Per chi è cresciuto negli anni Ottanta e Novanta (ma anche prima), Wanna Marchi è un personaggio cult, alla pari di tanti altri volti che in quel periodo hanno invaso la tv. Parliamo di un personaggio controverso, sempre sopra le righe, che ha ottenuto una popolarità spropositata, se pensiamo che è diventata famosa grazie alle televendite.
E forse è proprio per questo che la sua epopea, dall’ascesa al declino, ha stuzzicato l’appetito di Netflix, che della sua storia e della sua vicenda giudiziaria ha voluto farne una docuserie, in uscita il 21 settembre.
Abbiamo visto in anteprima i quattro episodi che la compongono: ecco tutto quello che dovete sapere prima di vederla.
Wanna, tratto da una truffa vera: un lavoro mastodontico
Prima di tutto va reso merito agli autori della docuserie di aver affrontato un lavoro non da poco, considerate le circa 60 ore di interviste raccolte attraverso ben 22 testimonianze e le oltre 100 ore di materiali d’archivio visionate per ricostruire gli eventi. Una storia che cerca di ripercorrere non solo l’inchiesta televisiva di Striscia la notizia da cui sono partite le indagini della procura che hanno portato all’arresto di Wanna Marchi e della figlia Stefania Nobile, ma anche di cercare di entrare nella mente della “regina delle televendite” per provare a comprenderne gli atteggiamenti e i comportamenti.
Così, oltre alla testimonianza diretta delle due donne al centro della vicenda, assistiamo al racconto del contesto in cui si è creato ed è cresciuto il personaggio di Wanna Marchi, attraverso la voce di altri televenditori, ma anche delle vecchie interviste dell’ex marito e dalle espressioni facciali delle stesse protagoniste. Tutto è funzionale alla ricerca della verità. In cui per verità non si intende quella giudiziaria, già stabilita, ma il tentativo di spiegare come si possa avere una visione così distorta della vita, dell’etica e della morale.
Wanna, cosa ci è piaciuto della docuserie
Senza entrare nel dettaglio degli eventi (che gran parte di noi ricordano), possiamo dire che nei quattro episodi si riesce a condensare piuttosto bene tutta l’enorme mole di materiale a disposizione. Il racconto è chiaro, anche se parte dal presupposto che chi guarda sappia che Wanna Marchi è stata condannata insieme alla figlia per truffa ed estorsione.
La serie, infatti, alterna il racconto cronologico dei fatti alle immagini del processo del 2006, soffermandosi in particolar modo sullo stile di vendita e di espressione di Wanna, sulla scelta di voler coinvolgere la figlia e sulle persone di cui si è circondata, sia nella vita privata che per le sue società.
La preoccupazione, iniziando a guardare gli episodi, era che il personaggio di Wanna Marchi ne uscisse in qualche modo come un’eroina e che quindi la docuserie potesse trasmettere un messaggio sbagliato. Invece, nonostante la presenza preponderante delle due protagoniste, quello che emerge è un ritratto piuttosto imparziale.
Lo spettatore riesce comunque a mantenere un certo distacco e a chiedersi fino all’ultimo come sia possibile che queste due donne non provino il minimo rimorso per quanto hanno fatto e, anzi, continuino ad avere un’opinione totalmente fuori da ogni logica: nella loro mente, tutti coloro che si sono ribellati o che le hanno denunciate, sono persone cattive o fesse per essersi fatte fregare. Insomma, di certo alla fine della docuserie non si empatizza con Wanna Marchi e Stefania Nobile (neanche nel finale, che evitiamo di spoilerare).
Wanna, cosa non ci è piaciuto della docuserie
Analizzando il peso dato alle varie componenti della vicenda, forse si poteva bilanciare maggiormente l’aspetto del racconto della sua ascesa, preponderante rispetto al resto. Ben due puntate sono dedicate alla donna che dal niente ha creato un impero con le sue televendite di prodotti dimagranti, che l’hanno resa famosa anche a livello nazionale, tanto da essere chiamata come ospite in diverse trasmissioni, con intervistatori di tutto rispetto come Enzo Biagi e Maurizio Costanzo. Poi la scelta di vendere il nulla, cioè i numeri e la fortuna, in seguito all’incontro con il sedicente Maestro di vita Do Nascimento.
Solo in una minima parte viene mostrato il ruolo che Striscia la notizia ha avuto nello smascherare il giro di affari, di truffe e di minacce e altrettanto carente ci è sembrato il racconto della fase che dai servizi del tg satirico ha portato al processo. O perlomeno, più che carente è sembrata sbilanciata per difetto rispetto allo spazio dato al resto.