SLA (Sclerosi laterale amiotrofica): cos’è, sintomi e cause

La SLA, o sclerosi laterale amiotrofica, è una malattia neurodegenerativa progressiva che colpisce le cellule nervose nel cervello e nel midollo spinale, portando alla perdita progressiva della funzione muscolare

Pubblicato: 16 Aprile 2024 10:43

Carlotta Dell'Anna Misurale

Medico

Laureata in Medicina, appassionata di neurologia. Vanta esperienze in ricerca, con focus sui misteri del cervello e l'avanzamento scientifico.

La Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), una patologia neurodegenerativa che colpisce prevalentemente in età adulta, è associata alla degenerazione progressiva dei motoneuroni situati nella regione spinale, bulbare e corticale. Questo processo degenerativo porta alla paralisi progressiva dei muscoli volontari, estendendosi fino a compromettere i muscoli responsabili della respirazione.

La patologia è conosciuta anche sotto il nome di malattia di Lou Gehrig, celebre giocatore di baseball americano, il cui caso emerse nel 1939 e contribuì a sensibilizzare il pubblico su questa malattia.

La denominazione “Sclerosi Laterale Amiotrofica” svela le peculiarità della malattia attraverso l’analisi etimologica dei suoi componenti. Il termine “amiotrofico” proviene dal greco, dove il prefisso “a-” sta per l’assenza, “mio-” si riferisce al muscolo, e “-trofico” significa nutrizione. Di conseguenza, il concetto di “amiotrofico” si traduce in “assenza di nutrizione muscolare”, una condizione che porta all’atrofia o al deperimento muscolare.

L’aggettivo “laterale” fa riferimento alle specifiche aree laterali del midollo spinale dove si localizzano le parti delle cellule nervose incaricate del controllo muscolare. La degenerazione in queste zone causa la formazione di tessuto cicatriziale o sclerosi, da cui deriva il nome della malattia.

Cos’è la SLA

La SLA colpisce il motoneurone (o neurone motorio), ossia una cellula del sistema nervoso centrale. Per questo è nota anche come “malattia del motoneurone”.

I motoneuroni sono essenziali non solo per il movimento, ma anche per attività vitali quali deglutizione, fonazione e respirazione. Il loro deterioramento porta a una paralisi progressiva dei muscoli da essi controllati.

Nell’ambito della SLA, si distinguono due categorie di motoneuroni coinvolti: i motoneuroni superiori, che collegano il cervello al midollo spinale, e i motoneuroni inferiori, che estendono la connessione dai neuroni motori superiori fino a ogni muscolo del corpo.

A causa della SLA, i motoneuroni perdono la capacità di trasmettere impulsi elettrici dal cervello e dal midollo spinale al muscolo, risultando nella inattività o paralisi muscolare.

Circa il 10-15% dei pazienti con SLA presenta anche sintomi di demenza frontotemporale dovuta alla degenerazione dei neuroni di questa area del cervello.

La SLA progredisce sino a colpire tutti i muscoli necessari per muoversi, parlare, mangiare e respirare. Purtroppo, come evidenziato prima, siamo di fronte ancora oggi a una patologia incurabile che culmina con il decesso.

Esordio e decorso della SLA

La SLA si manifesta prevalentemente in due tipologie cliniche: la forma familiare, riscontrabile nel 5% dei casi e caratterizzata da un coinvolgimento di più membri dello stesso nucleo familiare con un’età media di insorgenza intorno ai 63 anni; e la forma sporadica, che rappresenta il 95% dei casi e si presenta con una causa ancora indefinita, con esordio generalmente compreso tra i 40 e i 60 anni.

Si rileva una leggera maggior incidenza della patologia negli uomini rispetto alle donne, con un rapporto approssimativo di 1,2-1,5. La SLA in ogni caso è considerata una malattia rara: l’incidenza a livello globale è di 1,7 casi ogni 100.000 individui all’anno, e circa 1000 nuovi casi annuali in Italia.

Il monitoraggio dell’evoluzione della SLA e delle sue forme di presentazione è cruciale per lo sviluppo di strategie terapeutiche e di supporto per i pazienti e le loro famiglie.

Sintomi della sclerosi laterale amiotrofica

Analogamente ad altre malattie di origine neurologica, la SLA insorge spesso con una sintomatologia aspecifica. La patologia evolve in silenzio.

La SLA si manifesta quando la progressiva perdita dei motoneuroni supera la capacità compensatoria dei motoneuroni superstiti. I sintomi iniziali possono variare sensibilmente da soggetto a soggetto e spesso includono debolezza muscolare o rigidità: una persona potrebbe avere difficoltà ad afferrare una penna o sollevare un bicchiere, mentre un’altra persona potrebbe riscontrare un cambiamento nel tono della voce quando parla.

La SLA solitamente ha un esordio graduale e la progressione, ancora una volta, può differire in modo significativo da caso a caso. I sintomi possono iniziare nei muscoli che controllano la parola e la deglutizione, o nelle mani, braccia, gambe o piedi. Più in dettaglio, i segni della SLA variano in relazione alla classe di motoneuroni interessati.

