Diego Dalla Palma è stato il primo italiano ad affermarsi a livello internazionale nel campo beauty, tanto che il New York Times lo definì “il profeta del make up made in Italy”. Una vita fortunata ma difficile, come ci racconta lui stesso. Il Diego bambino, nato e cresciuto povero, non avrebbe mai pensato di arrivare così lontano, anche se «l’ambizione e il sogno c’erano».
Un’infanzia poverissima, sull’altopiano di Asiago, passando per gli anni dell’Istituto d’Arte a Venezia, fino a sbarcare a Milano, la città dove tutto è diventato possibile. Che ricordi hai dei primi anni trascorsi qui?
Struggenti, bellissimi. I ricordi della povertà, della conquista, della sfida e della sfiga, tutto quello che in qualche modo mi è servito nella vita. Anche se più che i sogni mi è servito il pianto, che per me è stata la medicina grazie alla quale sono riuscito a dare un valore enorme alle piccole conquiste. Sono andato avanti grazie a metodo, disciplina e coraggio. Questo è stato l’insegnamento di mia madre che io ho seguito alla lettera, aggiungendo un concetto caro a mio padre: quello di cercare sempre di essere giusti. Non so se lo sono sempre stato, ma so di avere fatto di tutto per esserlo.
Milano è ancora la tua Milano?
No, non è più la mia città. Oggi è la città dell’orologio, e questo mi dispiace molto. Una volta era la città dei vincitori che stavano con gli sconfitti, la città degli artisti realizzati che stavano con gli artisti perdenti, la città degli scrittori di talento che stavano con quelli da quattro soldi. Era la città dello “stiamo insieme comunque”. Oggi non è più così. Oggi chi conta o pensa di contare sta con chi conta, e gli altri molto spesso vivono nella palude, dove nessuno li aiuta. Non c’è giustizia. Questo è molto triste.
Ha da poco lanciato il blog diegopertecom. Nel tuo team ci sono giovani collaboratori volutamente non influencer. Perché non ti piace questa definizione?
Io non voglio influenzare nessuno. Non voglio pensare che qualcuno mi possa influenzare, condizionare, perché allora vuol dire che non ho sufficiente personalità, carattere, stile per fare qualcosa di mio. Senza pensare che chi influenza è un pizzico presuntuoso, pensa di “sapere”. Ma di cosa sappiamo? Ve lo dice uno di 67 anni: mi sto accorgendo che ho pochi anni davanti a me e non sono nulla, non so nulla. Volete un consiglio? Fate tutti gli errori che potete fare nella vostra vita: quello sì che vi influenza, vivere gli errori, imparare dalle sconfitte. Crescere, prendere coscienza.
Tornassi indietro rifaresti tutto quello che ha fatto nella vita?
No. Io di rimpianti ne ho tantissimi. Il più lacerante è il non aver capito l’amore che hanno provato per me alcune persone. All’epoca ero troppo superficiale, giovane e stupido.
E oggi cosa vorresti fare? Cosa ti piace fare?
Amo leggere, scrivere, ascoltare musica, andare al cinema, a teatro. Amo immergermi nella natura quando non trovo risposte. Vado in un bosco, dove si sente dentro la vita, e ci resto ore. Mi appoggio a un albero e torno a casa con mille risposte che gli esseri umani non mi danno. Vorrei tornare a viaggiare. Ho viaggiato molto fino al 2010, poi negli ultimi anni l’ho fatto meno per via del lavoro. Voglio tornare in Perù, andare in Namibia, in Sudafrica, in India, in Polinesia francese. Voglio perdermi. Andare incontro alla morte col volo leggero. Voglio morire da aquila, non da tordo. E andarmene da vivo, provato, ma non malato. Voglio essere io a girare le spalle alla banalità e al mio degrado prima che lo facciano loro.
Convivi con l’artrite. Sei pro eutanasia e non l’hai mai nascosto. Ma sei credente?
Credo negli dei, ho una versione pagana del credere. Ho sentito un dio possente, che mi ha sconvolto, quando sono stato al Machu Picchu, un’esperienza incredibile. Lì c’erano tutti gli dei messi insieme. Poi ho una grande considerazione della figura di Gesù Cristo, ma non nei confronti del cristianesimo che hanno inventato dopo, la più grande operazione di marketing che sia mai stata fatta nella storia dell’uomo, come del resto vale per altre religioni. Consiglio di leggere La vita di Gesù di Ernest Renan, un libro dove non vi è traccia di quello che ci raccontano i preti o le persone che vanno in chiesa e poi una volta uscite non si aiutano le une con le altre… quelle fanno un parlare di Gesù Cristo senza sapere chi era.
