Come si previene e come si affronta il tumore polmonare

Il tumore polmonare rappresenta l'8% delle diagnosi totali. Per limitare il rischio di svilupparlo c'è una cosa su tutte da non fare: fumare

Pubblicato: 16 Settembre 2019 23:21

Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Prima regola. Dire addio alle sigaretta o, meglio, non iniziare. Per ridurre il rischio di sviluppare un tumore polmonare, il terzo più frequente nella popolazione italiana con oltre 41mila nuovi casi l’anno, non fumare è fondamentale. Ed il consiglio è valido anche e soprattutto per le donne, specie in giovane età. Contrariamente a quanto si pensa, infatti, questa patologia non è “esclusiva” del sesso forte. Considerando anche l’alto impatto del tumore al seno e di altre forme, oggi il tumore del polmone rappresenta l’8% delle diagnosi totali di tumore nella donna.

Stiamo quindi assistendo a un vero e proprio mutamento nelle classiche “cartine” epidemiologiche delle malattie respiratorie e non solo. Se fino a qualche decennio fa il tumore polmonare era di quasi esclusiva pertinenza maschile, oggi sono in costante aumento i casi tra le donne. In Italia le fumatrici dal 2016 al 2018, sono passate da 4,6 a 5,7 milioni. Sempre leggendo i dati si vede che tra i 15 e i 24 anni fuma il 21% dei ragazzi e il 16% delle femmine, per un totale di quasi 1 milione e 100mila giovani. E tra le donne negli ultimi vent’anni l’abitudine al fumo è cresciuta del 60%.

Il fumo di sigaretta è responsabile dell’85-90% dei casi osservati nel nostro Paese“, spiega Silvia Novello, Professore ordinario Oncologia Medica presso l’Università di Torino. “Per coloro che smettono di fumare, il rischio si riduce progressivamente nel corso dei 10-15 anni successivi, con un vantaggio significativo in termini di anni di vita guadagnati per chi smette prima dei 40 anni.

Anche il fumo passivo è fattore di rischio confermato: per i fumatori passivi viene riportato un aumento del rischio di sviluppare un tumore polmonare compreso tra il 20 e il 50%, rispetto ai non fumatori. Il tumore polmonare non è però solo una malattia da fumo in quanto il 15-20 per cento della popolazione caucasica sviluppa questo tumore pur non avendo mai fumato”.

La terapia su misura? È una realtà

Come spesso accade quando si parla di oncologia, l’importante è riconoscere prima possibile la lesione. Non è certo semplice, perché i sintomi e i segni sono spesso sottovalutati o magari fanno parte della vita di ogni giorno, soprattutto nei fumatori: pensate ad esempio alla tosse. Poi, una volta riconosciuto i problema, bisogna pensare alle cure, che vanno ovviamente studiate su misura. “Nel tumore del polmone è utile considerare rispetto all’accertamento diagnostico almeno tre categorie di pazienti”, fa sapere Marina Chiara Garassino, Responsabile della Struttura di Oncologia Toracica presso la Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano.

“La prima categoria comprende i pazienti con malattia molto precoce, caratterizzata da un tumore localizzato che potenzialmente è operabile: bisogna inoltre capire se si tratta di un tumore del polmone non a piccole cellule (ovvero la forma più diffusa). Dopo gli accertamenti, i pazienti possono essere operati o possono ricevere una radioterapia radicale senza che vi sia necessità di ulteriori indicazioni di tipo molecolare (ovvero ricerca di marcatori come EGFR, ALK, ROS1) o di espressione del PD-L1. La seconda categoria è quella dei pazienti con malattia cosiddetta “avanzata” che costituiscono la quota con la gestione forse più complessa: non sono operabili o almeno non lo sono in quel momento, per cui è necessario eseguire sempre una TAC, una PET e valutare l’espressione della proteina PD-L1 sul tumore, la cui presenza o assenza seleziona i pazienti per l’immunoterapia”.

