È stato uno scrittore, un giornalista e un costumista, un pittore e un poeta. È stato un artista visionario e fiabesco, Dino Buzzati, e imprigionarlo in una sola etichetta non basterà a restituire l’immensità dell’uomo e della sua opera. Lui, che insieme a Italo Calvino, è ancora considerato uno dei più grandi scrittori del ‘900 italiano, sempre lui che per i suoi racconti si è guadagnato l’appellativo di “Kafka italiano”.
Straordinaria è la sua eredità, quella fatta di racconti e romanzi che, ancora oggi, incuriosiscono e incantano intere generazioni. Affascinante è la sua storia, quella che va dagli esordi al grande successo, la stessa che gli ha fatto guadagnare un posto d’onore nella letteratura nostrana e nell’immaginario collettivo. Riscopriamola insieme.
Dino Buzzati
Dino Buzzati nasce il 16 ottobre del 1906 a San Pellegrino, in provincia di Belluno e sin da piccolo si interessa all’arte e alla lettura. Le sue passioni sono tante e diverse: il violino e il pianoforte, ma anche il disegno e la montagna. E tutte influenzeranno, in un modo o nell’altro la sua produzione successiva. La musica, per esempio, sarà la spinta per realizzare alcuni libretti per l’Opera, mentre l’amore per la montagna lo porterà a scrivere quello che è stato il suo primo romanzo: Bàrnabo delle montagne.
Dino trascorre un’adolescenza piuttosto travagliata. Alla sola età di 14 anni, infatti, deve fare i conti con il primo grande addio della sua vita: suo padre muore a causa di un tumore. Un terribile episodio che, non solo scava il suo cuore, ma che lo porta anche a sviluppare una sorta di ossessione basata sul timore di essere colpito dalla stessa malattia. Nonostante le difficoltà, però, quel giovane ragazzo trova il modo per andare avanti e rifugiandosi negli studi, scopre la passione per la scrittura.
“Ogni vero dolore viene scritto su lastre di una sostanza misteriosa al paragone della quale il granito è burro. E non basta una eternità per cancellarlo.”
Inizia a scrivere, Dino Buzzati, e da quel momento non smetterà mai più. Sogna, inoltre, di realizzare il suo primo romanzo. Ma per accontentare i desideri della famiglia sceglie di iscriversi all’Università di Giurisprudenza laureandosi il 10 ottobre del 1928.
«Cent’anni fa una pagella con tutti sei e sette era più che dignitosa; era buona, anzi. Oggi, invece, se Dino Buzzati prendesse tutti sei e sette significherebbe che sa il grosso delle declinazioni (sette in latino e greco) e se la cava a non fare troppi errori di grammatica e a dimostrare mezzo teorema (sei in italiano e matematica). No, non è Dino Buzzati che andava male a scuola, è la scuola che poi ha deciso di far andare bene tutti. E se Dino Buzzati la frequentasse adesso, di fronte a un sei o a un sette protesterebbe per il voto modesto, accuserebbe il professore di averlo in antipatia, schiererebbe genitori, medici e psicologi per ottenere esoneri o arrotondamenti – e non diventerebbe Dino Buzzati» (Antonio Gurrado, su Il Foglio)
Il deserto dei Tartari e i grandi successi
Sul finire degli anni ’20, poco prima di conseguire la laurea, Dino Buzzati inizia a lavorare come redattore, e poi come inviato, per il Corriere della Sera. Negli anni successivi, invece, si dedicherà alla scrittura di racconti brevi pubblicati anche sulle pagine del giornale.
Nel 1933, invece, realizza il suo sogno e pubblica il suo primo romanzo. Bàrnabo delle montagne è un successo, il romanzo fa conoscere lo scrittore al grande pubblico che spinto dalla creatività, due anni dopo, pubblicherà anche Il segreto del Bosco Vecchio. Entrambe le opere, successivamente, vedranno la loro trasposizione cinematografica a cura dei registi italiani Mario Brenta ed Ermanno Olmi.
Il 9 giugno 1940, Dino Buzzati firma uno dei suoi più grandi capolavori. Il deserto dei Tartari diventa in poco tempo il simbolo rappresentativo della letteratura del ‘900 italiano. Anni dopo il romanzo supererà anche i confini italiani per affermarsi best seller anche in Francia. Nel 1976, invece, Valerio Zurlini realizzerà una pellicola omonima lasciandosi ispirare dal racconto dello scrittore.
