L’altra eleganza di Armani: oltre la moda, un legame speciale con gli amici animali

Giorgio Armani lascia un vuoto anche nel cuore di chi si definisce amante degli animali: adorava cani, gatti e si batteva per i diritti di tante specie.

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Marta Ruggiero

Giornalista pubblicista e videoreporter

Giornalista pubblicista, videoreporter, copywriter e content editor. Si occupa di attualità, economia, politica, intrattenimento, costume e società.

Giorgio Armani adorava cani e gatti, ma non solo: anche svariate specie esotiche. E quando un’istituzione della moda dichiara pubblicamente di essere un amante degli animali e, ancor di più, dà l’esempio rispetto a come andrebbero trattati ha un grande potere. Può muovere le coscienze e cambiare il mondo.

Nel corso della sua vita, il famoso stilista, esempio di stile ed eleganza, morto a 91 anni il 4 settembre 2025, ha sempre avuto un occhio di riguardo per gli animali da compagnia e per quelli considerati anche un po’ più inusuali. Non a caso, ha dato un segnale forte eliminando le pellicce e la lana d’angora dalle sue collezioni.

Proprio però la sua scelta di avere in casa esemplari provenienti da altri habitat e il fatto di non avere abbandonato le pelli per le sue produzioni di alta moda ha fatto discutere o, perlomeno, ha portato a delle riflessioni circa un’ipotetica mancanza di coerenza. Ma vediamo che eredità animalista ha lasciato Re Giorgio.

Cani e gatti nel cuore di Giorgio Armani

Giorgio Armani non poteva rinunciare a cani e gatti. In casa ne aveva diversi ed era da loro che voleva tornare, una volta finita una lunga giornata in atelier. Lo dimostra la sua affermazione quando gli è stata conferita la laurea honoris causa a Piacenza, la sua città natale. Un modo per incentivare alla fatica, indispensabile per raggiungere i propri sogni, ma anche a saper tornare alle origini per apprezzare ciò che di bello si ha una volta chiusa la porta di casa.

Lavorate, tenete duro ma non dimenticate che quando andate a casa avete un gatto, un cane, un bambino, una mamma, una nonna o un amante”, aveva detto dimostrando una cura verso questi animali che trascendeva il normale rapporto uomo-cane/gatto: per lui erano come gli esseri umani, forse anche più meritevoli di amore.

Giorgio Armani amava i cani di razza, ma aveva anche un meticcio che aveva deciso di chiamare Pepe, forse a voler sottolineare la sua vivacità e l’allegria che portava nella sua vita. Anche i felini erano per lui molto affascinanti e misteriosi. Ecco perché la sua Scottish Fold nera l’aveva chiamata Angel.

La campagna contro gli abbandoni e i maltrattamenti sugli animali

Ed è stata proprio la sua amata gatta, con cui spesso si lasciava immortalare, a diffondere un messaggio importante contro l’abbandono degli animali. L’iniziativa era stata messa in piedi dall’associazione “Io amo gli animali” e, insieme allo stilista, ha prestato il suo volto anche Elisabetta Canalis e altre celebrità. Nella fattispecie, Armani ha posto l’attenzione su ciò che amava di più, il suo lavoro, utilizzando uno slogan forte e chiaro: “Abbandonare gli animali non è di moda”.

In questa direzione, e coerente con i suoi ideali, si è mossa anche la sua campagna contro le pellicce. Ecco perché ha stabilito che non avrebbero più fatto parte delle sue creazioni. Armani è stato fra i primi stilisti di fama internazionale a compiere questo gesto: pratico e significativo, ma anche estremamente simbolico. Un segno concreto che voleva muovere le coscienze.

L’abbandono delle pellicce sulle passerelle

“Sono lieto di annunciare il concreto impegno del Gruppo Armani alla totale abolizione dell’uso di pellicce animali nelle proprie collezioni. Il progresso tecnologico raggiunto in questi anni ci permette di avere a disposizione valide alternative che rendono inutile il ricorso a pratiche crudeli nei confronti degli animali – aveva dichiarato in un comunicato stampa del 2016 – Proseguendo il processo virtuoso intrapreso da tempo, la mia azienda compie quindi oggi un passo importante a testimonianza della particolare attenzione verso le delicate problematiche relative alla salvaguardia e al rispetto dell’ambiente e del mondo animale”.

Armani ha deciso di sposare le linee guida della Fur Free Alliance, concentrandosi su collezioni in cui le materie prime di origine animale venivano sostituite da ecopellicce. Questo tipo di capo, infatti, pur essendo realizzato con materiali sintetici o di origine vegetale, è capace di riprodurre la medesima sensazione tattile delle pellicce tradizionali. Una scelta dettata anche dalla pressione dell’opinione pubblica. Secondo i dati di Eurispes dell’epoca, l’86,3% dei cittadini italiani era contrario all’uccisione di animali per la produzione di pellicce.

Il tutto è nato da una protesta della Peta del 2008, che ha mosso le coscienze di imprenditori del calibro di Gucci, Michael Kors e Jimmy Cho, ma anche Prada e Chanel. La stessa scelta è poi stata sposata, nel 2021, da Valentino che ha detto addio alla lana d’angora. Si tratta di un materiale che si ottiene dall’omonima razza di conigli e che viene ottenuto provocando non poca sofferenza agli animali. Infatti, fra le possibili procedure, c’è la spiumatura: considerata la più pregiata e qualitativamente valida, ma estremamente dolorosa per gli animali.

E, a proposito di questa qualità di lana, Re Giorgio ci aveva rinunciato proprio negli stessi anni, “a testimonianza di un impegno tangibile per il controllo delle produzioni rispetto alla tutela del mondo naturale“, dopo che la Lav gli aveva fatto presente come il processo di recupero non fosse rispettoso degli animali.

Queste scelte sono state considerate molto valevoli dagli animalisti e non solo, ma l’attenzione è stata posta poi sulla mancata eliminazione delle pelli dalle collezioni di alta moda di questi stilisti. In particolare il riferimento è a quelle degli animali esotici come i coccodrilli e i pitoni. E Giorgio Armani è stato criticato anche per la detenzione di alcuni animali esotici. In questo caso l’opinione pubblica si è divisa.

Giorgio Armani e i suoi animali esotici

Giorgio Armani non amava solo cani e gatti, lo dimostra il suo zoo a Villa Rosa, una sua proprietà che si trova nell’Oltrepo Pavese, dove teneva una ottantina di animali delle specie più disparate in 10 ettari di giardino. Un vero e proprio zoo che testimonia quanto fosse legato alla natura.

Cigni, pappagalli sudamericani, zebre, guanachi, alpaca e cervi hanno vissuto in una vera e propria regia, ma non nella loro casa d’origine. E se alcuni sono dell’idea che venissero trattati con cura e amore, altri sottolineano la lontananza dal proprio habitat naturale e la conseguente sofferenza provocata loro in termini di stile e qualità della vita. Se da un lato, infatti, gli spazi non mancavano; dall’altro era impossibile replicare la natura dei luoghi dai quali venivano importati.

 

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