C’era una volta un’Italia antica, fatta di usanze che oggi ci fanno storcere il naso: era l’Italia dei bacialè, una figura tipicamente piemontese che si occupava di far convolare a “giuste” nozze i contadini della Regione e, in particolare, quelli delle langhe.
Il bacialè era un vero e proprio sensale, un mediatore che, invece di occuparsi di affari monetari, si occupava di affari di cuore. E qui la parola affari non è usata in maniera romantica, tutt’altro: ogni coppia formata si basava su una serie di criteri che, con l’amore, non avevano quasi mai a che fare.
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La figura del bacialè piemontese
Per capire come funzionava la figura dei bacialè basta pensare all’idea più canonica di agenzia matrimoniale. Nei primi anni del 1900 e fino almeno agli anni Settanta, infatti, uomini, donne, ragazzi e ragazzi si recavano da questo “specialista”, che poteva essere tanto un uomo (cosa più frequente) che una donna. A questo punto, il bacialè conduceva una sorta di intervista e creava una cartella/profilo per creare il giusto incontro (sì, proprio come i match su Tinder).
Le cartelle del bacialè comprendevano proprio tutto: una foto, lo stato di salute, altezza, caratteristiche fisiche, desideri, indole dell’uomo o della donna in questione, desideri riguardo a figli e/o specifiche della famiglia. E, chiaramente, raccoglievano anche tutti i dati possibili sullo status economico.
I calcoli e le mansioni dei bacialè
Prima di combinare il matrimonio, infatti, il bacialè si curava di conoscere lo stato patrimoniale degli interessati. Le coppie, infatti, venivano “assemblate” proprio in base alla corrispondenza economica, che non doveva essere inferiore a una determinata aspettativa, pena il disonore. Questo valeva per gli uomini, ma anche e soprattutto per le donne: se era comprensibile che un uomo “magnanimo” prendesse in sposa una ragazzotta più povera, sarebbe invece stato un disonore se la donna si fosse “accontentata” di un uomo più povero.
Il lavoro del bacialé, dunque, consisteva nell’associare due profili. E poi? Finiva qui? Certo che no. Prima di arrivare alle nozze, infatti, il sensale aveva tutta una serie di mansioni da svolgere. In primis, proponeva il profilo selezionato al futuro sposo/alla futura sposa e ne sondava le reazioni. Generalmente non vi erano rimostranze: il bacialè era un vero e proprio maestro degli “equilibri di coppia” e si passava alla fase successiva.
Questa fase prevedeva una visita dei futuri sposi, sempre in presenza dell’intera famiglia, a casa del bacialè. Dopodiché, se il primo incontro andava bene, si passava a una visita dello sposo nella casa delle sposa e, infine, a una visita della sposa a casa dello sposo. Infine, si giungeva alla stesura di un vero e proprio contratto, un do ut des: gli sposi si impegnavano a maritarsi, a patto che l’uno portasse qualcosa in dote all’altro.
I matrimoni combinati dai bacialè
E poi? E poi era il momento di organizzare le nozze e, per il bacialè, arrivava il momento di riscuotere il suo compenso. Poco importa se fra i due sposi non ci fosse mai stato amore, già il solo fatto che fossero stati accoppiati bastava per fare in modo che venisse formato un nuovo nucleo familiare. A ridosso delle guerre, i matrimoni combinati dai bacialè divennero fondamentali per far sì che si formassero tante famiglie e che ci fossero più bambini.
In più, a un certo punto, i matrimoni combinati dai bacialè cominciarono a favorire i matrimoni “misti” tra persone del Nord e del Sud, allo scopo non tanto di unire l’Italia ma di popolare le aree piemontesi che, in seguito a guerre e ristrettezze, erano in sofferenza. Alla base di tutto, dunque, c’era sempre un fine che non aveva nulla a che fare con i sentimenti, ma c’è sicuramente una cosa da dire: i bacialè sapevano vendersi. Con astuzia e, forse, in alcuni casi, grazie alla loro abilità.