L’opera narra la storia di un ragazzo alle prese con il servizio militare che si ritrova improvvisamente in un posto chiuso, isolato e fuori dal mondo. Col trascorrere del tempo però il giovane inizia ad abituarsi fino a legarsi particolarmente a questo posto, dove ha perso i contatti con tutto il resto. Da questo romanzo emergono chiaramente alcuni riferimenti alle situazioni della vita reale grazie anche alle descrizioni particolarmente accurate dei personaggi. Precisamente, la situazione del giovane militare rappresenta la vita dell’essere umano che deve affrontare dei difficili momenti di solitudine ed isolamento, il quale viene raffigurato appunto dalla fortezza nella quale è molto facile perdere definitivamente le speranze. E forse anche se stessi.
Con questo romanzo, lo scrittore cerca di comunicare che per l’essere umano è meglio non avere delle grandi ambizioni, poiché deve sapersi accontentare delle piccole cose. Il mondo e le situazioni della vita non offrono tanto e questo può distruggere qualsiasi tipo di illusione, soprattutto quando si desiderano grandi cose. Dopo aver ottenuto questo enorme successo, Buzzati si reca a Napoli, ma quando la seconda guerra mondiale è alle porte, parte come corrispondente di guerra e operatore militare per la Marina di Marisicilia.
“Meravigliosa è la forza dei deserti d’Oriente fatti di pietre, di sabbia e di sole, dove anche l’uomo più gretto capisce la propria pochezza di fronte alla vastità del creato e agli abissi dell’eternità, ma ancora più potente è il deserto delle città fatto di moltitudini, di strepiti, di ruote d’asfalto, di luci elettriche, e di orologi che vanno tutti insieme e pronunciano tutti nello stesso istante la medesima condanna.” (La boutique del mistero)
L’immensa eredità
Intanto continua sempre ad inviare i suoi contenuti al giornale. Negli anni seguenti diventa sostituto per un breve periodo di Leonardo Borgese, svolgendo il ruolo di critico d’arte del Corriere. Successivamente collabora anche con Domenica del Corriere, dove si dedica prevalentemente ai titoli e alle didascalie. In seguito a questo successo però, la vita di Dino Buzzati va incontro a un periodo buio e difficile a causa della morte della madre. Dopo questo triste episodio, lo scrittore realizza la raccolta “I due autisti” basata su quel terribile lutto.
Gli anni successivi, invece, lo vedono affrontare numerosi viaggi, sempre come inviato della rivista. Nel 1966 lo scrittore sposa Almerina Antoniazzi. A lei, e a quella relazione, è ispirata l’opera “Un amore”. In seguito, lo scrittore ottiene anche il premio giornalistico Mario Massai grazie ai suoi contenuti pubblicati sul Corriere della Sera in relazione all’argomento dello sbarco dell’uomo sulla Luna. Tuttavia, Dino Buzzati si è sempre dedicato anche alla pittura e al ruolo di illustratore, una passione che, in realtà, non ha mai trascurato tanto che i suoi disegni vengono sin da subito apprezzati dal pubblico in alcune esposizioni.
Sono un pittore il quale, per hobby, durante un periodo purtroppo alquanto prolungato, ha fatto anche lo scrittore e il giornalista
Letteratura, arte e pittura si fondono e si confondono diventando prova e testimonianza della visione di Buzzati. Le sue opere pittoriche, infatti, trovano forti collegamenti con le atmosfere descritte minuziosamente nei suoi racconti. È lui stesso a definire quei quadri delle storie dipinte.
Continuerà a dedicarsi alle sue passioni, Dino Buzzati, per tutta la vita. Scrittore, romanziere, pittore e persino compositore. Collaborerà, infatti, insieme al direttore di orchestra Luciano Chailly per scrivere quattro libretti.
Alla fine la malattia lo fermerà: nel 1971 scopre di avere un tumore al pancreas, proprio quello che tanti anni prima gli aveva strappato via suo padre. Dino si spegne il 28 gennaio del 1972.
Ed è bastato poco tempo perché ti dimenticassi di me. Probabilmente non riesci più a ricordare il mio nome. Io sono ormai uscito da te, confuso fra le innumerevoli ombre. Eppure non so pensare che a te, e mi piace dirti queste cose. (Dino Buzzati, Inviti superflui)