A Villafranca di Verona, all’interno di una casa piena d’amore, crescono i gemellini Liam e Colin e il fratello maggiore Derek sotto la stretta supervisione di mamma Monia e papà Gabriele.
I gemelli interagiscono tra di loro e giocano, Derek di sei anni e mezzo invece preferisce stare per conto suo. Quello che è certo è che a vederla da fuori, la famiglia di Monia Gabaldo è bellissima. E lo è, senza ombra di dubbio, ma è soltanto avvicinandosi alle finestre di casa ed entrando al suo interno in punta di piedi che è possibile scorgere qualcosa di inaspettato.
Si tratta di una battaglia silenziosa, lunga e faticosa che ogni giorno mamma Monia e papà Gabriele conducono da quando si sono trovati faccia a faccia con lo spettro dell’autismo. Da quando sono diventati una famiglia nello spettro.
La storia di Monia. Medico, moglie e madre che combatte per i suoi 3 figli autistici
Derek, Liam e Colin sono tre bambini autistici, anche se le loro condizioni presentano gravità diverse. E scoprirlo per mamma Monia, pediatra e genetista, non è stato affatto facile. Abbiamo parlato con lei, che ci ha concesso una lunghissima e generosa chiacchierata per farci entrare nel suo mondo. Un flusso di pare che ci ha fatto sorridere sì, ma anche emozionare e commuovere. Lo ha fatto senz’altro la sua storia, dura e intensa, che per troppo tempo non è stata ascoltata.
Derek, Liam e Colin
La diagnosi di autismo per i tre bambini infatti non è arrivata infatti quando doveva. «Quando è nato Derek mi sono accorta subito che c’era qualcosa che non andava – ci ha raccontato Monia – e così ho iniziato a portarlo da diversi specialisti, ma dicevano che vedevo cose che non esistevano. Così sono andata dalla psicologa convincendomi che la colpa fosse mia. Eppure io vedevo in lui lo sfarfallio, quello tipico dell’autismo».
La frustrazione di non poter aiutare suo figlio era tanta. Eppure lei non hai messo in dubbio, e neanche per un’istante, i suoi sentori. Se è vero che l’istinto di mamma non sbaglia mai, quello di Monia le suggeriva di non arrendersi di fronte alle parole degli esperti. Intanto il tempo passava e la situazione non migliorava. A cambiare tutto, poi, è stato l’arrivo dei gemelli Liam e Colin. Mamma Monia e papà Gabriele li hanno osservati e hanno capito che c’era qualcosa che non andava: bisogna agire.
Dopo numerose visite specialistiche è arrivata quella diagnosi che nessun genitore vorrebbe mai sentirsi dire: «I tuoi figli sono autistici, mi hanno detto – ci ha raccontato Monia – e Derek è a un livello gravissimo, di lieve entità invece i gemellini». Ma anche per loro, e per arrivare alla tanto agognata verità, i genitori hanno dovuto faticare molto prima di avere tra le mani una diagnosi specifica. Alcuni colleghi, infatti, avevano ipotizzato che, semplicemente, i secondogeniti assumessero determinati atteggiamenti per copiare il fratello maggiore.
E invece era l’autismo, ancora e di nuovo. Una diagnosi terribile sì, che però finalmente faceva tirare un sospiro di sollievo a mamma e papà. Monia, da quel momento, ha potuto dare un nome a quella cosa da combattere: l’autismo. Per la famiglia tutto è cambiato: insieme, e mai lasciando nessuno indietro, hanno intrapreso un lunghissimo percorso fatto di terapie e visite mediche. Ma anche di giochi ed esercizi, che Monia e Gabriele monitorano ogni giorno per accelerare l’apprendimento dei piccoli. Perché l’unico obiettivo è quello di garantire una vita meravigliosa a Liam, Colin e Derek, al pari di tutti gli altri bambini della loro età.
Non si può guarire dall’autismo è vero, ma si può migliorare, non ci può arrendere, e la storia di questa famiglia ne è la conferma.
Una famiglia nello spettro
Combattendo, indagando e studiando, mamma Monia ha scoperto, nel 2018, che anche lei e suo marito sono autistici. Una diagnosi, quella, che non solo le ha permesso di comprendere meglio il suo passato e le sue esperienze, ma che ogni giorno le consente di entrare in connessione con le difficoltà che hanno i suoi bimbi, e che sono state anche le sue in qualche modo, e creare nuove strategie per ognuno di loro.
Sapere di avere una famiglia nello spettro (autistico), e così che la racconta a noi e al mondo intero, non l’ha gettata nello sconforto, neanche per un momento, tutto il contrario. La quotidianità si è trasformata in una sfida che muta, cambia e si evolve ogni giorno, ma i risultati si vedono e sono grandiosi. Con la voce entusiasta e rotta dalla commozione, Monia ci ha confessato che questa non è più solo la sua battaglia. La giovane mamma, infatti, è diventata un vero e proprio punto di riferimento per gli altri genitori che nelle loro case convivono quotidianamente, a volte senza essere supportate a sufficienza, con lo spettro dell’autismo.
La battaglia di tutti
E se è vero che il destino esiste, siamo certi che sia stato proprio lui a indicare la strada a Monia, quella che oggi l’ha fatta diventare la portavoce di questo gap nel sistema sanitario rispetto all’autismo. Quello che è successo, e che lei ci ha raccontato, ha qualcosa di magico. Durante infatti una giornata speciale organizzata dalla classe di asilo di Derek, il bambino ha lanciato, insieme ai suoi compagni, un palloncino con dentro un desiderio per il suo futuro: guarire dall’autismo.
«Il palloncino di Derek da Villafranca è arrivato a Frosinone – ci ha raccontato Monia quasi incredula – e una famiglia ha letto il biglietto al suo interno e ci ha rintracciati. Si è offerta di aiutarci e ha raccontato la nostra storia ad alcuni giornali locali. Poi, siamo stati chiamati da altre riviste nazionali e la nostra storia è diventata di dominio pubblico».
La battaglia di Monia e Gabriele oggi è diventata il simbolo tutte quelle famiglie che vivono la stessa situazione e, che unite in coro, faranno sentire la loro voce fino a quando non ci sarà un cambiamento, una formazione adeguata e un supporto nei confronti di genitori e bambini che combattono ogni giorno contro lo spettro autistico.
«Ogni giorno, ricevo messaggi da parte di genitori spaventati e disperati che mi dicono che i loro figli non guariranno mai, non parleranno mai. Io gli dico che ce la faranno, che devono tenere duro e che non sono soli»