Nella notte tra il 17 e il 18 maggio del 2015 Marco Vannini viene ucciso con un colpo di pistola nella casa di famiglia della sua fidanzata. La ricostruzione è confusa e disordinata e getta ombre e misteri sull’intera vicenda, tra la disperazione e il dolore di mamma Marina e di tutte quelle persone vicine a Marco.
Passano settimane e mesi e tra appelli disperati di Marina Vannini e suo marito Valerio che chiedono giustizia per il figlio, arriviamo al maggio del 2021. Sono passati 6 anni e solo ora, grazie alla condanna definitiva della Cassazione, il giovane ventenne di Cerveteri potrà riposare in pace.
Tra un lungo applauso in aula e la gioia di una giustizia avvenuta dopo tanto, troppo tempo, sono state confermate le condanne definitive per l’omicidio Vannini a Antonio Ciontoli, sua moglie Maria Pezzillo e i figli Federico e Martina. Una vicenda giudiziaria complessa e sofferta che non ha visto vincitori, ma solo vinti. Del resto, tutto ciò che ha chiesto in questi 6 lunghi anni, mamma Marina, era solo la verità e la giustizia per suo figlio, la cui vita è stata spezzata troppo presto.
Una madre che aspettava, come faceva sempre da quando Marco era fidanzato con Martina, il ritorno del figlio a casa, per abbracciarlo e baciarlo, per tornare a essere una famiglia. E invece quel figlio non è più tornato. E l’ultimo ricordo del suo Marco è legato a quella telefonata, a quella dolorosa richiesta di aiuto. Il giovane stava morendo e nulla è stato fatto per salvarlo. Insieme a lui è morta un po’ anche Marina, o almeno la parte più grande del suo cuore.
Intanto passano gli anni e il 14 aprile del 2018 Antonio Ciontoli viene condannato a 14 anni per omicidio volontario, mentre il resto della sua famiglia viene di omicidio colposo. I giudici avevano osservato che “Ciontoli ha consapevolmente e reiteratamente evitato l’attivazione di immediati soccorsi per evitare conseguenze dannose in ambito lavorativo“, essendo lui maresciallo della Marina Militare e arruolato nel RUD. In appello, però, la pena viene ridotta a 5 anni.
Una sentenza che scatena la rabbia dei genitori del giovane Vannini e che viene impugnata dalla procura generale di Roma, che sostiene, invece, la tesi dell’omicidio volontario con dolo eventuale. Ora la Cassazione ha emesso la sentenza definitiva e Marina può smettere di lottare.
“La scorsa settimana me lo sono sognato: mi diceva ‘mamma andrà tutto come deve andare” – ha confessato la donna ai giornalisti presenti fuori l’aula del tribunale – “Non l’ho detto neanche a mio marito. Era bello, stava al mare. Ci siamo battuti per 6 anni, la paura c’è sempre ma ci abbiamo creduto fino alla fine”.
È stato un percorso lunghissimo e pieno di dolore che si è aggiunto alla già traumatica elaborazione di un lutto così importante nella vita della donna. Perché mai nessuna madre dovrebbe separarsi da un figlio così. E in questi anni trascorsi dalla tragedia, che ha segnato la famiglia, ma anche l’Italia intera, non ha mai parlato di vendetta, mamma Marina, ma solo di giustizia.
E oggi, che Antonio Ciontoli è stato condannato in via definitiva a 14 anni per omicidio volontario e i suoi familiari a nove anni e 4 mesi per concorso anomalo, quella giustizia è stata fatta.