Pierfrancesco Favino è Salvatore Todaro in “Comandante”, la pellicola di Edoardo De Angelis che ha aperto la Mostra del Cinema di Venezia 2023. Un eroe dimenticato della Regia Marina che, proprio grazie al film in concorso alla Biennale, sta pian piano diventando familiare al pubblico cinematografico (e non solo). La sua è una storia straordinaria, fatta di coraggio e di grandi difficoltà, superate grazie alla forza d’animo che l’ha accompagnato fino alla sua tragica scomparsa in combattimento.
Chi era Salvatore Todaro
Messinese, classe 1908, Salvatore Todaro è caduto in battaglia a dicembre 1942. Un eroe quasi sconosciuto ma moderno e che oggi, più che in ogni altro tempo, dovremmo ricordare e prendere come esempio. Oggi che il Mediterraneo non è un ponte ma un muro invalicabile che divide, che spezza e che è sempre di più una voragine che inghiotte e che non salva le centinaia di vite umane in cerca di una nuova occasione per vivere.
Il “Comandante”, che al cinema ha il volto di Pierfrancesco Favino, entra all’Accademia Navale di Livorno nel 1923, ricevendo la nomina di guardiamarina nel 1927 e di tenente di vascello nel 1928. Segue un corso specifico e viene poi assegnato a un reparto idrovolanti come osservatore. Il 27 aprile 1933 rimane vittima di un incidente aereo sul Savoia-Marchetti S.55 che gli causa una seria lesione alla colonna vertebrale.
Il suo senso del dovere gli ha però impedito di ritirarsi ed è rimasto in servizio attivo, se pur costretto dentro un busto di ferro che gli causava dolori tali da doverlo spingere a ricorrere alla morfina. Nel 1937 gli viene affidato il battello costiero H.4, quindi il Macallè e il Jalea, ancora nell’ambito della Guerra Civile Spagnola.
Il 1° luglio 1940, subito dopo l’entrata in guerra dell’Italia, è promosso capitano di corvetta al comando del Luciano Manara, prima di assumere la guida del nuovo sottomarino oceanico Comandante Cappellini, il meglio della flotta sommergibili della Regia Marina. Salpa così da La Spezia il 28 settembre 1940 in direzione della nuova base dei sommergibili italiani e forzando lo stretto di Gibilterra per iniziare la sua prima crociera il 3 ottobre.
Dopo aver affondato il Kabalo, nave belga che procedeva in mare aperto a luci spente, il Comandante dispone che gli uomini avvistati in acqua siano salvati e, con questi, le 21 persone a bordo della lancia, tra cui il capitano Georges Vogels. A questo punto, Todaro prende una decisione che va contro tutti gli ordini per i sottomarini in zona di guerra: non abbandona i naufraghi e li trae tutti in salvo, mandando il Cappellini in condizioni di sovraffollamento e quindi impossibilitato all’immersione, esponendolo così agli attacchi. Il Comandante non molla e quando si trova in condizioni di pericolo chiede una tregua a un convoglio inglese che gli permette di raggiungere le Azzorre.
La sua ultima missione
Salvatore Todaro era un sommergibilista atipico, con un modus operandi molto strano per un uomo della sua levatura. Poco amante dei siluri, ottiene di essere trasferito alla Xª Flottiglia Mas, alla ricerca di un altro tipo di combattimento, a capo di uomini e mezzi in superficie. Questo ottiene a Sebastopoli, in Crimea, dove ottiene la terza medaglia d’argento al valore militare.
Torna in Italia nel 1942 per un periodo brevissimo e viene assegnato al motopeschereccio armato Cefalo, a nord della costa della Tunisia. Qui organizza un attacco alla base nemica di Bona ma quando il Cefalo rientrava in porto viene mitragliato a bassa quota da uno Spitfire britannico. Salvatore Todaro muore ucciso da una scheggia. A lui è conferita la Medaglia d’oro al Valor Militare alla memoria ed è dedicato il sottomarino S-526, in servizio dal 2006.