Non è raro imbattersi in notizie che recitano, lapidarie: “Chiude un nuovo consultorio”. Già nel 2019 la Cgil Funzione Pubblica lanciava l’allarme, denunciando la chiusura di ben 244 sedi dal 2009. I consultori familiari sono nati nel 1975, istituiti per fornire supporto psicologico e tutela della salute alle donne in un periodo di cambiamenti culturali e sociali.
Negli ultimi 50 anni, hanno svolto un ruolo cruciale nel garantire benessere e assistenza a donne e adolescenti. Tuttavia, la storia di questi presidi, fondamentali per la salute individuale e sociale, è minacciata da tagli al welfare e riorganizzazioni del sistema sanitario. Con la chiusura di molte strutture (senza possibilità di riapertura), la responsabilità di un numero sempre più crescente di persone che richiedono il servizio ricade su meno personale di quanto stabilito dalla legge.
Consultori a rischio chiusura: i numeri
La situazione critica dei consultori familiari in Italia si aggrava ulteriormente, secondo i recenti dati pubblicati dall’Istituto Superiore di Sanità nell’Indagine sui consultori familiari 2018-2019. Con soli 1.800 consultori nel Paese, la cifra rappresenta un deficit del 60% rispetto agli standard previsti dalla Legge 34/1996, la quale stabilisce la necessità di un consultorio ogni 20.000 abitanti.
Questa escalation verso il basso non accenna a diminuire, e i consultori continuano a chiudere i battenti per sempre, nel completo silenzio dei politici. Uno degli ultimi a cadere è stato il consultorio autogestito Mi Cuerpo Es Mio a Catania, diventato poi un simbolo della lotta per la tutela della salute delle donne.
Ad oggi la situazione non è di facile risolvibilità, ed è aggravata dalle disparità regionali, poiché molti consultori non rispettano le direttive nazionali. La carenza di investimenti e la mancanza di sostituzione del personale medico in pensione contribuiscono ulteriormente al declino di questi presidi vitali.
Sebbene la legge attuale preveda una struttura ogni 20.000 abitanti, in media in Italia ve n’è una ogni 32.000, con condizioni critiche in Basilicata, Molise e nella provincia autonoma di Trento. L’accessibilità risulta più complicata specialmente al sud e nelle isole. Solo la metà dei consultori si occupa di questioni LGBTQIA+, evidenziando lacune nella copertura e nell’attenzione alle diverse esigenze della popolazione.
Consultori e aborto tra realtà e falsi miti
In Italia c’è una percezione distorta dei consultori, visti per lo più come i luoghi dove viene prescritta la pillola del giorno dopo alle adolescenti, oppure dove le donne interrompono la gravidanza. Si tratta di un racconto piuttosto semplicistico perché in realtà i consultori offrono, tra le altre cose, assistenza psicologica per la preparazione alla maternità, visite ginecologiche e controlli, assistenza alle mamme e ai neonati. In questo contesto la situazione è particolarmente critica per l’assistenza all’interruzione volontaria di gravidanza (IVG), perché il 68,4% dei consultori offre un aiuto pre-IVG, ma con insufficienti controlli e supporto. La carenza di strutture e di personale, unita all’opposizione politica e a una narrazione distorta, impedisce l’accesso all’aborto farmacologico in molte città italiane.
In questo contesto, stanno emergendo movimenti come “Riprendiamoci i Consultori” per sensibilizzare riguardo le condizioni critiche dei consultori e per promuovere la partecipazione attiva della comunità nella tutela della salute delle donne.
Finanziamenti, poche risorse e un buco nero di tagli
Nel 2021 è stato approvato un finanziamento aggiuntivo per i consultori italiani per il biennio 2022-2023, pari a 987000 euro. Non è stato sufficiente visto che comunque questo non ha fatto sì che si arrestasse la parabola discendente delle chiusure. Infatti, la mancanza di risorse e la carenza di investimenti più adeguati mettono a repentaglio l’accesso ai servizi essenziali di assistenza sessuale, psicologica e sociale. La situazione richiederebbe un intervento serio e profondo per preservare la salute e il benessere delle donne e degli adolescenti in Italia.
Ma la domanda rimane. Perché continuano a chiudere i consultori in Italia? Il quesito non è di facile e immediata risposta, perché le cause sembrerebbero essere legate soprattutto ai numerosi tagli operati alla sanità pubblica, stimati a 37 miliardi di euro negli ultimi 10 anni, o alla maggiore attrattiva a livello redditizio del privato.