A volte ci sono strategie di supporto alla cura che nemmeno immaginiamo. Ma sono di grande importanza, ovviamente quando hanno significato. Così, nell’ambito della Pet-Therapy, potersi prendere cura di un cavallo, muoversi con l’animale, riuscire ad instaurare un rapporto quasi “privato” che davvero unifichi la persona e il quadrupede può diventare un aiuto per il benessere. Lo dimostrano numerosi studi e lo ricorda il traguardo di una giovane mantovana, Stella Cavallini, che ha vinto la quinta edizione del Premio nazionale “Carla Guglielmi”.
Il riconoscimento, destinato a tesi di laurea o dottorato è bandito dalla Fondazione Fevoss Santa Toscana con Fieracavalli. La vincitrice ha descritto alcune delle esperienze nate durante il progetto “Agrivivere”, che vede protagonisti ragazzi dai 6 ai 18 anni immersi in attività in natura e a stretto contatto con i cavalli alla Scuola di equitazione La Conchiglia a Serravalle a Po, in provincia di Mantova. I risultati? Sicuramente importanti. C’è chi ha trovato spazio professionale come minore seguito dagli operatori e adesso lavora come tecnico di scuderia, chi è passato dall’uso di sostanze stupefacenti alle gare di ippica, chi ha avuto un’infusione di autostima immensa dal prendersi cura di un animale così grande.
La Pet-Therapy e l’ippoterapia
Prendersi cura di un cavallo e ricevere moltissimo da questo rapporto con l’animale fa parte delle tante opportunità offerte dalla “Pet-Therapy”. Questa terapia d’affetto trova le sue maggiori applicazioni negli anziani e nei bambini (ma è utile per tutti) e può essere “declinata” in diversi modi. Pensate ad esempio che per gli adulti. Il supporto dell’animale (ovviamente da valutare in base alle condizioni fisiche e psicologiche del paziente) può avere significato in moltissime condizioni, dalle nevrosi ossessive alle psicosi, dalle depressioni alle afasie, dall’autismo all’iperattività, per arrivare fino a malattie neurodegenerative. Nei bambini, oltre ad offrire aiuto nell’approccio a diverse malattie, la presenza dell’animale può aiutare quando c’è un’alterazione più o meno espressa dell’equilibrio psicologico, come nei casi in cui il bambino mangia con difficoltà, accusa inspiegabili mal di testa, soffre per dinamiche familiari.
Fondamentale è che si crei da parte della persona (attraverso il medico e gli educatori) un rapporto stretto con l’animale, che deve divenire un vero e proprio “partner” da rispettare. Quando ciò avviene può diventare una specie di “induttore invisibile” di emozioni positive che aiutano a rapportarsi meglio con gli altri e superare i propri problemi. In questo senso, l’ippoterapia rappresenta una delle tante opportunità offerte da questo approccio. E sono numerose ormai le indagini che mostrano come prendersi cura di un cavallo, fino al punto di creare una vera e propria “corrispondenza” emotiva, possa aiutare a ritrovare e mantenere il benessere psicologico. Per la cronaca, si parla di riabilitazione equestre dalle metà del secolo scorso, a segnalare come questa strategia di cura possa essere di grande utilità
Quando e a chi serve l’ippoterapia
Senza entrare nello specifico delle numerose esperienze sviluppate in tutta Italia, in termini generali gli effetti positivi della terapia con il cavallo vanno ad impattare sulla sfera psicologica e fisica della persona che sperimenta il rapporto stretto con l’animale. Sul fronte psicologico, il cavallo può aiutare a migliorare l’autostima del soggetto favorendo al contempo anche le capacità di relazionarsi con gli altri.
Questo è particolarmente utile per i bambini e i giovani che possono avere difficoltà ad aprirsi, magari per la presenza di disturbi del comportamento alimentare o altre problematiche. Sul fronte fisico, la possibilità di prendersi cura di un animale così impegnativo e di instaurare con il cavallo uno stretto rapporto può diventare di grande aiuto per migliorare sia la forza muscolare che la postura del bimbo e di chi comunque si avvicina al maneggio.
Ovviamente in ogni strategia occorre sempre stilare un programma con chi segue il paziente, in un percorso che vede il cavallo come supporto per favorire la presa di coscienza del paziente, il progressivo superamento delle paure della persona e addirittura, in caso di disabilità, dell’acquisizione di un’autonomia che porta a liberare fisico e mente proprio in presenza dell’animale. Il programma va stilato caso per caso ed occorre affidarsi a centri ed operatori specializzati, in grado di mettere a punto strategie di presa in carico ottimali.
Ma il cavallo, ed il conseguente prendersi cura di un animale che può dare moltissimo con il suo calore, può diventare molto più di un amico a quattro zampe. Il suo ruolo per essere quello di un vero e proprio supporto per il benessere, che permette di stare a contatto con l’animale e la natura favorendo il superamento dei limiti fisici e psicologici della persona. Addirittura, come raccontano alcune esperienze, l’ippoterapia può diventare il vettore che consente a chi affronta la disabilità non solo di migliorare il proprio benessere ma anche di interagire con altri. Il cavallo in questo senso, diventa un importante veicolo per favorire i rapporti interumani e la creazione del gruppo, aiutando la persona ad uscire dall’isolamento.