A quel punto i diversi specialisti decidono assieme la terapia più indicata per il singolo caso. Le possibilità di cura per questi casi sono, da un lato, i trattamenti riduttivi chiamati anche “neoadiuvanti” come la chemioterapia e poi la chirurgia. Se, viceversa, il chirurgo non ritiene che i trattamenti riduttivi porteranno il paziente all’operabilità, allora si interviene da subito con un trattamento di chemioterapia e radioterapia e qualora sia presente l’iperespressione di PD-L1 si sottopone il paziente ad un anno di immunoterapia.

“Infine c’è la terza categoria, quella dei pazienti con metastasi – riprende l’esperta. In primo luogo va fatta la diagnosi di tumore del polmone non a piccole cellule eseguendo sia le indagini di imaging come la TAC, la PET, la RM e/o la TAC cerebrale, sia i test per le alterazioni EGFR, ALK, ROS1 e la proteina PD-L1, che permettono di identificare il profilo molecolare e immunologico del tumore. Dopo l’accertamento diagnostico si profilano per questi pazienti tre grandi possibilità terapeutiche: i farmaci biologici, specifici per alcune mutazioni geniche (EGFR, ALK e ROS-1) che sono disponibili e danno sopravvivenze lunghe con una buona qualità di vita”.

“Negli ultimi due anni – prosegue – sono stati identificati tantissimi altri target rari potenzialmente trattabili con le terapie a bersaglio molecolare, e questo significa che la diagnosi di tumore del polmone diventerà sempre più sofisticata e raffinata dal punto di vista molecolare. I pazienti con PD-L1 positivo (>50%) e che non hanno alterazioni molecolari vengono trattati con immunoterapia, mentre i pazienti PD-L1 con valore inferiore al 50% ricevono un trattamento chemioterapico, nell’attesa che diventino disponibili gli schemi di chemioterapia e immunoterapia”.

Una web-serie per capire ed essere più forti

C’è un prima e un dopo nella storia di una donna che riceve una diagnosi di tumore. Si tratta di un evento che modifica profondamente la sua vita. Ed occorre sempre il supporto di esperti, sia per la persona malata sia per la famiglia. “Occorre valutare bene la situazione emotiva e di contesto del paziente per capire quali siano i suoi bisogni e le risorse che può mettere in campo e adattare di conseguenza la comunicazione e gli interventi terapeutici”, spiega Claudia Borreani, Psicologa e Responsabile Struttura di Psicologia Clinica presso la Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano.

“In questo senso lo psiconcologo collabora e si integra con le altre figure professionali all’interno del team multidisciplinare. Il suo ruolo non è rivolto soltanto a sostenere il paziente dal punto di vista psicologico ma anche a creare i presupposti affinché la comunicazione di tutto il team nei confronti del paziente sia corretta e adeguata”. Il percorso, che va ovviamente personalizzato, diventa quindi una sfida da combattere giorno dopo giorno, contando anche sui progressi della ricerca.

I familiari, non meno del paziente, devono affrontare insieme un lungo e difficile viaggio e hanno bisogno di conoscere, tappa dopo tappa, la realtà con cui devono confrontarsi. Il percorso è oggi raccontato in modo originale nella web fiction In famiglia all’improvviso, una web serie in 10 puntate al confine tra dramma e commedia che cambia la narrativa sul tumore del polmone, parlandone da un nuovo punto di vista.

Si parte ovviamente dalla prevenzione e dei fattori di rischio come il tabacco, ma anche raccontando il percorso che attende paziente e familiari, nel quale si sono aperti nuovi scenari: la possibilità di identificare il profilo molecolare del tumore permette di assicurare la terapia più appropriata per ciascun paziente, migliorandone le prospettive e restituendo speranza. La web fiction, diretta da Christian Marazziti è online su www.infamigliaallimprovviso.it, è il fulcro della campagna d’informazione In famiglia all’improvviso. Combattiamo insieme il tumore del polmone, un progetto promosso da Salute Donna Onlus, Salute Uomo Onlus e WALCE – Women Against Lung Cancer Europe onlus.

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