Ptosi palpebrale: cause, sintomi e terapie

La ptosi palpebrale è un abbassamento anomalo della palpebra superiore, che può interferire con la visione e può essere causato da debolezza muscolare, danni nervosi o altre condizioni

Pubblicato: 24 Maggio 2024 08:55

Chiara Sanna

Ottico

Diplomata in Ottica e Optometria, è abilitata ed esercita la professione di Ottico, affiancandola al proseguimento dei suoi studi in Scienze Infermieristiche.

Se il termine “ptosi” si intende una affezione in cui una o entrambe le palpebre sono più abbassate del loro normale livello per cui la rima palpebrale appare di ampiezza ridotta o addirittura assente, la ptosi palpebrale è la più diffusa.

Chi ne soffre parla di “palpebra calante”, in quanto l’occhio sembra chiudersi: la pupilla viene oscurata, talvolta solo in parte talvolta totalmente, e l’unico modo per risolvere il problema (non solo estetico) è la chirurgia.

Tipica dell’invecchiamento, la ptosi palpebrale può colpire anche i bambini. E può avere numerose cause.

Che cos’è la ptosi palpebrale

La ptosi palpebrale è la caduta, parziale o totale, della palpebra inferiore o superiore. Può essere monolaterale e riguardare dunque un solo occhio, oppure bilaterale e riguardarli entrambi.

La ptosi è lieve se l’abbassamento è inferiore ai 2 millimetri, moderata se è compreso tra i 2 e i 4 millimetri, grave se è superiore ai 4 millimetri.

Può inoltre essere congenita se è presente fin dalla nascita o acquisita se compare in un secondo momento.

Se nei bambini è causata da una distrofia del muscolo deputato al sollevamento della palpebra, o ad un deficit neurologico, negli adulti e negli anziani la causa è di norma l’involuzione senile del tendine del muscolo che solleva la palpebra.

Di norma, la ptosi palpebrale non nasconde altre patologie o è dovuta ad un trauma. In rari casi, però, può essere causata da malattie muscolari o neurologiche oppure da tumori.

Cause e tipologie di ptosi palpebrale

Per evitare che la palpebra “cada”, è necessario che lavorino perfettamente tutte le strutture che la tengono in posizione: il muscolo elevatore della palpebra superiore, il muscolo orbicolare, la placca neuromuscolare e il muscolo di Müller (muscolo tarsale superiore). Quando ognuna di esse svolge il suo lavoro, il margine palpebrale superiore si ferma 1-2 millimetri sopra la cornea e ha una distanza di 9-10 millimetri rispetto alla palpebra inferiore. In caso contrario, si verifica la ptosi palpebrale.

La principale distinzione viene operata tra ptosi congenita e ptosi acquisita, basandosi sulle sue cause.

Ptosi congenita

La ptosi congenita è una condizione presente sin dalla nascita, ed è causata di norma da uno sviluppo non completo del muscolo elevatore. A volte, a determinarla può essere invece un difetto genetico o cromosomico oppure una disfunzione neurologica. Diverse sono le sue sottocategorie:

Ptosi acquisite

La ptosi acquisita si presenta nel corso della vita adulta, ed è nella maggior parte dei casi dovuta ad un normale processo di invecchiamento.

La ptosi paralitica è dovuta alla paralisi dell’oculomotore comune, per lesioni di tipo nucleare, in corso di malattie del sistema nervoso o per lesioni a livello orbitario.

La prosi paralitica può essere associata anche a paralisi di altri muscoli oculari.

La ptosi miogena può essere senile o, più raramente, legata a sindromi miopatiche. Le prime sono causate da un’involuzione delle fibre muscolari del muscolo elevatore e del muscolo di Muller (muscolo tarsale superiore, impegnato nel movimento della palpebra), le seconde sono sono molto meno frequenti e sono dovute a patologie rare (malattia di Steinert, malattia di Basedow ecc.).

La ptosi aponeuretica si presenta in genere su soggetti predisposti a causa di un trauma o successivamente ad un intervento chirurgico (per il distacco della retina, per la cataratta), ed è dovuta all’apertura o alla disinserzione dell’aponeurosi (il tendine del muscolo che eleva la palpebra).

La ptosi simpatica è dovuta alla paralisi del muscolo di Muller che è innervato dal simpatico. È’ una ptosi lieve in quanto persiste l’attività dell’elevatore della palpebra.

La pseudoptosi non è dovuta da alterazioni muscolari o nervose bensì da cause meccaniche ad esempio un peso anormale delle palpebre conseguente a processi infiammatori o ad edema o a tumori, può renderne difficoltoso il sollevamento.

La ptosi neurotossica è dovuta all’avvelenamento e, poiché si accompagna spesso ad altri gravi sintomi, va trattata in regime d’urgenza.

