Cos’è la bioterapia nutrizionale?

Tutto sulla nuova metodica per la prevenzione e la cura delle malattie che utilizza il potere farmacologico degli alimenti per la salute

Pubblicato: 20 Gennaio 2020 08:00

Luana Trumino

Editor specializzata in Salute & Benessere

Laureata in Scienze dell’Alimentazione e Nutrizione Umana, da oltre 15 anni scrive di benessere, occupandosi prevalentemente del rapporto tra nutrizione e salute.

Per stare bene, migliorare i sintomi di una patologia o, meglio ancora, prevenirla basta mangiare in maniera salutare? Non solo. Occorrerebbe nutrirsi con gli alimenti più adatti al proprio organismo e alle proprie esigenze. Una persona con un normale peso corporeo, insofferente, ansiosa, agitata e insonne, per esempio, avrà sicuramente bisogno di cibi diversi da quelli consigliati per un soggetto calmo, placido, in sovrappeso e rallentato nei suoi processi psico-metabolici.

Una nuova scienza

La bioterapia nutrizionale può rivelarsi utile per scegliere la migliore dieta personale. Si tratta di una metodica terapeutica che permette di ripristinare, con metodi naturali, le normali funzioni fisiologiche dell’organismo utilizzando il potere farmacologico di singoli alimenti. E lo fa attraverso complesse associazioni alimentari che, in sinergia, intervengono nelle più diverse condizioni di squilibrio disfunzioni organiche oppure variando i metodi di cottura utilizzati, al fine di aumentare la biodisponibilità dei cibi utilizzati. L’alimento, infatti, è il primo attore di tutti processi vitali: da esso si traggono tutti gli aminoacidi essenziali che l’essere umano con è in grado di sintetizzare, le proteine, i sali minerali, le vitamine e tutti gli altri oligoelementi indispensabili alle complesse reazioni chimiche da cui dipende la vitalità e la vita dell’individuo. È importante, però, che questo alimento sia consumato nel modo corretto al fine di trarre il massimo vantaggio da esso.

L’importanza delle combinazioni alimentari 

Quando una persona è anemica, il consiglio alimentare è quello di consumare i famigerati spinaci, che contengono una discreta quantità di ferro. Ma proviamo a pensare se, contemporaneamente, si soffre anche di calcoli renali. Il vegetale, ricco di acido ossalico, andrebbe a peggiorare la funzione renale! Più utile, invece, si rivelerebbe il crescione. Per due motivi: innanzitutto perché il suo ferro è più di biodisponibile in virtù dell’azione sinergica del contenuto in arsenico, manganese, rame, e zinco; inoltre, può essere sfruttata l’azione diuretica caratteristica dell’alimento attribuibile allo iodio in esso presente (in quanto pianta della famiglia delle crucifere). Bene anche la cicoria che, in quanto drenante renale, non grava sulla funzione dell’organo e, allo stesso tempo, permette l’utilizzo di tutto il ferro attraverso l’azione congiunta di magnesio, manganese e zolfo.
Corrette e combinazioni alimentari permettono, inoltre, di assorbire maggiormente un certo nutriente. Per assorbire maggiormente il ferro contenuto in un alimento, per esempio, potrà essere aggiunta delle vitamina C presente negli agrumi. Utile anche l’uso di erbe aromatiche (in particolare il prezzemolo), molte delle quali non sono solo fonti naturali di ferro, ma stimolano anche le secrezioni dello stomaco aiutando a mantenere elevata acidità dell’ambiente gastrico: un altro elemento che consente un migliore assorbimento del minerale.

La biodisponibilità dell’alimento 

Un’altra considerazione su cui si basa la bioterapia nutrizionale è che non bisogna considerare solo il principio attivo o l’elemento di cui è ricco un cibo, bensì la biodisponibilità dello stesso e il tipo di cofattori che ne permettono l’utilizzazione. È necessario, inoltre, tenere conto anche delle interazioni tra i vari alimenti. Per fare un esempio, pare che la milza di bovino sia in assoluto l’alimento più ricco di ferro: ne contiene ben 42 mg per 100 g di parte edibile. Peccato che la mucosa digerente non riesce ad assorbirne più di due 2,5 mg al giorno. È poi vero che anche altri alimenti contengono ferro, come le spezie e le erbe aromatiche come rosmarino, pepe nero, basilico, ma la percentuale è sempre riferita 100 g di parte edibile. Chi riuscirebbe a consumare un etto di prezzemolo? Ovviamente – segnalano i bioterapeuti nutrizionali – è giusto attingere a questi dati, ma più che preoccuparsi di scegliere gli alimenti in cima alla lista, bisogna selezionare quelli che sono realmente possibili nell’alimentazione quotidiana della persona e, ancora più importante, valutarne la reale possibilità di assorbimento del nutriente.

Crudo o cotto? 

Un’altra variazione significativa della biodisponibilità dei nutrienti ci può essere per lo stesso alimento a seconda se viene consumato crudo o cotto. L’indivia belga cruda, per esempio, ha una biodisponibilità immediata rispetto a quella preparata ai ferri.


Ogni cibo al momento giusto 

In bioterapia nutrizionale è importante anche la valutazione della distribuzione del nutriente utile alla persona nei vari pasti della giornata. Per esempio, se una persona necessita un maggiore apporto di iodio, sarebbe utile che non venisse consumato la sera, perché si rischierebbe di trascorrere la notte in bianco. 

Per saperne di più su questa metodica è possibile leggere il libro “Principi di bioterapia nutrizionale” (Vis Sanatrix Naturae) scritto dal dott. Fausto Aufiero, medico chirurgo e nutrizionista. Il volume è ricco di riflessioni, ma anche di spunti pratici sull’alimentazione quotidiana: dagli errori nella composizione dei pasti alle limitazioni di preziosi alimenti; dalla componente psicologica che incide sulle scelte nutrizionali all’inutilità del calcolo delle calorie; dalla biodisponibilità dei nutrienti alle modalità di cottura dei cibi.

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963