessa domestica che rendeva Edgardo, a tutti gli effetti, un bambino cattolico.

Dato il clamore del caso, la chiesa propose un compromesso alla famiglia: fare entrare il bambino in un collegio a Bologna dove sarebbe rimasto fino ai 17 anni per poi scegliere liberamente quale dottrina religiosa professare. I coniugi Mortara, però, rifiutarono la proposta e il piccolo fu portato a Roma.

Ad attenuare le polemiche, anni dopo, fu lo stesso Edgardo Mortara con le sue dichiarazioni. “Non sono interessato a cosa ne pensa il mondo” – disse in occasione di una visita da parte di una delegazione israelitica – “Non sono una vittima, un martire dei gesuiti. Io sono grato alla Provvidenza che mi ha ricondotto alla vera famiglia di Cristo” (Vittorio Messori, Io, il bambino ebreo rapito da Pio IX).

La nuova vita di Edgardo

Con gli anni sono state collezionate diverse testimonianze di Edgardo, e tutti hanno descritto un ragazzo, e poi uomo, felice di quella vita che qualcun altro aveva scelto per lui. Una volta stabilitosi a Roma, infatti, nel 1867 entrò a far parte del noviziato dei Canonici Regolari Lateranensi.

Tre anni dopo rifiutò la richiesta dei genitori di tornare a casa, e lo fece di nuovo quando il questore di Roma gli concesse la possibilità di scegliere. Proprio per non subire ulteriori pressioni, Edgardo Mortara si allontanò dalla città, raggiungendo prima il Tirolo e poi la Francia.

Nel Paese divenne sacerdote cattolico all’età di 23 anni e scelse il nome di Pio. Divenne un missionario devoto alla causa di conversione degli ebrei e, una volta ristabilita i contatti con la famiglia, tentò di convertire anche questa, ma senza successo. Edgardo morì l’11 marzo del 1940 a Liegi, nel monastero nel quale aveva deciso di ritirarsi da anni.

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