Lucrezia Lante Della Rovere, il suo Pirandello al femminile: “Una svolta verso la vita”

Lucrezia Lante Della Rovere ci racconta chi è la donna vestita di nero che interpreta a teatro nell'adattamento de "L'uomo dal fiore in bocca"

Pubblicato: 8 Aprile 2022 16:37

Federica Cislaghi

Royal e Lifestyle Specialist

Dopo il dottorato in filosofia, decide di fare della scrittura una professione. Si specializza così nel raccontare la cronaca rosa, i vizi e le virtù dei Reali, i segreti del mondo dello spettacolo e della televisione.

Lucrezia Lante Della Rovere non ha certo bisogno di presentazioni. È una delle attrici italiane più raffinate e profonde. Ha lavorato con grandi registi, come Pupi Avati e Mario Monicelli. In tv l’abbiamo vista in serie di successo, come Orgoglio, Lo smemorato di Collegno, La dama velata, Bella da morire, solo per citare qualche titolo.

Fino al 10 aprile è a teatro, all’Argot Studio di Roma, con L’uomo dal fiore in bocca di Luigi Pirandello, adattamento e regia Francesco Zecca. Lucrezia Lante Della Rovere ci ha raccontato del suo nuovo spettacolo. Il capolavoro del maestro siciliano, presentato per la prima volta nel 1922 al Teatro Manzoni di Milano, affronta da vicino il tema della morte imminente e ha come protagonista una figura femminile, la donna vestita di nero. Il testo di Pirandello mette al centro il dramma di un uomo che decide di allontanarsi dalla vita e anche dalla moglie che rappresenta il passato, i ricordi, la vita stessa. Lo spettacolo con Lucrezia Lante Della Rovere dà voce alla donna muta che Pirandello ha solo fatto intravedere, una donna a cui l’unica cosa rimasta è quella di “attaccarsi con l’immaginazione alla vita “cercando di non lasciar andare il marito.

Chi è la donna vestita di nero che interpreta nell’Uomo dal fiore in bocca?
La donna vestita di nero è un personaggio che nella commedia originale di Luigi Pirandello è raccontata solo esclusivamente come una didascalia. Non parla, però c’è, perché è la moglie dell’uomo dal fiore in bocca, personaggio che filosofeggia e andrà a confessarsi con uno sconosciuto, l’avventore, prima di morire. L’uomo dal fiore in bocca infatti sta morendo, ha un tumore, un epitelioma sotto il baffo. Nella pièce originale la donna vestita di nero è come se non esistesse. Non so per quale motivo Pirandello ha fatto questa scelta: se voleva raccontare la dipartita di un uomo senza le interferenze della moglie oppure se c’è una sorta di maschilismo, perché l’uomo la caccia via, la prende anche a calci, le dà della noiosa accusandola di fargli le pulci mentre lui vorrebbe morire in pace.

Fonte: Manuela Giusto
Lucrezia Lante Della Rovere

La donna vestita di nero finalmente parla: per dire che cosa?
Francesco Zecca, regista di questo spettacolo, ha avuto l’idea di riabilitare la donna, di reinventarla, perché non è una figura secondaria, è la moglie dell’uomo dal fiore in bocca. E quindi Francesco si è messo nei panni di questo personaggio e di come la storia viene vissuta in un’altra maniera, però usando le parole di Pirandello. Il protagonista l’abbiamo fatto morire, perché comunque era malato, e lei vive e sopravvive anche in maniera ossessiva, facendo praticamente la stessa cosa che faceva lui, cioè cercando di immaginare la vita. Lui infatti trascorreva le sue giornate davanti alle vetrine fantasticando ipotetiche storie, per non pensare al suo tumore e alla sua morte e rideva delle piccolezze della vita degli altri. La stessa cosa inizia a farla lei nel dolore di un marito che non c’è più, nel dolore di una risposta che non ha avuto da questo uomo. Quindi noi usiamo lo stesso testo di Pirandello ma mettendolo in bocca alla donna vestita di nero.

