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Vitamina D e sole
Con il termine di vitamina D ci si riferisce sia alla vitamina D2 che alla vitamina D3, entrambe presenti in alcuni alimenti e negli integratori alimentari. Si tratta di forme inattive che vengono convertite in calcitriolo dopo essere passate attraverso il fegato e i reni. Il calcitriolo è la vitamina D fisiologicamente attiva.
Anche se gli alimenti possono rappresentare una fonte di questa preziosa vitamina, va detto che la maggior parte viene prodotta dal nostro stesso organismo quando ci esponiamo al sole. Penetrando nella pelle, i raggi ultravioletti innescano la sintesi della vitamina D a partire da un intermedio del metabolismo del colesterolo. Alle latitudini temperate, quando si espone una superficie cutanea pari a quella degli avambracci per circa un quarto d’ora avendo l’accortezza di non mettere la protezione solare, l’80% della vitamina proviene dalla sua sintesi cutanea e il restante 20% dagli alimenti.
La storia della vitamina D ha inizio nel primo ventennio del secolo scorso quando si scoprì che i bambini affetti da rachitismo guarivano se esposti alla luce solare. Contemporaneamente si rinvenne nell’olio di fegato di pesce un composto liposolubile essenziale per il metabolismo dell’osso. Si trattava della stessa sostanza responsabile della guarigione dei bambini. La struttura della vitamina D venne definitivamente identificata nel 1930 da Windaus.
A cosa serve?
La vitamina D ha principalmente una funzione scheletrica dal momento che mantiene l’equilibrio tra il calcio e il fosforo e rende possibile un’ottimale mineralizzazione dell’osso. Non bisogna dimenticare però che la vitamina D è in grado anche di interagire con degli specifici recettori presenti all’interno del nucleo (vengono indicati con la sigla VDR) in modo da favorire l’espressione di alcuni geni. Attraverso questa modalità la vitamina D può esercitare una serie di effetti extra-scheletrici.
Le principali funzioni della vitamina D possono essere così riassunte:
- Assorbimento del calcio e del fosforo a livello intestinale;
- Mantenimento dei normali livelli di calcio nel sangue;
- Adeguata mineralizzazione ossea per la salute del nostro scheletro e dei nostri denti;
- Stimolo alla sintesi proteica e alla contrazione muscolare;
- Promozione della biosintesi e del rilascio di insulina da parte delle cellule del pancreas che hanno questo ruolo;
- Aumentata sensibilità all’insulina e prevenzione del diabete alimentare;
- Azione anti-infiammatoria;
- Aumento dell’immunità innata nei confronti di differenti infezioni (tubercolosi, influenza, infezioni virali a carico delle prime vie respiratorie).
Poiché agisce contemporaneamente sia sullo scheletro che sul muscolo scheletrico, potenziandoli entrambi, la vitamina D sembra essere la vitamina di tutti coloro che praticano sport all’aria aperta. Mentre lo scheletro diventa più forte in virtù della mineralizzazione della matrice ossea anche i muscoli si potenziano per la spinta che la vitamina D esercita sulla sintesi delle proteine muscolari.
Cosa succede, invece, a chi sta seduto tutto il giorno dietro a una scrivania? La luce che penetra attraverso i vetri delle finestre non ha un’intensità tale da avviare la sintesi della vitamina D a livello cutaneo. Stando seduti tutto il giorno dietro ad una scrivania si perde densità minerale ossea e massa muscolare allo stesso tempo, a meno che non si compensi con l’attività fisica e con un’adeguata integrazione soprattutto nei mesi invernali.
Carenza di Vitamina D
La sintesi di vitamina D risente di diversi fattori. Alcuni hanno a che fare con le caratteristiche dell’individuo, altri invece con l’ambiente. Con il progredire dell’età i meccanismi di sintesi della vitamina D a livello cutaneo diventano sempre meno efficienti. Per questo motivo gli anziani sono tra le persone a maggior rischio di andare incontro a uno stato carenziale.
In generale potremmo dire che il deficit di vitamina D è determinato nella gran parte dei casi da una ridotta esposizione ai raggi solari e solo secondariamente da un insufficiente apporto con la dieta. Per stabilire se siamo carenti di vitamina D è necessario misurare la concentrazione ematica di un intermedio indicato come vitamina 25(OH)D. Si parla di carenza per un valore di 25(OH)D pari od inferiore a 20 picogrammi per millilitro. La gravità della carenza di vitamina D è sicuramente più alta durante i mesi invernali quando l’esposizione ai raggi solari di adeguata intensità è un evento raro.
Poiché, inoltre, la vitamina D è liposolubile (ovvero si scioglie nel grasso) questa tende a depositarsi nel tessuto adiposo venendo in qualche modo sequestrata. Si capisce allora perché i soggetti con una condizione di sovrappeso o di obesità abbiano bisogno di maggiori apporti di vitamina D con la dieta rispetto ai normopeso allo scopo di raggiungere livelli plasmatici adeguati.
La carenza di vitamina D comporta diversi effetti sfavorevoli per la nostra salute determinando in primo luogo una riduzione della concentrazione di calcio e di fosforo nel sangue. Secondariamente a questo primo evento si osserva un’inadeguata mineralizzazione dello scheletro che si manifesta come rachitismo nei bambini e come osteomalacia (ndr. una patologia causata da insufficienti quantitativi di minerali, che rendono lo scheletro suscettibile a fratture, malformazioni e dolori) e osteoporosi negli adulti. Le ossa, indebolite, vanno incontro a deformazione mentre si cominciano ad avvertire importanti dolori scheletrici. Se oltre ad essere carenti di vitamina D consumiamo anche una dieta povera in calcio le manifestazioni cliniche saranno ancora più gravi. Alcuni studi documentano come nell’anziano un’integrazione a base di vitamina D e di calcio possa ridurre significativamente il rischio di fratture, soprattutto di quelle che coinvolgono l’anca e le vertebre del tratto lombare.
Poiché, come abbiamo visto, la vitamina D esercita un importante ruolo anche sullo stato di salute dei nostri muscoli la condizione di carenza si associa a stanchezza muscolare e a riduzione della forza. Muscoli più stanchi e privi di forza possono comportare la comparsa di disturbi dell’equilibro. Potremmo dire, dunque, che i due più importanti fattori di rischio per le fratture da caduta accidentale (demineralizzazione ossea e perdita dell’equilibrio) possono entrambi derivare da una carenza di vitamina D.
In quali alimenti si trova
Allo scopo di raggiungere adeguati livelli ematici è utile conoscere quali sono gli alimenti con la vitamina D. Tra le fonti migliori rientrano:
- i pesci grassi come la trota, il salmone, il tonno e lo sgombro;
- l’olio di fegato di merluzzo, che ne apporta una significativa quantità ed è stato utilizzato per lungo tempo per trattare stati carenziali;
- quantità più modeste sono contenute nel fegato di manzo, nel latte, nel burro, nel formaggio e nel tuorlo d’uovo.
Gli alimenti di origine vegetale sono quasi del tutto privi di vitamina D: i funghi, ai quali siamo disabituati ad attribuire una valenza nutrizionale, sono una discreta fonte di vitamina D2. In commercio sono, infine, presenti prodotti arricchiti con vitamina D. Il latte, lo yogurt, le bevande vegetali e i cereali per la prima colazione sono tra i principali alimenti fortificati con l’aggiunta di questa vitamina.