Mary Shelley e il suo mostro: così nasceva Frankenstein

È stata una scrittrice di talento, pioniera del romanzo fantascientifico. Ma anche una donna libera e determinata alla quale la vita non ha fatto sconti

Pubblicato: 17 Ottobre 2022 13:17Aggiornato: 4 aprile 2024 09:03

Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Quando parliamo di Frankenstein, impropriamente, ci riferiamo al mostro che popola l’immaginario collettivo. Al protagonista delle pellicole horror, alla maschera da sfoggiare ad Halloween, all’uomo nero che fa paura ai bambini. Ma è anche, e soprattutto, molto altro.

È la creatura nata dalla penna di Mary Shelley, una delle più grandi scrittrici della storia della letteratura. Una donna forte, determinata e straordinaria, considerata una femminista ante litteram, nonché la madre del romanzo di fantascienza. Una donna libera delle convinzioni e dalle restrizioni che vigevano in una società dominata da soli uomini. Una donna alla quale la vita non ha risparmiato dolori.

Mary Shelley è stata un’adolescente ribelle, una ragazza madre che ha affrontato la morte della sua bambina da sola. Che ha dovuto lottare contro la sua stessa famiglia per inseguire l’amore. È stata la donna che a soli 18 anni ha creato Frankenstein, non un mostro, ma una storia che parla di paure e di sentimenti, di passioni e di rifiuto, un capolavoro gotico e fantascientifico che ha creato un mito che, a distanza di secoli, ancora oggi vive e sopravvive nella cultura di massa.

Chi era Mary Shelley

Mary Wollstonecraft Godwin è nata a Londra il 30 agosto del 1797. È figlia dei filosofi William Godwin e Mary Wollstonecraft, considerata la fondatrice del femminismo liberale. Sua madre, però, non potè insegnarle nulla del mondo e di quelle idee che volevano cambiarlo, perché dopo 10 giorni dalla nascita di Mary morì a causa di una setticemia.

La piccola Shelley, rimasta sola con suo padre e le sue sorelle, nate da relazioni extraconiugali della madre, conobbe così il primo grande dolore della sua vita. Nonostante l’assenza della figura materna, Mary ebbe un’infanzia piuttosto spensierata fino all’arrivo di Mary Jane Clairmont, seconda moglie del padre. La matrigna, anche lei madre, antecedeva i bisogni dei suoi figli a quelli di Godwin.

Nonostante questo, Mary si dimostrò subito una ragazza tenace e determinata, capace di ottenere tutto ciò che desiderava dalla vita. Scriveva e leggeva molto, e faceva i conti con il pensiero filosofico e ingombrante della sua defunta madre e di suo padre.

Nel 1812 viene mandata in Scozia a studiare nella casa di William Baxter. È qui che iniziò a scrivere, è qui che la sua vocazione prese forma. Faceva spesso ritorno a casa, però, ed è proprio in una di queste occasioni che conobbe il poeta e filosofo Percy Bysshe Shelley, amico di famiglia nonché discepolo di suo padre.

Percy Shelley diventò il grande amore di Mary. Anche se l’uomo era sposato i due iniziarono una relazione clandestina che venne nascosta alla famiglia. Una volta confessato il loro amore a tutti, vennero ripudiati dal padre che cercò di ostacolare quella relazione anche per mantenere integra la reputazione di sua figlia. Lo fece senza successo, però, perché nel 1814 i due fuggirono in Francia per vivere liberamente il loro amore. Insieme a loro andrà anche Claire, la sorellastra di Mary.

I tre raggiunsero Parigi per poi arrivare in Svizzera. In questo periodo decisero di tenere un diario comune, per annotare le loro avventure. Lo stesso diario che, nel 1817, diventò l’opera narrativa Storia di un viaggio di sei settimane.

Non fu un viaggio facile, quello di Mary, Percy e Claire che dopo la Svizzera raggiunsero l’Inghilterra. I tre dovettero fare i conti con diversi problemi finanziari e anche con un altro grande dolore che stava per abbattersi sulla loro vita. Mary, infatti, era rimasta incinta e la sua salute era spesso cagionevole. In quei mesi Percy era spesso lontano da casa perché costretto a fuggire dai creditori. A consolare la scrittrice però c’era Hogg, un amico di famiglia che divenne il suo amante, su stesso invito del compagno. Mary e Percy, infatti, condividevano gli ideali di amore libero.