Tra le patologie che più di frequente causano ptosi palpebrale troviamo:

Sintomi della ptosi palpebrale

La ptosi palpebrale è essa stessa un sintomo. Il paziente si accorge di soffrirne perché la palpebra superiore, di uno o di entrambi gli occhi, cade a coprire l’occhio. Può essere un processo lento, oppure può comparire all’improvviso, e può essere appena percettibile o coprire interamente la pupilla ostacolando o impedendo la vista.

Talvolta, la persona può avvertire altri sintomi quali una difficoltà ad aprire e a chiudere l’occhio, un cedimento della pelle sopra la palpebra e dolore attorno agli occhi. Se a soffrirne è un bambino, per provare a vedere meglio in genere solleva le sopracciglia o porta il capo all’indietro col rischio di avvertire mal di testa o torcicollo.

La più seria conseguenza della ptosi palpebrale è l’ambliopia (o “occhio pigro”), una riduzione della capacità visiva più o meno grave.

Diagnosi della ptosi palpebrale

L’oculista può diagnosticare la ptosi esaminando con particolare attenzione le palpebre, mediante palpazione delle stesse e dell’orbita oculare.

Prima di procedere con la valutazione dell’acuità visiva ed utilizzare colliri topici, sono rilevate in modo preciso le seguenti misurazioni:

Altre caratteristiche che possono aiutare a determinare la causa della ptosi palpebrale sono:

Durante l’esame, il medico è in grado di distinguere se le palpebre cadenti sono causate da ptosi o da una condizione simile, la dermatocalasi. Quest’ultima è un eccesso di pelle nella parte superiore o inferiore della palpebra per la perdita di elasticità del tessuto connettivo.

Ulteriori specifiche indagini sono condotte per determinare la causa della ptosi acquisita e pianificare il miglior trattamento. Ad esempio, se il paziente presenta segni di un problema neurologico o se l’esame degli occhi evidenzia una massa (o gonfiore) all’interno della cavità oculare, potrebbe essere necessaria una tomografia computerizzata (TC) o una risonanza magnetica (MRI).

Trattamenti della ptosi palpebrale

Il trattamento della ptosi dipende dalla sua gravità e dalle cause che l’hanno generata. Se la ptosi è congenita e lieve, senza ambliopia o problematiche quali lo strabismo o una curvatura della testa, in genere è sufficiente un suo periodico monitoraggio. Se lo ritiene opportuno, lo specialista può prescrivere specifici esercizi oculari per il rafforzamento dei muscoli, occhiali per la ptosi palpebrale o lenti a contatto ad hoc per il sostegno della palpebra.

I casi più gravi di ptosi palpebrale richiedono l’operazione chirurgica. La modalità d’intervento viene decisa in base alla serietà della ptosi e alla sua causa:

Dal duplice effetto, sia estetico che funzionale, l’intervento chirurgico è seguito dall’applicazione di un po’ di ghiaccio o di un bendaggio leggermente compressivo. Per le prime 24 ore, il paziente deve mantenere la testa sollevata. E, per dieci-venti giorni circa, è possibile che la cute sia arrossata, gonfia e livida. La visione potrebbe essere offuscata oppure doppia, e può esservi tendenza alla lacrimazione e maggiore sensibilità alla luce. Al di sotto della congiuntiva si possono verificare piccole emorragie, che tendono comunque a riassorbirsi dopo pochi giorni in modo spontaneo.

Possibili complicanze della correzione chirurgica della ptosi palpebrale sono:

È comunque bene, dopo l’intervento, evitare di guidare per qualche giorno, di compiere sforzi per le prime settimane, di indossare le lenti a contatto per almeno quindici giorni e di prendere il sole per due mesi. Il chirurgo valuterà quando togliere i punti di sutura, e prescriverà la terapia da seguire a base di pomate e di colliri antidolorifici, antibiotici e lubrificanti.

L’operazione chirurgica, tuttavia, viene riservata ai casi di ptosi palpebrale più seri, in cui il paziente presenta un campo visivo ridotto, ha assunto un atteggiamento viziato di testa e collo, ha spesso mal di testa per l’abitudine di aggrottare la fronte così da vederci meglio e ha un aspetto stanco. Negli altri casi, si tende a preferire una modalità d’intervento non chirurgica.

L’intervento riattacca e rafforza i muscoli elevatori, sollevando le palpebre e migliorando la visione. La correzione chirurgica, inoltre, consente di migliorare l’aspetto estetico. Se i muscoli elevatori sono estremamente deboli per svolgere il loro lavoro correttamente, il chirurgo può decidere di collegare la palpebra sotto il sopracciglio, in modo da permettere che siano i muscoli della fronte ad assumersi il compito di sollevarla. Immediatamente dopo l’intervento, per il paziente può essere difficile chiudere l’occhio in modo completo, ma questo effetto è solo temporaneo. In genere, lividi e gonfiore persistono per circa 2-3 settimane. In alcuni casi, possono essere prescritti colliri lubrificanti, antibiotici o antidolorifici. La guarigione dovrebbe avvenire entro sei settimane dall’operazione.

Fonti bibliografiche:

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