Per il neonato, è il miglior alimento. Oltre agli aspetti nutrizionali del latte materno, poi, la possibilità di allattare diventa un modo di stringere ancor di più il legame fisico e psicologico tra mamma e bambino. Per questo, anche in tempi di Covid-19, i neonatologi ricordano l’importanza dell’allattamento materno, ricordando come anche le tecnologie per le comunicazioni a distanza possano aiutare in questo senso e quanto la “donazione” di latte possa essere di grande aiuto.
Informazione e “teleconsulto”
Il messaggio che viene dalla Società Italiana di Neonatalogia (SIN) in occasione della Settimana Mondiale per l’Allattamento Materno che si celebra ogni anno dall’1 al 7 ottobre è chiaro: il timore di Covid-19 non deve fermare questa pratica. Le mamme debbono essere informate correttamente e la possibilità di connettersi a distanza con gli esperti va sfrutta al meglio, in quello che si definisce “Virtual Breastfeeding Support”.
Si tratta di una sorta di consulenza virtuale in tema di allattamento è una sessione real-time, nel corso di un appuntamento individualizzato, durante la quale la/il consulente, presso il proprio studio, e la mamma/famiglia, presso la propria abitazione, si vedono e parlano utilizzando computer, smartphone o tablet. Come se fosse fisicamente presente, il consulente è in grado di valutare posizione, attacco, ritmo della poppata, suggerire nuove posizioni o correggere quelle in essere, offrire sostegno e rassicurare sul buon andamento dell’allattamento, diagnosticare ingorghi o dotti ostruiti, indicare soluzioni.
La videoconferenza è una soluzione economica, efficace ed in grado di raggiungere tutte le madri, in particolare quelle a bassa e/o medio-bassa redditività. Applicata a specifici programmi di sanità pubblica, la tele-lactation potrebbe garantire accessibilità ad informazioni corrette, sostegno competente, consulenza efficace, ovvero costituire uno strumento informatico di inclusione sociale e di abbattimento delle diseguaglianze.
“La paura della pandemia da Covid-19 e le misure adottate per contrastare la diffusione del virus hanno avuto un forte impatto psicofisico sulle mamme e sulle pratiche connesse alla nascita, in particolar modo sull’allattamento al seno – spiega il Presidente della SIN Fabio Mosca. Nonostante noi neonatologi, con l’aiuto di tutti gli operatori, abbiamo cercato di tranquillizzare i neogenitori con attività volte a garantire la sicurezza del percorso nascita e con informazioni chiare e corrette, anche grazie al supporto dei media, abbiamo riscontrato una significativa diminuzione dei progressi fatti negli ultimi anni nell’allattamento materno.”
Cosa è successo in questi mesi
La Commissione Allattamento della SIN ha esplorato la situazione dell’allattamento materno ai tempi del Covid-19, conducendo a luglio 2020 una survey su 10 ospedali italiani. Dalla ricerca è emerso che, pur rimanendo forte e quasi unanime l’incoraggiamento ad allattare al seno, le scelte di isolare la donna in travaglio-parto e in puerperio e la riduzione del pelle a pelle, possono costituire degli importanti impedimenti ad un corretto e fisiologico avvio della lattazione.
Per questo è stato realizzato un documento con l’obiettivo di offrire delle indicazioni condivise per prevenire ed affrontare possibili casi di contagio madre-neonato e per sostenere l’allattamento materno, con la volontà di tutelare la relazione mamma–neonato, coniugandola con un corretto approccio igienico-sanitario.
In particolare è stata ribadita l’importanza di favorire l’allattamento anche nel caso di madri Covid-19 positive asintomatiche o paucisintomatiche, raccomandando l’uso del latte materno crudo spremuto nel caso in cui il neonato fosse impossibilitato ad attaccarsi al seno, per condizioni cliniche incompatibili della mamma e/o del neonato.
Dall’analisi dei dati del Registro Nazionale SIN COVID-19, è emerso un impegno delle Neonatologie italiane per favorire l’allattamento materno: il 77.6% dei neonati nati da mamme positive al parto o nell’immediato post-partum è stato alimentato esclusivamente con latte materno (il 67.2% al seno e il 10.4% con latte materno spremuto), e più della metà, il 66.5%, è stato isolato insieme con la mamma (rooming-in), prassi che favorisce, insieme al contatto pelle a pelle, l’avvio dell’allattamento materno.
L’epidemia da Covid-19 ha avuto conseguenze anche sulla donazione del latte materno e sull’attività delle Banche del Latte Umano Donato (BLUD). Le donazioni sono diminuite in maniera significativa nei mesi scorsi e il volume di latte raccolto durante questo periodo si è notevolmente ridotto, per la paura delle mamme di recarsi in ospedale. In questi momenti di grande incertezza sono emersi anche alcuni dubbi sulla sicurezza del latte donato. “La donazione di latte materno, essenziale per i neonati che non possono essere allattati al seno e in particolare per i nati pretermine, è una pratica sicura, anche in epoca di Covid-19 – conclude Mosca. L’intero processo è infatti sottoposto a scrupolose procedure di controllo, effettuate sia sulle donatrici che sul latte donato. Confidiamo sulla generosità delle mamme italiane che stanno già riprendendo a donare il proprio latte.”