Nel blog ti cimenti anche in video molto divertenti (vedere per credere, ndr.) nella rubrica Spunti e sputi. Nel primo video che hai lanciato vesti i panni “truccati” di Donald Trump, il presidente più makeuppato del mondo. Ma in misura più parca, non è consentito un po’ di trucco all’uomo?
Quella dei video è l’occasione di dire la mia e raccontarmi senza steccati. Al trucco maschile dico sì, senza sconfinare nel ridicolo. Sia nel politico che nell’uomo di spettacolo io sono contrario alla costruzione per essere quello che non si è fisicamente. Invece sono per l’estro e la fantasia. È ridicolo chi non sa portare qualcosa di insolito ma un uomo o una donna con grande personalità, con stile, può portare qualsiasi cosa. Sul proprio corpo si può fare quello che si vuole ma non bisogna artefare la propria identità. Se ti metti i tacchi con la soletta nascosta per apparire più alto, se ti fai l’abbronzatura artificiale in viso ma hai le mani bianche, se ti metti il parrucchino che si vede lontano chilometri che è tale, diventi come una donna che si rifà in maniera improbabile.
Quindi il tuo è un no alla chirugia
Sono contrario fino a un certo punto. Se una donna o un uomo è deturpato da un qualcosa che crea un grosso problema sono favorevole. Anche per borse sotto gli occhi molto pesanti, palpebre molto cadenti che vanno a coprire lo sguardo, o denti che creano complessi, macchie di vecchiaia – io le faccio togliere col laser -, sono a favore. In altri casi no. Chi eccede nella chirurgia nel tentativo di fermare i tempo non ha un aspetto giovane ma insolito, e con insolito non intendo originale ma omologato.
E del make up permanente cosa ne pensi? Come le sopracciglia tatuate
Se fatto bene sono d’accordo come il contorno labbra o un’ombreggiatura attorno agli occhi. Ma a patto che sia fatto bene.
Le donne italiane sono ancora tra le più eleganti del mondo?
Le italiane erano messe bene, ora un po’ meno. Ma se dovessi pensare a chi è stata la regina dell’eleganza in assoluto, e non tramonterà mai, allora dico Audrey Hepburn. Quello è un fenomeno nato sulla terra per essere unico nel tempo. Ci sono attrici belle ed eleganti, che hanno grazia e sono anche originali, come Tilda Swinton, Kristin Scott Thomas. Però se dovo pensare a una figura italiana elegante, che ti trasmetta un concetto etereo e indescrivibile, fatico a trovarla. Audrey Hepburn l’ho incontrata una volta a Venezia. Indossava una maglia larga grigia – e il grigio solitamente “uccide” – una collana di osso blu elettrico, jeans e scarpe da ginnastica bianche. In tutta questa semplicità era spettacolare, aveva una camminata, una gestualità che lasciavano senza parole. Una donna inimitabile, come è stata anche Greta Garbo. Donne di un mondo probabilmente c’è ancora ma che oggi viene guastato dall’aspetto esibizionistico.
Hai indicato i capelli lunghi come un tratto distintivo delle italiane. Ma l’hai anche criticato. C’è un’età dopo la quale è meglio darci un taglio?
Sì, assolutamente. Dai 50 anni in su bisogna alleggerire, per arrivare a 70 con tagli molto corti, geometrici. Sono anche a favore del capello bianco ma va trattato coi riflessanti giusti, le cure adeguate, qualche accorgimento casalingo come l’aggiunta di bicarbonato nell’ultimo risciacquo, che regala luminosità e brillantezza. E poi a una certa età meglio puntare su abiti morbidi e colorati. Il capello bianco con un abito rosso, una collana argentata, il rossetto sulle labbra crea un bellissimo effetto, a tutte le età.
A proposito di rossetto. Chi non è abituata a usarlo spesso non sa come metterselo in modo impeccabile
Aiutatevi col una matita per le labbra di un tono più scuro. Va stesa sia sul contorno che dentro, tratteggiando. Si stende il colore con un pennellino o col dito e poi si passa al rossetto. In questo modo il rossetto si applica più facilmente e si fissa meglio il colore.