Cancro in remissione, che cosa significa e cosa fare

Quando il cancro è in remissione non si può parlare di guarigione. Che cosa significa e come affrontare questa nuova fase della malattia

Pubblicato: 15 Gennaio 2025 15:09

Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

In oncologia ogni parola assume un suo preciso significato. Così anche il termine remissione va posto nella giusta visione. In termini generali, si parla di remissione quando si identifica una riduzione significativa o anche un termine temporaneo dei segni e dei sintomi di una patologia.

Questo vale anche per chi è in cura per un tumore, come nel caso pubblico di Kate Middleton. Non si può infatti parlare di guarigione, visto che non è possibile definire con certezza il termine di una patologia sul fronte clinico o ancor più biologico, ma si può considerare che si è giunti ad una fine temporanea del quadro. Teoricamente, quindi in queste circostanze esiste sempre la possibilità che il paziente si ammali di nuovo, a prescindere dalla durata della fase di remissione.

Remissione parziale e totale

In caso di tumore, il termine remissione va sempre decodificato caso per caso nel normale rapporto medico-paziente tra chi è in cura e chi si occupa del malato. Perché non tutte le forme di remissione sono uguali.

Si può parlare di remissione parziale quanto il tumore è comunque individuabile, ma appare comunque caratterizzato da una quasi totale assenza di attività di malattia o sviluppo di lesioni. In queste fasi la malattia risponde al trattamento, ma esiste ancora una patologia residua che impone la prosecuzione del percorso diagnostico e terapeutico.

In caso di remissione totale o completa invece non esiste più la possibilità di trovare tracce della malattia, anche dopo esami diagnostici mirati, ma esiste la possibilità che ci siano ancora cellule patologiche in circolo. Ovviamente questa fase va comunque monitorata con controlli su misura, caso per caso. Ma non bisogna dimenticare che in alcuni casi la durata della remissione prosegue per moltissimo tempo.

In generale, si può dire che quanto più si rimane in remissione tanto minori sono i rischi che si ripresenti la malattia. In queste circostanze si può quindi raggiungere quello che è un obiettivo delle cure attuali. Non si può dire che il tumore sia del tutto scomparso ma la patologia è cronicizzata.

Il termine cronicizzazione indica il processo per cui una patologia, da acuta, approda a uno stato permanente, escludendo la prospettiva di una guarigione completa. In molti pazienti evoca l’idea di una convivenza forzata, condizionata dall’adozione dei trattamenti necessari a scongiurare il ritorno della patologia in forma acuta. Ma è anche una parola che apre una nuova prospettiva, nella quale è possibile imparare a controllare il tumore e progettare una nuova quotidianità: è su questa prospettiva che può fare leva il medico per aiutare il paziente a includere la malattia all’interno del proprio tempo di vita e del suo valore

Come si può leggere la parola remissione

Qualche tempo fa è stato presentato un atlante delle parole chiave in oncologia. Il termine remissione in questo senso viene dal latino, remìttere, e si può tradurre con cessare o decrescere. Ma attenzione. Indica l’attenuazione o progressiva scomparsa dei sintomi caratteristici di una malattia.

I pazienti collegano a questo termine significati come liberazione, ritorno alla normalità, fino a equivocarlo, talvolta, con la parola guarigione. Può assumere, nei pazienti in cui risuona un’educazione cattolica, una connotazione quasi morale, come di perdono dalla propria condizione di malato, associata al senso di colpa che la cultura negativa del tumore porta ancora con sé.

Compito del medico è riequilibrare questi sentimenti cercando, attraverso una comunicazione veritiera, obiettiva e prudente, di evitare che una speranza illusoria sottragga al paziente le energie necessarie per proseguire il percorso di cura.

In un panorama così complesso, la psico-oncologia è fondamentale anche per aiutare i pazienti con malattie oncologiche o oncoematologiche a superare elevati livelli di disagio psicologico in termini di ansia, depressione e disturbi dell’adattamento. Questi disturbi – ricompresi nel concetto di “disagio psicologico” o disagio emozionale – non possono rimanere inascoltati, ma vanno diagnosticati e trattati.

Cosa succede se si verifica la recidiva

Comprendere bene e soprattutto spiegare bene cosa significa remissione aiuta anche a predisporre la strada per contrastare il “rebound” che si osserva se la malattia ricompare. Quando i sintomi del tumore si ripresentano, il paziente vive uno dei momenti più difficili del proprio percorso, un frustrante ritorno al punto di partenza che può ripercuotersi negativamente sul rapporto con il medico, minandone autorevolezza e affidabilità.

In queste situazioni al medico si richiede più che mai un’attitudine all’ascolto del paziente e a una comunicazione appropriata, che non edulcori la realtà: per evitare che il paziente possa sentirsi “raggirato”, come se il suo investimento emozionale fosse stato malriposto.

© Italiaonline S.p.A. 2025Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963