Il 19 dicembre del 1915 nasceva l’usignolo francese, una delle più belle voci di sempre, quella di Édith Piaf. “Mentre canto lascio la terra”, diceva la donna, e lo faceva davvero, solo così ha potuto regalarci quei capolavori musicali che ancora oggi riecheggiano per le vie della Francia e di tutto il mondo.
Piccola di statura, Édith Giovanna Gassion, si è guadagnata l’appellativo di passerotto francese. Piaf, infatti, vuol dire proprio uccellino. Grande era invece la sua anima e maestosa la sua voce graffiante, in grado di raccontare il peso delle esperienze dolorose e quella voglia di libertà che l’ha sempre caratterizzata.
La favola eterna di Édith Piaf
Édith nasce a Parigi, ma al contrario di tutte le sue coetanee deve crescere in fretta tra i marciapiedi frequentati dai genitori che sono artisti di strada. Non è una vita per bambine la sua, motivo per il quale la piccola Piaf viene affidata alle cure della nonna. Ma la vita non si mostra certo generosa con Édith che a 8 anni viene colpita da cheratite. Quella malattia agli occhi, però, scompare e la porta a sviluppare una devozione nei confronti di Santa Teresa.
Una storia particolare, la sua, ma che non arresta quella che è destinata a diventare una carriera leggendaria. Proprio a 8 anni, infatti, Édith mostra già il suo talento. Insieme a suo padre scende in strada per cantare e incantare tutti i passanti con la sua voce.
A 17 anni conosce Louis Dupont a Romainville, il suo primo amore, con il quale hae una relazione breve e intensa. Nasce così la piccola Marcelle, ma Édith è ancora giovane e inesperta e la sua vita è ancora quella vissuta in strada. Così sua figlia a soli due anni muore di meningite. Una perdita, questa, che aprirà una grande ferita nel cuore dell’usignolo e che l’accompagnerà per tutta la vita.
Non smette di cantare però e, al contrario, si rifugia nella musica. Qualche anno dopo, all’età di vent’anni, viene scoperta da Luis Leplée, che la fa debuttare con lo pseudonimo di Édith Piaf. Dopo l’assassino di Leplée la giovane cantante si affida a Raymond Asso e, l’anno dopo, arriva il primo contratto con una casa discografica.
L’usignolo di Francia
Poi l’arrivo della guerra: mentre la Francia è occupata dei tedeschi, Édith Piaf si ritrova costretta a cantare per l’esercito invasore. Sono gli anni in cui scrive La vie en rose, canzone che diventa l’inno della Francia distrutta dalla guerra, ma anche il brano più celebre della cantante.
Mentre la sua fama si estende oltre i confini, Édith conquista infatti gli Stati Uniti, diversi amori si susseguono fino all’incontro con Marcel Cerdan. L’uomo però muore tragicamente il 28 ottobre 1949 in un incidente aereo e ancora una volta, il passerotto di Francia utilizza la sua voce per gridare il dolore e quelle ferite dell’anima. In quegli anni, l’artrite reumatoide prima e un incidente stradale poco dopo, la portano ad abusare di morfina.
La consacrazione musicale arriva nel 1960, 3 anni prima della sua morte, quando viene invitata ad esibirsi all’Olympia da Bruno Coquatrix. È lì, che con la voce carica di dolore e malinconia, Édith canta per la prima volta Non je ne regrette rien, canzone che risuona in quelli che sono gli ultimi anni della sua vita e che la rappresenta fino in fondo.
Perché lei, davvero non si è pentita di nulla e al contrario, sembra quasi abbia dovuto scontare attraverso la povertà, la morte della figlia, gli amori turbolenti e la malattia, quel dono che l’ha resa celebre e indimenticabile: la sua voce.