Mancava solo un mese al compimento dei tuoi 18 anni, e mi chiedo se anche tu, come è successo a tutte noi, immaginavi che spegnendo quelle candeline la tua vita sarebbe cambiata per sempre. Se sognavi l’indipendenza e l’autonomia che si auspicano a quell’età, quando i sogni prepotenti e straordinari ci fanno credere di poter dominare il mondo intero.
E invece non ce l’hai fatta, Giulia, ad arrivare a quel traguardo perché i tuoi demoni sono stati più forti di te e della tua voglia di vivere, caratterizzata ormai dall’ossessione di una perfezione che non esiste alla tua età. Che non esiste e basta.
La tua storia, cara Giulia, è simile a quella di tante, troppe ragazze che soffrono di disturbi alimentari che non andrebbero mai presi alla leggera. Il tuo era reale, subdolo e infame e aveva anche un nome: anoressia. Quell’ossessione ti ha divorata da dentro, rendendo il tuo corpo troppo esile e debole, persino per sopportare il battito del tuo cuore. Così quel sorriso solare e quello sguardo sognante che incorniciavi con orgoglio con quella cascata di riccioli scuri, si sono spenti.
E chissà se qualcuno te l’aveva detto, Giulia, che la perfezione non esiste. Che quei 26 chili non ti rendevano più bella, ma solo malata. Che il tuo sogno di entrare nel mondo della moda, quello già frequentato da tuo fratello Tony, non doveva andare a discapito di una bellezza che già ti apparteneva, dentro e fuori. Quello che invece non avevi più era il benessere, che ti scivolava via dalle dita giorno dopo giorno.
Dicono che amavi truccarti, e anche tanto, che lo facevi perché volevi essere bella, anzi bellissima. Ma quel make up era diventato troppo pesante anche per il tuo corpo, sempre più debilitato. In quei 26 chili che ti trascinavi dietro negli ultimi mesi di vita si nascondevano paure, tormenti e ossessioni che probabilmente non possiamo capire, ma possiamo ricordare oggi e per sempre. Perché è nostro dovere farlo.
E ora che non ci sei più, che scivolando nell’anoressia in questa sei caduta per sempre, il nostro compito non può che essere quello di urlare la tua storia al mondo. Di prenderci la responsabilità di quello che è successo, come persone e come società, affinché questi modelli sbagliati e inesistenti non distruggano più la vita delle persone. Come è successo alla tua.
Con te abbiamo fallito Giulia, perché non siamo riusciti a salvarti da un destino che avevi scelto inconsapevolmente. E dare la colpa agli stereotipi o alle false immagini che ci teniamo strette alle stregua di un feticcio non servirà a portarti indietro. Ora il tuo nome è sulla bocca di tutti, i giornali titolano gli articoli parlando di te, e noi ti ricorderemo per sempre.
Ma nel luogo in cui sei adesso, Giulia, ci auguriamo che troverai la pace che hai sempre cercato. Una pace unica e imperfetta, ma bellissima, così come lo eri tu.