Ho 37 anni e sto insieme ad A. da una vita. Viviamo in un piccolo paesino vicino Milano, uno di quelli in cui tutti si conoscono. Ci conosciamo da quando siamo bambini e da adolescenti ci siamo fidanzati. Abbiamo vissuto un amore passionale e intenso, come era giusto per la nostra età. Poi ci siamo allontanati, prima durante gli anni dell’Università e poi a causa di vedute differenti. Ma da romantici fan del “certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano” ci abbiamo riprovato. Del resto dalla nostra avevamo tutte quelle esperienze condivise e il ricordo del primo amore che sembrava ancora vivo. Quello che non avevamo messo in conto, però, è che crescendo eravamo cambiati. Nonostante le discussioni sempre più frequenti abbiamo deciso di sposarci. Io ho lasciato il lavoro e la città e sono tornata nel paese. Alla fine, come ci si aspetta da tutte le coppie di lunga data, abbiamo avuto un figlio. È la mia gioia più grande ma non è il frutto di un amore, ma il tentativo disperato di salvare qualcosa che non esisteva già più da tempo. Ma nessuno si è salvato. Io e mio marito, adesso, viviamo come due perfetti sconosciuti, ma nessuno ha il coraggio di lasciare l’altro. Non mi stupirei se lui avesse un’amante, e forse neanche mi importa. Quello che davvero mi interessa è come mi sento io adesso: in una gabbia senza via d’uscita. Riuscirò a essere una brava mamma per quel bambino che non è nato dall’amore? I sensi di colpa e la paura mi stanno divorando.
Le aspettative che creano gli altri quando si trovano davanti a una storia d’amore che assume le forme evocative di una fiaba, sanno diventare davvero invadenti per gli altri. E se da queste ci facciamo condizionare è inevitabile che è a loro che conferiamo il potere di plasmare anche la nostra vita e i nostri stessi desideri a loro immagine e somiglianza.
Non ti biasimo per averlo fatto, del resto chi di noi può vantarsi di non essersi mai preoccupato delle opinioni degli altri? Dalla tua parte, poi, pendeva anche il peso di quei ricordi ingombranti che ti ricordavano, in ogni dove, quanto era stato bello sentirsi innamorata. Perché dalle tue parole mi pare evidente che tra te e A. c’è stato qualcosa di bellissimo, uno di quegli amori che riempiono di bellezza la gioventù e che non si possono dimenticare. E anche in questo, devo dirti, che non sei l’unica: chi di noi non si è mai perso nostalgicamente tra i ricordi del primo amore?
Tu però non ti sei solo persa, ma spinta dalle aspettative degli altri e dal tuo romanticismo, hai voluto rivivere quel ricordo tentando disperatamente di ricostruire qualcosa che ormai non esisteva più. Come tu stessa hai sottolineato, infatti, non hai fatto i conti con la realtà. Tu e A. non eravate più i bambini del paese, e neanche gli adolescenti innamorati e spensierati. Siete diventati degli adulti e probabilmente, con un’ingenua illusione, siete sfuggiti dalle vostre responsabilità.
Potrei dirti che è stato un errore, che ci si sposa per amore e per nient’altro, che la nascita di un figlio dovrebbe appartenere al desiderio condiviso di creare una famiglia. Ma queste sono cose che sai, e che probabilmente già utilizzi per colpevolizzarti. Farlo, però, non servirà a nulla. Non solo perché il passato non si può cambiare, ma anche perché questo ti ha regalato la tua gioia più grande.
E lasciami dire che ti sbagli quando dici che tuo figlio non è nato dall’amore, perché quello che provi per lui, e che probabilmente prova anche A., è un amore immenso e incommensurabile che per sempre ci sarà. Ed è da quello che ti invito a ripartire.
Abbandona i sensi di colpa e le paure che assimili al tuo ruolo, perché quello non è messo in discussione. Chiediti piuttosto perché non trovi il coraggio di lasciare un uomo che non ami, perché vuoi continuare a restare in questa gabbia per il resto della tua vita? Se è per il tuo bambino che lo fai, ricordati che tuo figlio non ha bisogno di una mamma perfetta, ma di una mamma felice. Ed è solo inseguendo la tua libertà che potrai diventare un esempio per lui.