Reflusso gastroesofageo nel lattante, come si manifesta e cosa può dire il pianto del neonato

Il pianto del neonato può indicare che soffre di reflusso gastroesofageo: uno studio sfrutta l'analisi del suono per capire il motivo dei vagiti

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Quando un neonato piange, la tenerezza ci prende. E magari, a volte dimentichiamo che il pianto nel neonato alla fine è un modo di parlarci. Con i suoi vagiti, il bebè informa che qualcosa non va. A volte ha appetito. In certi casi invece vuole solo riposare. In altre circostanze può avere qualche piccola colica. O ancora, più raramente, soffre di reflusso gastroesofageo, con l’acido che risale verso l’alto dallo stomaco e quindi disturba.

Come provare a capire cosa accade? Una ricerca italiana fa luce sulla possibile causa del pianto. In caso di reflusso del bebè i vagiti sono infatti caratterizzati da precise frequenze e intensità individuabili e differenti da quelle dovute a sonno o fame.

Cosa succede in caso di reflusso

Spesso il reflusso è “figlio” dell’immaturità dell’apparato digerente. O meglio. Può non essere perfettamente conformata la valvola che collega l’esofago con lo stomaco, ovvero il cardias, che quindi non riesce a contenere l’acido prodotto dallo stomaco. Non solo.

Va anche ricordato che in certi casi anche la posizione del neonato, che spesso sta sdraiato, può rendere più facile il rigurgito del latte verso l’alto, con conseguenti fastidi. Il latte stesso, peraltro, specie se le poppate sono frequenti può favorire la comparsa di reflusso.

Sul fronte dei sintomi, il piccolo può soffrire di rigurgiti frequenti, anche a distanza di ore dalla poppata, avere difficoltà a riposare tranquillamente, manifestare una tosse intensa e un singhiozzo che si ripete.

Detto che la diagnosi della situazione va sempre fatta dal pediatra, è importante ricordare ce ci sono semplici contromisure che possono aiutare. Ad esempio, il neonato va mantenuto per un po’ in posizione eretta dopo che si è nutrito. Importante è anche non sovraccaricare di cibo lo stomaco.

Tradotto: conviene proporre poppate più frequenti e meno abbondanti, anche e soprattutto se l’allattamento è artificiale. Infine, ricordate di non avere fretta. Le pause durante la poppata aiutano ed anche il classico “ruttino” può essere utile per limitare i fastidi.

Cosa rivela il pianto

Tornando alla possibilità che il pianto riveli il reflusso gastroesofageo, la correlazione è stata provata nel 70% dei casi studiati comparando in tempo reale una sofisticata analisi del suono con la rilevazione dell’impedenza e del pH gastroesofageo.

In pratica, come rivelano gli esperti, il pianto viene tradotto in uno spartito musicale digitale. Lo studio è stato presentato durante il Congresso della Società Italiana di Gastroenterologia Epatologia e Nutrizione Pediatrica – SIGENP tenutosi a Roma.

“Siamo forse agli inizi di una nuova diagnostica, basata sull’interpretazione dell’unico modo con cui ci si può esprimere nei primi mesi di vita – dice il presidente della società scientifica Claudio Romano”.

Insomma: se è vero che quando i bambini hanno pochi mesi possono esprimersi solo in un modo, piangendo è innegabile che l’analisi della “musica” può aiutare.

Lo studio condotto in Italia ha cominciato a decodificare il loro pianto analizzandone frequenze sonore, intensità e altri parametri. Sono i primi passi, ma in questo modo i ricercatori hanno determinato non solo quali sono le caratteristiche sonore del pianto dettato dalla fame o da sonno, ma anche di quello causato dal dolore del reflusso gastroesofageo. In pratica è stato trovato il modo di riconoscere o almeno sospettare fortemente questa condizione patologica ascoltando, analizzando il pianto del bambino.

Le caratteristiche dei vagiti

“In base alle caratteristiche acustiche del pianto ne abbiamo individuato tre fenotipi: uno legato alla fame, uno al sonno e uno correlato al reflusso gastroesofageo – segnala la coordinatrice dello studio, Silvia Salvatore, professore associato di Pediatria dell’Università dell’Insubria e Responsabile della Gastroenterologia Pediatrica dell’Ospedale F. Del Ponte di Varese.

In quest’ultimo caso, che mi sembra l’acquisizione più importante, abbiamo analizzato i pianti valutando contemporaneamente la presenza e il tipo di liquido nell’esofago mediante una pH impedenziometria – esame che con un sondino collegato a un particolare ‘registratore’ ci permette di diagnosticare il reflusso gastroesofageo patologico – e la sua associazione con i sintomi.

Abbiamo riscontrato che nel 70% dei casi al reflusso corrispondevano determinate frequenze e intensità acustiche. Ovviamente sono dati preliminari, da approfondire, abbiamo analizzato solo  49 registrazioni audio; ma abbiamo dimostrato che una analisi acustica avanzata del pianto dei neonati potrebbe aiutarci a identificare questa patologia. E in futuro credo che potremo fare molti progressi in questo campo d’indagine”.

Con i ricercatori medici hanno collaborato una musicista e musicoterapeuta esperta in acustica del Conservatorio di Alessandria che lavora da anni nella TIN di Varese diretta dal prof. Agosti. E per quanto riguarda le tecnologie sono stati utilizzati software avanzati capaci di generare spettrogrammi in decibel e Hertz e trasformare il pianto in spartito musicale digitale. Apparecchiature solitamente usate non in medicina ma per la postproduzione audio.

Come si comportano mamma e papà

Parlando di pianto, ricordiamo che entrambi i genitori vogliono bene al piccolo e debbono cullarlo, prenderlo tra le braccia, raccontargli delle brevi storie usando toni suadenti e variando le espressioni per aiutarlo a cogliere i messaggi che giungono dai racconti.

Ma quando il neonato piange, mamma e papà non si comportano allo stesso modo. O almeno, la madre è più pronta a cogliere i segnali d’allarme, o forse solo i bisogni temporanei, che il neonato invia con il suo modo di chiedere attenzione, ovvero il pianto.

A dimostrare la diversa prontezza nel rispondere al richiamo di un vagito nei due sessi è una ricerca apparsa qualche tempo fa su Neuroreport e condotta da due ricercatori italiani, Gianluca Esposito del Riken Brain Science Institute in Giappone e Nicola de Pisapia dell’Università di Trento.

Gli studiosi hanno fatto ascoltare il pianto di neonati che reclamavano il pasto a volontari dei due sessi, registrando con una speciale risonanza magnetica l’impegno delle aree che venivano attivate. In presenza di pensieri in libertà, quindi senza apparente impegno a riflettere su una determinata cosa, le donne riuscivano a mettere subito in moto una reazione modificando la propria attività cerebrale, mentre lo stesso non accadeva tra i maschi. Come a dire che le mamme si sintonizzano immediatamente sul pianto del neonato, mentre i papà sono più “distratti”, pur se certo non lesinano amore ai figli

Le indicazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a scopo informativo e divulgativo e non intendono in alcun modo sostituire la consulenza medica con figure professionali specializzate. Si raccomanda quindi di rivolgersi al proprio medico curante prima di mettere in pratica qualsiasi indicazione riportata e/o per la prescrizione di terapie personalizzate.

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