Covid-19. La buona notizia è che continuano a scendere i numeri delle persone ricoverate in terapia intensiva, che hanno quindi necessità di assistenza respiratoria. Per consentire a loro di mantenere l’attività dei polmoni, ovviamente in modo artificiale, si procede con l’intubazione. Ma come si fa? E come si può tornare alla normalità?
Importante è bloccare i muscoli
Esistono precise strategie per rendere possibile l’intubazione della trachea, il condotto che poi si biforca in bronchi via via sempre più piccoli fino agli alveoli polmonari, dove avvengono gli scambi tra aria e sangue. Ma è spesso fondamentale disporre di farmaci che in qualche modo consentano di bloccare la reazione di nervi e muscoli, ovviamente portati ad “espellere” l’elemento estraneo collegato alla macchina.
Grazie a questi medicinali è possibile rendere più semplice l’inserimento del tubo in trachea e quindi migliorare la situazione anche in caso di operazioni complesse, oltre a poter assistere la ventilazione meccanica nei pazienti che hanno ridotto il funzionamento delle vie respiratorie, come avviene in caso di Covid-19 molto grave. Esistono agenti di blocco neuromuscolare in due forme e sta allo specialista scegliere il tipo di trattamento in base ai fattori del paziente, al tipo di procedura da eseguire e all’indicazione clinica.
Grazie all’intubazione si possono proteggere le vie aeree, si permette la ventilazione controllata con alta pressione delle vie aeree, si ripuliscono da eventuali secrezioni le vie respiratorie e in qualche modo si “isola” il polmone. Questo approccio, utilizzato per le infezioni gravissime da Sars-CoV-2, è comunque indicato per i grandi interventi chirurgici, quando c’è bisogno di ventilazione controllata o di isolamento polmonare, per i casi con posizionamento insolito dove l’intervento è di lunga durata, quando è necessario l’accesso alle vie aeree. Inoltre l’intubazione serve per la protezione contro l’aspirazione in pazienti ad alto rischio per la rianimazione, quando è probabile che lo scambio di gas sia compromesso, quando è possibile l’utilizzo di alte pressioni per la ventilazione in pazienti che richiedono un’intubazione post-operatoria prolungata.
Come si fa alla fine dell’intervento
Al termine dell’intervento chirurgico, perché a parte l’emergenza Covid-19 l’intubazione viene impiegata soprattutto quando occorre eseguire operazioni complesse, l’anestesista interrompe gradualmente la somministrazione dell’anestetico e il paziente pian piano si risveglia.
Il risveglio si ottiene attraverso la progressiva eliminazione dall’organismo dei residui dei farmaci anestetici usati. L’anestesia può essere smaltita attraverso un recupero spontaneo e quindi basterà attendere del tempo necessario affinché i farmaci vengano smaltiti oppure utilizzare farmaci antagonisti dell’anestetico stesso.
Per quanto riguarda il blocco neuromuscolare, dopo l’interruzione della somministrazione dei farmaci, i muscoli del paziente, inclusi i muscoli coinvolti nella respirazione, escono gradualmente dallo stato di paralisi indotto in precedenza dai bloccanti neuromuscolari, consentendo la ripresa della respirazione spontanea.
Per accelerare il tempo di ripresa dei muscoli e soprattutto per eliminare ogni traccia di anestetico in circolo, che potrebbe determinare nuovamente la paralisi dei muscoli respiratori e creare complicanze, si possono impiegare farmaci innovativi che antagonizzano in modo selettivo i farmaci bloccanti neuromuscolari. I farmaci antagonisti “catturano” quelli usati per la paralisi muscolare e li “spazzano via” eliminandoli dal corpo del paziente che, in pochissimi minuti, ritorna a respirare autonomamente. Grazie a questi farmaci si può avere un recupero completo dei muscoli in pochi minuti e quindi una ripresa rapida e prevedibile della respirazione spontanea. Poi il malato, passando attraverso uno stato di coscienza minimo, si risveglia.
Con il contributo non condizionante di MSD Italia