Non aveva ancora compiuto 30 anni, Irena, quando arrivata a Varsavia scelse consapevolmente di fare qualcosa, di cambiare per sempre il destino dei bambini. La sua attività da infermiera non bastava più, lei quelle persone non voleva solo curarle, ma portarle via da quell’inferno. Così lo fece, si procurò documenti falsi e salvò la vita a 2500 bambini ebrei, portandoli via dal ghetto di Varsavia. Questa è la storia di Irena Sendler, questa è la storia di un’eroina.
Irena Sendler
Nata all’anagrafe Irena Krzyżanowska il 15 febbraio del 1910 a Varsavia, l’infermiera e assistente sociale polacca è ricordata per il suo grande contributo alla Resistenza, alla quale partecipò con il nome di battaglia Jolanta. Durante la Seconda Guerra Mondiale, insieme a una ventina di collaboratori, salvò circa 2500 bambini ebrei da un destino già segnato, portandoli via dal ghetto di Varsavia. Tra questi c’era anche Elżbieta Ficowska.
Cresciuta nella periferia di Varsavia Irena sin da bambina aveva un obiettivo, quello di seguire le orme di suo papà Stanisław Krzyżanowsky, un medico che curava gli ebrei gratuitamente, mentre i suoi colleghi si rifiutavano di farlo. Fu proprio durante queste cure che suo papà si ammalò di tifo e morì nel 1917.
I responsabili della comunità ebraica, come segno di riconoscenza per l’attività del medico Krzyżanowsky si offrirono di pagare gli studi alla piccola Irena. Nonostante la ragazza fosse di religione cattolica, come la famiglia, empatizzò molto presto con gli ebrei. Non stupisce, quindi, la sua forte contrarietà nei confronti della ghettizzazione che le costò anche la sospensione dall’Università di Varsavia. Conclusi gli studi, Irena iniziò a lavorare come infermiera e come assistente sociale.
Nel 1939 si trasferì a Varsavia. Erano gli anni del ghetto e dello sterminio, gli stessi in cui i destini degli ebrei sembravano segnati per sempre. Irena sapeva che era arrivato il momento di fare qualcosa.
Sono stato educata a credere che una persona debba essere salvata quando sta annegando, indipendentemente dalla religione e dalla nazionalità.
Irena Sendler in “Il racconto di sopravvivenza dell’eroina dell’Olocausto” di Adam Easton
I bambini del ghetto di Varsavia
Erano 500.000 le persone rinchiuse all’interno del ghetto di Varsavia, il più grande istituito dal Terzo Reich in Polonia. Tra queste c’erano anche 85000 bambini, costretti a sopravvivere in condizioni terribili. Irena Sendler capì che opporsi semplicemente non poteva bastare. Così scelse di entrare nel ghetto per cambiare le cose. Ufficialmente ottenne un lasciapassare come addetta alla disinfestazione, ufficiosamente vi entra per salvare i destini di quei bambini.
Non aveva neanche 30 anni quando, con coraggio, insieme ad altri collaboratori salvò la vita dei più piccoli. Non si sa con certezza quanti ne abbia portati via, ma gli storici parlano di almeno 2500 bambini. Irena li portò lontano dal ghetto, con documenti falsi, per affidarli a nuove famiglie.
In quegli anni l’infermiera polacca entrò a far parte del Consiglio per l’aiuto agli ebrei, e come membro attivo della Resistenza polacca scelse il nome di Jolanta. Insieme ai suoi collaboratori, circa una ventina, prendeva i bambini e li addormentava con dei sonniferi per chiuderli nei sacchi. Ai membri della Gestapo questi sembravano morti. E fu proprio grazie a questo escamotage che li portò via dal ghetto. I bambini era salvi, e lo erano grazie a Irena.
La prigione e il carcere
Quando la Gestapo si accorse dei movimenti dell’attivista Jolanta, l’arrestò. Il 20 ottobre del 1943 l’infermiera fu torturata brutalmente per tre lunghi mesi. Volevano una confessione, ma lei non parlò. Così venne condannata a morte e trasferita nel carcere di Pawiak per essere fucilata.
Grazie all’intervento dell’organizzazione clandestina Zegota, che riuscì a corrompere un generale nazista con in cambio di denaro, il suo nome venne registrato tra quelli già giustiziati. Irena era libera e poteva fuggire. Lo fece, costretta a vivere nell’anonimato, ma mai abbandonando la causa. Continuò a collaborare con la Resistenza Polacca e, pur non potendo più entrare nel ghetto, continuò ad agire da esterna coordinando il salvataggio dei bambini ebrei.
Avrei potuto fare di più. Questo rimpianto non mi lascia mai.
Irena Sendler, in una conversazione con Marek Halter. Who Saved 2500 Jewish Children, Dies at 98, in haAretz
Dopo la guerra
Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, l’attività di Irena non si fermò. La donna continuò a lavorare a operare per tutta la vita salvando gli altri. Contribuì alla creazione di orfanotrofi e centri di assistenza per mamme e bambini in difficoltà. Ma non fu lasciata libera di operare e, anzi, nel 1949 fu arrestata dai membri del regime comunista perché sospettata di aiutare il governo in esilio. Erano gli anni della Repubblica Popolare Polacca, quelli in cui tutti sembravano essersi dimenticata di lei e di quello che aveva fatto.
I premi e i riconoscimenti
La sua storia e le sue gesta memorabili furono riportate alla luce solo nel 1999 quando, alcuni studenti di una scuola superiore del Kansas, decisero di dare vita a un progetto per far conoscere la sua vita e il suo operato. Venne messa in scena Life in a Jar, un’opera teatrale il cui nome, la vita in un barattolo, si ispirava alla modalità con la quale Irena aveva conservato i nomi dei bambini ebrei che aveva salvato.
Li aveva custoditi proprio in un barattolo di vetro, sotto un albero del suo giardino per consegnarli poi a loro una volta terminata la guerra, e permettergli di scoprire così le proprie origini.
Da quel momento la sua storia è stata riconosciuta e raccontata al mondo intero. Anche papa Giovanni Paolo II, nel 2003, le inviò una lettera di ringraziamento per il suo operato. L’anno successivo Irena ottiene il il premio Jan Karski “Per il coraggio e il cuore”, da parte del Centro Americano di Cultura Polacca a Washington. Nel 2006 l’associazione ”I figli dell’Olocausto” in collaborazione con il Ministero degli Esteri istituiscono il premio Irena Sendler. Nel 2007, l’infermiera polacca, è stata candidata al Premio Nobel per la pace.
Il 12 maggio del 2008, Irena è morta a Varsavia, lasciando un vuoto incolmabile, ma un ricordo indelebile straordinario nella memoria collettiva della Polonia e del mondo intero.
Gli eroi fanno cose straordinarie. Quello che ho fatto non è stata una cosa straordinaria. Era normale.
“Irena Sendlerowa: assistente sociale di Varsavia che ha salvato migliaia di persone dal ghetto ebraico” di Rupert Cornwell in The Independent