Nonostante le diverse relazioni di entrambi, come Mary Shelley scriveva, Percy era e resterà sempre il suo grande amore.

Il 22 febbraio del 1815 Mary diede alla luce la sua bambina Clara che però morì dopo due settimane dalla nascita. Fu quello un momento molto difficile per la scrittrice seguito da profonda depressione che l’accompagnò per diversi mesi.

Frankenstein e la nascita di un capolavoro

Nel gennaio del 1816, Mary e Percy diedero alla luce il loro secondogenito che fu chiamato William in onore del padre di lei, anche se i rapporti con quest’ultimo erano ormai compromessi. Insieme a Claire, che nel frattempo aveva iniziato una relazione con il poeta Lord Byron, si trasferirono a Ginevra. Fu allora che, trascorrendo le giornate scrivendo, chiacchierando e andando in barca, Mary creò il suo capolavoro.

Tutto nacque durante una serata piovosa dove con gli amici si riunirono in casa per parlare degli esperimenti di Erasmus Darwin, del galvanismo e della possibilità di ridare vita alle parti di un corpo ormai deceduto. Per gioco Mary scrisse un racconto breve per gli amici, gettando inconsapevolmente le basi del suo futuro romanzo.

Frankenstein o il moderno Prometeo fu pubblicato nel 1818 in forma anonima e con la prefazione di Percy Shelley, motivo per il quale i critici attribuirono l’opera a lui. Con questo romanzo emergono quelle figure che oggi sono un vero e proprio fenomeno culturale, Victor Frankenstein e il suo mostro che spesso, ed erroneamente, viene chiamato con il nome dello scienziato.

Il romanzo è uno dei capolavori della letteratura, nonché un mito controverso e ancora molto discusso. Non si tratta della storia di un mostro, quanto più della narrazione delle paure umane davanti a ciò che non si conosce, davanti a ciò che è diverso.

Successi e tormenti

Frankenstein o il moderno Prometeo è stato il romanzo di esordio di Mary Shelley, nonché uno dei suoi più grandi capolavori conosciuti dal vasto pubblico. Molti dei suoi scritti successivi, invece, furono riscoperti e analizzati solo dopo la morte della scrittrice.

Dopo la pubblicazione del romanzo, Mary continuò a scrivere, anche se alle gioie momentanee della sua vita, si alternavano dei dolori sempre troppo grandi da sopportare. Sua sorella, Fanny Imlay, si suicidò e la scrittrice continuò a vivere con i sensi di colpa di averla lasciata nella casa paterna, insieme alla matrigna. Suo padre, che insabbiò il suicidio spacciandolo per una malattia mortale, impedì a sua figlia di partecipare ai funerali della sorella.

Un altro dolore fece presto capolino nella vita di Mary che si ritrovò a dire addio a suo figlio William, morto di malaria a Roma nel 1819. Queste perdite gettarono la scrittrice in un profondo sconforto, una depressione che l’allontanò anche dal suo amato Percy.

In quello stesso anno, però, Mary e Percy diedero alla luce un altro figlio, anche se la loro relazione non migliorò. Sempre più debilitata, la Shelley prese consapevolezza che le attenzioni di suo marito erano rivolte più alle altre donne che a lei. Ma lo accettava, del resto entrambi avevano scelto di essere liberi, anche nell’amore. Nel 1822, però, la notizia della morte di Percy cambiò tutto, questo sarà l’ultimo grande dolore per Mary.

Dopo la scomparsa del marito, Mary Shelley trascorse il resto della sua vita dedicandosi alla scrittura e a suo figlio. Insieme girarono l’Europa, raccontando quel viaggio nell’opera A zonzo per la Germania e per l’Italia. Dal 1839, però, la salute di Mary peggiorò in maniera drammatica, fino a impedirle di leggere e anche di scrivere. Morì all’età di 54 anni, nel 1851, a causa di un tumore cerebrale.

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