Suo marito si allontana da lei per staccarsi dal passato e dalla vita; al contrario lei non vuole lasciarlo andare via: ci spiega questo dramma?
Il marito la allontana perché vuole morire in pace. Nella commedia lui va a chiedere a uno sconosciuto dei fili d’erba. Questi fili d’erba rappresentano i giorni di vita. L’uomo dal fiore in bocca vorrebbe rimanere attaccato alla vita. La moglie invece si dilania dal dolore, perché non capisce per quale motivo questi giorni di vita, metaforici ovviamente, non li abbia voluti condividere con lei ma si è rivolto a uno sconosciuto. Il nostro spettacolo è una specie di mantra dove io riscostruisco una sorta di bara di fili d’erba, cioè di giorni di vita che io anelavo avere con lui. E non riesco a capire come mai lui non li abbia chiesti a me ma a uno sconosciuto.
Però questo spettacolo ha una svolta verso la vita. Nella frase conclusiva il personaggio di Pirandello vede le albicocche, le spacca a metà e le mangia così come sono. Le albicocche rappresentano lo spiraglio di luce, è la vita che al di fuori di tutte le logiche è meravigliosa e va presa così com’è. In fondo, non si può immaginare la vita senza la morte, il dualismo vita-morte non regge, è tutto un pacchetto. Ma finché siamo vivi, vincono le albicocche, vince la vita, l’esistenza appunto.

Fonte: Manuela Giusto
Lucrezia Lante della Rovere

Come si è preparata per interpretare questo personaggio?
Io e Francesco abbiamo lavorato durante il lockdown a questo spettacolo che è nato nel soggiorno di casa mia. Quindi nella sfortuna, perché non eravamo molto contenti del periodo che stavamo vivendo, ma nella fortuna di avere molto tempo a disposizione. Abbiamo potuto approfondire molto il testo, mettendoci molto di nostro, facendolo aderire anche alla nostra vita. Quando il mio personaggio dice: ‘Io vorrei aderire alla vita, ma alla vita degli altri, non alla mia’ è una metafora anche di quello che abbiamo vissuto in quel momento in cui non potevamo lavorare perché c’era la pandemia, e quindi sentivamo il bisogno di vivere immaginando. Che poi è quello che fa l’attore e che fa anche il mio personaggio.

Abbiamo parlato della pandemia, è emozionante tornare a teatro dopo quello che è successo?
Assolutamente sì, anche se casa mia in questi giorni sembra un centralino. In tanti mi chiamano per disdire, perché ci sono di nuovo molti positivi. Quindi bisogna procedere con cautela ed essere molto calmi, perché ancora non è del tutto finita. Però andiamo avanti.

Oltre a teatro, la vedremo in altri progetti? Lei ha anche lavorato molto in tv e per il cinema
Spero di sì [ride ndr]. Vi farò sapere presto.

Parlando di lei, qual è il suo film preferito?
Ce ne sono tanti. Però quello che cito sempre, che mi sarebbe piaciuto fare è I ponti di Madison County con Meryl Streep e Clint Eastwood. Anche se adesso ho appena visto la serie televisiva, Scene da un matrimonio con Jessica Chastain, che ha vinto l’Oscar quest’anno come miglior attrice [per il film Gli occhi di Tammy Faye, ndr] che mi ha appassionato molto. A me piacciono le storie intimistiche, romantiche… Insomma non i film di fantascienza [ride ndr].

Invece un autore teatrale o una pièce che ama particolarmente, escluso Pirandello?
Pirandello è un comunque un autore che amo molto perché affronta spesso il tema dell’identità. Avevo lavorato anche al Come tu mi vuoi. Un altro autore? Direi Shakespeare che è sempre il numero uno. E poi con lui si possono coniugare cinema e teatro, penso a Macbeth, il film di Kenneth Branagh.

Fonte: Manuela Giusto
Lucrezia Lante Della Rovere

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