Filippo Turetta, la confessione dell’omicidio di Giulia Cecchettin: “Voleva vivere senza di me”

La trasmissione "Quarto grado" ha reso noto il documento con la confessione di Filippo Turetta sull'omicidio di Giulia Cecchettin

Pubblicato: 22 Giugno 2024 11:36

Giorgia Prina

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Sono parole violente e dolorose quelle che contengono la confessione di Filippo Turetta. Sono state raccolte durante l’interrogatorio di dicembre 2023 all’interno del carcere di Verona dove è detenuto. Ad ascoltarle, davanti a lui, Andrea Petroni, il pubblico ministero di Venezia. Giulia Cecchettin è stata uccisa brutalmente, da un ragazzo che aveva lasciato, per essere libera, per vivere la sua vita con un futuro davanti dopo la laurea raggiunta solo dopo la morte.

Il processo a Filippo Turetta è previsto per l’inizio dell’autunno. L’accusa a suo carico è quella di omicidio volontario con l’aggravante della premeditazione, della crudeltà, dell’efferatezza, oltre a quelle del sequestro di persona, dell’occultamento di cadavere e anche dello stalking, nelle settimane precedenti il delitto.

Omicidio Giulia Cecchettin, le parole di Filippo Turetta

Filippo Turetta, 22 anni, ha raccontato cosa è successo l’11 novembre 2023, la notte in cui ha ucciso Giulia Cecchettin, che avrebbe compiuto 23 anni il 5 maggio. “Volevo darle un regalo”, ha raccontato Turetta nell’interrogatorio, il cui contenuto è stato diffuso da Quarto grado, “una scimmietta mostriciattolo. Con me avevo uno zainetto che conteneva altri regali: un’altra scimmietta di peluche, una lampada piccolina, un libretto d’illustrazione per bambini. Lei si è rifiutata di prenderlo”.

Aveva rifiutato di prenderlo perché Giulia Cecchettin lo voleva lasciare, dopo mesi sui quali la sorella della vittima, Elena, è più volte tornata a parlare, descrivendo l’atteggiamento possessivo di Turetta. “Abbiamo iniziato a discutere – continua il racconto – Mi ha detto che ero troppo dipendente, troppo appiccicoso con lei. Voleva andare avanti, stava creando nuove relazioni, si stava sentendo con un altro ragazzo”.

“Ho urlato che non era giusto, che avevo bisogno di lei, che mi sarei suicidato. Lei ha risposto decisa che non sarebbe tornata con me. È scesa dalla macchina, gridando ‘Sei matto, vaf..lo, lasciami in pace'”. Poi il racconto delle aggressioni, dopo le quali Turetta è fuggito in macchina verso la Germania, dove è stato arrestato, nei pressi di Lipsia, circa una settimana dopo, il 19 novembre.

Il primo attacco è stato nel parcheggio sotto casa a Vigonovo (Padova), da cui un testimone ha sentito Giulia chiedere aiuto, il secondo nella vicina zona industriale di Fossò. “Ero molto arrabbiato. Prima di uscire anch’io, ho preso un coltello dalla tasca posteriore del sedile del guidatore. L’ho rincorsa, l’ho afferrata per un braccio tenendo il coltello nella destra. Lei urlava ‘aiuto’ ed è caduta. Mi sono abbassato su di lei, le ho dato un colpo sul braccio, mi pare di ricordare che il coltello si sia rotto subito dopo. “Mi ricordo che era rivolta all’insù verso di me. Si proteggeva con le braccia dove la stavo colpendo”. Allora l’ho presa per le spalle mentre era per terra. Lei resisteva. Ha sbattuto la testa. L’ho caricata sul sedile posteriore”.

La fuga e il tentato suicidio

Poi Turetta ha raccontato i giorni dopo l’omicidio di Giulia Cecchettin: “Ho imboccato la strada per Barcis. Mi sono fermato in un punto in cui non c’erano case e sono rimasto un po’ lì. Ho provato anche con un sacchetto a soffocarmi, però anche dopo averlo legato con lo scotch non sono riuscito e l’ho strappato all’ultimo. Allora ho preso lei e sono andato a nasconderla”.

Nei sette giorni trascorsi guidando, Turetta ha pensato una seconda volta il suicidio. “Avevo un pacchetto di patatine in macchina e una scatolina con qualche biscotto. Non ho mai comprato nulla da mangiare. I soldi che avevo li ho spesi per i rifornimenti di benzina. Volevo togliermi la vita con un coltello che avevo comprato, ma non ci sono riuscito“.

“Pensavo che se avessi fumato e bevuto sambuca sarebbe stato più facile suicidarmi, ma invece ho vomitato in macchina. Ho riacceso il telefono. Cercavo notizie che mi facessero stare abbastanza male da avere il coraggio per suicidarmi, ma ho letto che i miei genitori speravano di trovarmi ancora vivo e ciò ha avuto l’effetto opposto. Mi sono rassegnato a non suicidarmi più e ad essere arrestato”.

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