Edie Sedgwick bellissima e indimenticabile: la fragile musa di Andy Wharol

La regina della Factory, definita un'opera pop vivente, ha incontrato il male da vivere. E di quello non si è mai più liberata

Pubblicato: 27 Giugno 2021 08:00Aggiornato: 7 maggio 2024 12:15

Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Come ogni artista anche Andy Warhol aveva tante muse. Donne bellissime e dai lineamenti particolari, fondamentali alla Factory, ma nessuna indispensabile. Tutte, ma non lei che era bella da fare male, che era carismatica come nessun’altra, che era un’opera pop vivente, come amava definirla chi da lei traeva ispirazione.

E avevano ragione a considerarla una musa insostituibile perché Edie Sedgwick era speciale. Era la più bella e la più particolare tra tutte le presenze di quella fucina creativa che raccoglieva artisti e superstar newyorkesi. Edie era la Factory, ma era anche fragile, tanto. Forse troppo per quel mondo.

Chi era Edie Sedgwick

Nata all’anagrafe come Edith Minturn Sedgwick, una volta arrivata a New York è diventata per tutti Edie. Cresce in un ranch nei pressi di Santa Barbara insieme ai suoi fratelli, la sua è una famiglia numerosa. Ma quando è ancora una bambina perde due fratelli, uno a causa di un incidente, l’altro per suicidio. È forse lì che Edie conosce quel male di vivere che l’accompagnerà per tutta la vita.

A soli diciannove anni, infatti, viene ricoverata in una clinica psichiatrica per anoressia. Un disturbo, questo, che l’accompagnerà per tutta la vita.

Edie però è intelligente e curiosa, affamata. Decide così di trasferirsi a New York negli anni dell’arte e della creatività, dei colori e delle luci che rendono la città il centro del mondo. Ed è anche il luogo dove lei, con quei grandi occhi neri incrocia lo sguardo di Bob Dylan con il quale avrà una breve, ma intensa, relazione.

La sua bellezza non passa inosservata ed è così che la scopre Andy Warhol. Riconosce la sua sensualità, l’eleganza e il mistero, ma anche una certa sofferenza velata nascosta dagli eccessi che caratterizzano la vita Edie.

A New York tutti la vogliono: prima appare nei film di Warhol, poi viene chiamata a posare per le riviste di moda e lifestyle. Tutto quello che tocca si trasforma in oro, Edie diventa l’influencer dei suoi tempi, la reginetta della mondanità, nonché il volto della Factory. È a lei, infatti, che sarà dedicato un film dal titolo Factory Girl.

Ragazza fragile e immortale

C’è un punto nella vita di Edie in cui tutto, però, cambia. Peggiora, precipita. La ragazza riceve l’eredità di famiglia e comincia a spenderla in maniera incontrollata con eccessi e abusi di ogni sostanza. Chi è intorno a lei, in quel periodo, affermerà che Warhol resterà sempre al suo fianco, che il loro rapporto è così intimo e profondo che l’artista non la lascia mai sola, neanche nei suoi momenti peggiori. Ma c’è anche chi sostiene il contrario, ipotizzando che l’esponente della pop art sfrutti solo la bellezza e il successo della modella.

La verità non la sappiamo, ma il rapporto tra Edie e Andy Warhol a un certo punto si incrina. Senza di lui la ragazza si perde tra eroina ed eccessi. Nessuno la vuole più. Il male di vivere la colpisce, la stordisce, fino al punto da allontanarla da tutto e da tutti. Edie ritorna in California e viene nuovamente ricoverata in una clinica psichiatra per guarire dalle sue dipendenze.

Qui lontano dalle luci e dal frastuono di New York si innamora di un uomo e lo sposa. Ma i demoni non sono andati via. Tornano e lo fanno in maniera nefasta: e a soli 28 anni Edie viene ritrovata morta, da suo marito, per un’overdose di barbiturici.

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