In tale ottica, i sintomi connessi alla degenerazione dei motoneuroni superiori sono:

I disturbi, invece, da riferire alla perdita dei motoneuroni inferiori si configurano come:

L’evoluzione clinica della malattia

I sintomi che generalmente si osservano con il decorso della malattia comprendono:

La patologia non influisce, invece, sulle funzioni sensoriali, sessuali, vescicali e intestinali, che non subiscono alcuna alterazione. Tuttavia, è importante tenere presente che, a causa della progressiva immobilità e delle altre complicazioni legate alla SLA, i pazienti possono sperimentare indirettamente problemi in queste aree, come conseguenza secondaria della disabilità motoria e dell’immobilizzazione prolungata. Ad esempio, la mobilità ridotta può portare a complicazioni secondarie che interessano la funzionalità vescicale o intestinale. Per questo motivo, la gestione complessiva del paziente dovrebbe sempre considerare l’intero quadro clinico e il potenziale impatto sulle diverse funzioni corporee.

Sebbene nella maggior parte dei casi le persone colpite da SLA conservino intatte le funzioni cognitive e sensoriali, circa il 50% di esse può sviluppare danni cognitivi (difficoltà nell’apprendimento, nel linguaggio e nella concentrazione). Inoltre, circa il 10-15% delle persone con Sla sperimenta gravi mutamenti cognitivi e comportamentali che vengono diagnosticati come demenza frontotemporale (FTD).

Alcuni evidenze dimostrano che le mutazioni nel gene C9ORF72 sono la causa più comune di FTD, Sla e Sla-FTD ereditaria.

È importante evidenziare che anche i casi di Sla sporadica (in cui non è nota storia familiare) sono fortemente connessi a mutazioni in questo gene.

Cause della SLA

Oggi le cause esatte della SLA non sono note, tuttavia gli studi fin qui condotti lasciano ritenere che l’effetto combinato di molteplici fattori sia all’origine dell’insorgenza della malattia.

Tra i fattori riconosciuti come coinvolti nello sviluppo della Sclerosi laterale Amiotrofica si possono annoverare:

Fattori di rischio e predisposizione

Inoltre, tra i fattori di rischio ambientali per la SLA si possono ravvisare:

A tal riguardo, esiste per esempio uno studio epidemiologico condotto dall’Istituto Mario Negri di Milano in collaborazione con l’Ospedale universitario di Novara e l’Istituto Superiore di Sanità. Secondo lo studio, i calciatori professionisti si ammalerebbero di Sclerosi laterale amiotrofica mediamente due volte di più rispetto alla popolazione generale. Se giocano nella serie A, il rischio sarebbe addirittura 6 volte maggiore. Da quest’indagine non si deve desumere che l’attività sportiva sia nociva in sé.

A certi livelli, può anticipare la comparsa della sclerosi laterale amiotrofica nei soggetti predisposti geneticamente.

Per quanto riguarda la patogenesi della SLA, esiste un recente studio di un gruppo di ricercatori dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano che ha dimostrato che gli accumuli proteici già identificati a livello cerebrale sono presenti anche nel sistema nervoso periferico. Quest’ultimo potrebbe avere un ruolo di rilievo nella progressione della SLA, aprendo nuove prospettive per future terapie.

Attraverso la biopsia del nervo motorio, una tecnica diagnostica innovativa, è stato osservato che la proteina pTDP-43 si accumula all’interno dei nervi motori dei pazienti con SLA.

Questo accade prima che avvenga la degenerazione assonale tipica della malattia, suggerendo che questo evento precoce potrebbe concorrere alla patogenesi della SLA e rappresentare in futuro un possibile biomarcatore diagnostico.

Gestione del paziente con SLA

Al momento, la medicina non dispone di terapie in grado di prevenire o eradicare la SLA. La stima di sopravvivenza per il 50% dei pazienti affetti da SLA è intorno ai 30 mesi successivi alla comparsa dei sintomi.

Circa il 20% dei pazienti ha una sopravvivenza di 5 anni dall’esordio della malattia, e solo una percentuale tra il 5% e il 10% vive per oltre 8 anni. Casi di sopravvivenza superiore sono considerati eccezionali.

La causa principale del decesso in soggetti con SLA è frequentemente attribuita alla paralisi dei muscoli respiratori.

La gestione del paziente con SLA richiede un approccio olistico e multidisciplinare che comprenda un percorso riabilitativo e fisioterapeutico mirato. Questo è essenziale per mantenere il più possibile la funzionalità muscolare e l’autonomia del paziente, rallentando l’avanzamento della paralisi e migliorando la qualità della vita. Il percorso riabilitativo si focalizza sul rinforzo dei muscoli non ancora interessati dal processo degenerativo e sull’addestramento all’uso di ausili tecnici che possono compensare le perdite funzionali.

La fisioterapia è particolarmente cruciale nella prevenzione delle complicanze secondarie, come contratture e rigidità articolari, ed è fondamentale per la gestione dei sintomi, come la spasticità. Inoltre, essa svolge un ruolo chiave nel conservare il più a lungo possibile la capacità respiratoria attraverso specifici esercizi. Il sostegno psicologico è altrettanto importante, per aiutare il paziente e i suoi familiari ad adattarsi ai cambiamenti della vita quotidiana imposti dalla malattia. Pertanto, la gestione del paziente SLA deve essere personalizzata, proattiva e adattata all’evolversi della condizione clinica.

Fonti bibliografiche:

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