Sono passati tanti anni da quel 1° maggio del 1994, quello in cui il mondo restava immobilizzato, esterrefatto, attonito. La notizia della sua morte rimbalzava su tutti i tabloid, tra le parole appena accennate di chi non riusciva ancora a credere di dovergli dire addio, tra le lacrime di un Paese che lo aveva eretto a simbolo di speranza e rinascita. Ayrton Senna era morto in quel terribile incidente nella curva del Tamburello e il mondo perdeva uno dei più grandi piloti mai esistiti.
Eppure quella grandiosità di cui ancora oggi parliamo non aveva nulla a che fare con la sua morte. Senna non ha avuto il suo riconoscimento post mortem come invece capita a molti. Lui era già una leggenda, un mito. Stava già scrivendo la storia, una storia eterna destinata a durare per sempre.
Ecco perché a distanza di tanti anni, il mondo ancora celebra la vita del campione brasiliano, le sue imprese straordinarie, quelle acclamate e venerate. Ecco perché a distanza di anni il ricordo di quel 1° maggio non si può cancellare. Perché la sua storia era destinata a diventare indelebile ancora prima del tragico epilogo perché era già scritta e consacrata lì, tra l’ammirazione e il rispetto che tutti nutrivano nei confronti del pilota più amato della storia. L’uomo che ha vinto sulla morte e sul tempo.
C’era una volta Ayrton Senna
Parlare di Ayrton Senna vuol dire parlare di Formula 1, di campioni e leggende, di storie che hanno cambiato il mondo e che sono destinate a essere raccontate, ieri, oggi e per sempre.
Nato a San Paolo il 21 marzo del 1960 Ayrton Senna da Silva è considerato il pilota automobilistico per eccellenza, una leggenda vivente e immortale. Soprannominato Magic, è stato riconosciuto all’unanimità come uno dei piloti più influenti di tutti i tempi, nonché il simbolo della Formula 1 e di tutto il settore dell’automobilismo.
Un uomo gentile ma al contempo spietato, solo su quelle piste che l’hanno visto gareggiare e vincere. Attento a ogni aspetto della corsa, compresa la gestione delle vetture che guidava, il pilota brasiliano detiene ancora oggi il record di vittorie sull’iconica pista di Monte Carlo.
Correre, competere, è nel mio sangue. Fa parte di me, fa parte della mia vita. L’ho fatto per tutta la vita e spicca su tutto il resto.
Amante dello sport sin da bambino, Ayrton Senna si dedica alla corsa, al tennis e al ciclismo. È anche appassionato di volo, ma la sua grande vocazione si palesa tra le piste automobilistiche all’età di 13 anni quando inizia a gareggiare con le kart. Non è solo il campione del mondo, titolo conquistato tre volte nella sua carriera, ma anche un uomo straordinario che ha fatto beneficienza durante tutta la sua vita.
I guadagni accumulati grazie al suo lavoro e alle sue vittorie, infatti, venivano donati dallo stesso pilota ad associazioni di volontariato come rivelerà sua sorella dopo la sua morte. Il suo stesso testamento, in parte, è un’opera di carità nei confronti dei più bisognosi.
1º maggio 1994
Una carriera straordinaria, quella di Senna, stroncata improvvisamente il 1° maggio del 1994. Una data, questa, che ha paralizzato il mondo intero, che ha spezzato l’anima del Brasile di cui il pilota era diventato il simbolo. A distanza di tanti anni trascorsi da quel giorno maledetto dimenticare sembra ancora impossibile.
Nessuno poteva immaginare un epilogo così tragico iniziato con la pole position di Ayrton Senna già dal primo giro. Eppure quello che era successo sulla pista, poco prima, sembrava quasi un monito a non continuare quella gara maledetta.
Il venerdì, infatti, si era aperto con l’incidente di Rubens Barrichello, mentre il sabato aveva perso la vita Roland Ratzenberger. Senna aveva scelto di gareggiare con la bandiera austriaca, per dedicare un eventuale vittoria al pilota e al Paese.
Ma la corsa non inizia bene, segnata già da un incidente tra JJ Lehto e Pedro Lamy che ferisce gli spettatori. The show must go on, pensano tutti, fino a quando durante il settimo giro, Ayrton Senna esce dalla pista schiantandosi contro il muro della curva del Tamburello.
Frena ma questo non basta, l’impatto è spietato. Nonostante i diversi e disperati tentativi di rianimazione, il pilota esala il suo ultimo respiro. Sono le 18:40 del 1° maggio del 1994 e Ayrton Senna è morto.
Il più grande pilota di sempre
Aveva solo 34 anni, Ayrton Senna, quando ha esalato il suo ultimo respiro incosciente. E chissà quante cose straordinarie era destinato ancora a fare. Eppure quel giorno, quel 1° maggio il mondo intero doveva dire addio al campione, alla leggenda, al mito. Così come doveva farlo il Brasile che lo aveva eletto a emblema di rinascita.
Furono 3 i giorni di lutto nazionale proclamati nel Paese, e infiniti quelli in cui il pilota brasiliano è stato ancora pianto, celebrato e ricordato. Perché quelli erano gli anni più delicati e complicati della storia del Sudamerica, e Senna rappresentava la speranza di un cambiamento tanto atteso quanto doveroso per uscire da quella paura divagante, dalla violenza, dalla povertà e dalla corruzione.
E bastava guardarlo in televisione, bastava menzionare il suo nome o ricordare le sue vittorie per ritrovare una speranza che sembrava svanita. Perché lui, il campione del mondo per tre volte, era il figlio di un popolo che credeva ancora nel cambiamento. Era il simbolo del coraggio e della determinazione, di tutti quei sentimenti onesti che rendono tale un campione. Un campione che è riuscito a entrare nella storia e nel cuore di tutto solo grazie ai suoi meriti, senza privilegi o corruzione. Ayrton Senna era il volto più bello del Brasile, del settore sportivo e del mondo intero.
E lo era perché era un pilota straordinario, ma anche un uomo semplice e generoso che in silenzio e in discrezione di occupava degli altri. Che amava la sua famiglia e che coltivava un profondo rapporto con sua madre. Che credeva nella sua religione e quella professava. Di lui dicevano che aveva sempre una Bibbia con sé e che prima di ogni gara leggeva i passi più significativi.
Sulla sua tomba nel Cimitero di Morumbi, San Paolo, metà di pellegrinaggio ieri e oggi, campeggia sulla lapide una scritta che lo rappresenta: “Niente può separarmi dall’amore di Dio”.
E niente può separarlo neanche dalla storia che lui stesso ha scritto, quella è rimasta vivida nei ricordi di tutti. “Addio Ayrton, la morte ti ha raggiunto ma non è riuscita a sorpassarti”, recitava la frase sull’iconico striscione esibito durante il corteo del 5 maggio in Brasile per omaggiare il grande uomo. Avevano ragione, Senna aveva vinto anche sulla morte.