Anita Garibaldi, storia dell’eroina dei due mondi

Ribelle, combattente e impavida: lei era Anita Garibaldi, l'eroina dei due mondi che credeva negli ideali condivisi e nell'amore

Pubblicato: 3 Settembre 2021 12:48Aggiornato: 19 febbraio 2024 13:13

Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Era nata con il nome di Ana Maria de Jesus Ribeiro, ma tutti la conoscevano, e la conoscono tutt’ora, come Anita Garibaldi. La rivoluzionaria, l’eroina. La moglie di Giuseppe Garibaldi. Una donna coraggiosa, innamorata e intrepida, che ha vissuto un’esistenza breve, intensa e straordinaria, in nome dei suoi ideali e dell’amore, combattendo al fianco del marito e degli altri uomini.

Chi era Anita Garibaldi

Nata nel 1821 in Brasile, a Morrinhos, Anita ha sempre mostrato un temperamento ribelle, sicuramente diverso dai suoi coetanei. Da giovanissima amava cavalcare, fare il bagno nuda nel mare e perdersi nella natura. I suoi comportamenti, però, erano considerati troppo moderni, sicuramente non adatti a una ragazza di quel tempo. Ecco perché la giovane diventava spesso la protagonista di pettegolezzi e di reazioni avverse da parte dei benpensanti che vivevano nel suo paese.

La madre sperava di cambiarla, forse il matrimonio l’avrebbe fatto ponendo così fine alle maldicenze sul suo conto. Così, all’età di 14 anni le impose di sposare Manuel, un uomo molto più grande di lei. Contro il suo volere, Ana Maria convolò a nozze nell’agosto del 1835, ma non fu l’inizio di una vita di famiglia spensierata e tranquilla come sua mamma immaginava, perché il destino aveva in serbo altro per la futura eroina dei due mondi.

Quello stesso anno, infatti, la rivolta popolare Farroupilha catturò l’attenzione della giovanissima Ana. Anche lei si sentiva come quei ribelli, anche lei prese parte alla rivoluzione. Fu proprio in questa occasione che, per la prima volta, incontrò Garibaldi, l’uomo che avrebbe amato per tutto il resto della sua vita.

Si narra che tra i due ci fu un colpo di fulmine. Un amore travolgente che non poteva resistere neanche alle promesse pronunciate dalla ragazza solo qualche mese prima. Garibaldi aveva scelto la donna che sarebbe rimasta al suo fianco: la sua Anita, la ribattezzò così. Lei fece lo stesso, abbandonando suo marito e diventando la compagna di Giuseppe.

“Avevo trovato un tesoro nascosto” – scriverà Garibaldi nelle sue Memorie raccontando il loro primo incontro – “Ma un tesoro di tale prezzo da indurmi anche a commettere un delitto per possederlo, purché tutta la responsabilità dovesse cadere sopra di me”.

Anita e Giuseppe: l’amore, le battaglie e i due mondi

Anita non era solo la compagna di Giuseppe Garibaldi e mai sarebbe stata solo la moglie o la madre dei suoi figli. Lei era l’amante, la confidente fidata e l’amica, era l’eroina, esattamente come lui. Lo seguì nelle sue scelte, perché quelle appartenevano anche a lei, e lottò al suo fianco per tutta la vita, seppur breve, e mai un passo indietro.

 

Fonte: Getty Images
Un ritratto di Anita Garibaldi

 

Anita ricopriva diversi ruoli nelle battaglie che combatteva insieme al suo amato Giuseppe e agli altri uomini. Si occupò della difesa delle munizioni, si schierava negli attacchi navali e non solo. Era esposta esattamente come gli altri al punto tale che rischiò la prigione in più occasioni.

 Dà prove di resistenza incredibili alla fatica, alla sete, alla fame, nutrendosi di sole bacche e radici per giorni, senza un lamento, spronando i compagni di lotta ad andare avanti, a combattere, stanando gli imboscati e i vigliacchi a suon di fucilate. Quando, fatta prigioniera, le dicono che José è morto, riesce a fuggire ma, anziché porsi subito in salvo, vaga per una notte intera aggirandosi sul campo di battaglia fra i cadaveri, alla ricerca del compagno amatissimo. (Giovanni Russo)

Nel 1840 nacque Domenico, il primogenito dei due eroi. Ma non fu una festa, la loro, perché a pochi giorni di distanza dal parto Anita dovette fuggire via, di nuovo, dalle truppe imperiali. Scappò via, con il neonato in grembo, restando per giorni senza cibo. Giuseppe la ritrovò, la trovava sempre. Questa volta nascosta in un bosco. A questo episodio, poi, si ispirò lo scultore Mario Rutelli per costruire una statua in suo onore sul Gianicolo, a Roma, nel 1932.

I due decisero così di lasciare il Paese dato che la situazione era ormai insostenibile e compromessa, e si trasferirono in Uruguay. Qui rimasero per sette anni suggellando il loro amore con il matrimonio che si tenne nel mese di marzo del 1842. La famiglia si allargò, e durante quegli anni felici nacquero Rosita, che poi morì all’età di due anni, Teresita e Ricciotti.

La tranquillità di una nuova vita, lontana dalle battaglie, sembrò non bastare più a Giuseppe, non dopo la notizia delle rivoluzioni europee. Decisero di andare a Nizza, a casa della madre di Garibaldi, e lì di fermarsi. Ma quella era solo la tappa di un nuovo viaggio, il più importante per Giuseppe e per la storia del nostro Paese.

L’eroe dei due mondi arrivò in Italia, chiedendo alla sua amata di restare al sicuro, a casa di sua madre. Ma dopo un primo periodo di lontananza, Anita scelse di mettersi in viaggio e di raggiungere il marito, il suo “Josè”. “Questa è Anita, ora abbiamo un soldato in più” (Garibaldi – Dumas Alexandre), disse lui ai garibaldini una volta che lei arrivò in Italia.

E lei soldato lo diventò davvero. Dopo un primo periodo trascorso a Roma, occupandosi dei garibaldini feriti insieme ad altre donne, tra cui Cristina Trivulzio, tagliò i suoi lunghi capelli e indossò i panni degli uomini, salì a cavallo e attraversò l’Appenino al fianco di suo marito. Ma quel viaggio era difficile e pericoloso, lo era soprattutto per lei che era incinta. Eppure neanche la gravidanza la convinse a fermarsi.

Intercettati da alcune navi austriache, i combattenti dovettero fermarsi e proseguire a piedi. Fu durante il tragitto che fu colpita da una febbre molto forte, probabilmente di origine malarica. Proseguire per lei era ormai impossibile. Nel tentativo di salvarla, Anita fu trasportata a Mandriole di Ravenna dove però, dopo aver perso conoscenza, non si risveglio più. Anita morì il 4 agosto del 1849 all’età di 28 anni.

Giuseppe continuò la sua fuga, lasciando riposare la sua compagna in un terreno vicino la fattoria di alcuni suoi amici. Ritornò in quel luogo, Garibaldi, insieme ai suoi figli e ai patrioti, per salutare un’ultima volta la sua amata Anita e donarle una nuova sepoltura all’interno del cimitero di famiglia a Nizza.

Il suo ruolo di compagna di Garibaldi nelle battaglie ha fatto sì che fosse considerata come la Madonna laica del nostro Risorgimento e l’ha fatta assurgere a simbolo del coraggio femminile, un simbolo che nessuna donna italiana è riuscita ad eguagliare (Giovanni Russo)

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