Jessica Gialdisi, “sono la mamma affidataria dei miei fratelli”

Jessica ha solo sei anni quando sua madre tenta il suicidio, sarà lei a salvarla, trovandola a terra raggomitolata, sulle braccia degli asciugami intrisi di sangue. Da quel momento quella bambina andrà all'inferno parecchie volte, riuscendo sempre a rialzarsi. Questa è la sua storia

Pubblicato: 12 Dicembre 2020 11:27

Irene Vella

Giornalista, Storyteller, Writer e Speaker

Scrive da sempre, raccogli emozioni e le trasforma in storie. Ha collaborato con ogni tipo di giornale. Ha fatto l'inviata per tutte le reti nazionali. È la giornalista che sussurra alle pasticcerie e alla primavera.

Jessica ha solo sei anni quando sua madre tenta il suicidio, e come scoprirà successivamente, non è la prima volta. Di quel giorno si ricorda ogni istante, il padre che esce sbattendo la porta, il silenzio improvviso della casa, più assordante di ogni urlo o insulto cui le sue piccole orecchie sono abituate, e poi la ricerca della madre, in quelle stanze che sembrano risucchiarla, fino alla porta del bagno, che è chiusa. Ed è lì che comincia a pronunciare quelle parole “mamma, sei qui? mamma rispondi ti prego” fino a quando riesce ad entrare, e quello che trova, diventerà uno degli incubi con cui nessuna figlia dovrebbe mai trovarsi a fare i conti.

Sua madre è a terra, raggomitolata in posizione fetale, sulle braccia degli asciugami intrisi di sangue, quel colore così rosso da sembrare dipinto, ma lei non smette di chiamarla, e, non ricevendo risposta, decide di chiedere aiuto. Si è tagliata le vene e quella bambina alta poco meno di un soldino di cacio, le ha appeno salvato la vita. Saranno anni difficili, spesso tremendi, un’infanzia rubata, perché quando i tuoi genitori sono tossicodipendenti, tu vali meno di una dose, quando l’eroina ti mangia da dentro, tu ti vendi anche l’anima. E non solo la tua. Condannando chi ti sta vicino al giardino della disperazione.

Jessica sarebbe potuta cadere in quel vortice, avrebbe avuto tutte le attenuanti del caso se avesse voltato le spalle alla vita e alla felicità, e invece no. La sua infinita voglia di vivere è stata quella che l’ha salvata. La madre l’abbandona, e nel 2005 il padre si risposa con una ragazza giovane e bellissima, da cui avrà tre figli, ma la situazione non cambia. Cambia solo la faccia della nuova donna entrata nelle loro vite, ma è un copione già visto e sentito, la droga, le urla, la devastazione, ma questa volta ci sono i suoi tre piccoli fratelli, che vedono in lei l’unica speranza di salvezza. È tra le sue braccia che si rifugiano quando tutto intorno si fa scuro, e la notte sembra non finire mai, ma anche lei soffre, ed è ancora così piccola che lo vorrebbe urlare tutto quel male che ha dentro, ed è stanca, tanto, troppo stanca, da permettere ai demoni della paura di affacciarsi nella sua mente, da farla arrivare a pensare che, forse, se morisse risolverebbe tutti i suoi problemi.

Ma a questo punto è la sua sorellina più piccola, di soli tre anni, a salvarla, bussando a quella porta chiusa chiedendo di farla entrare, sciogliendo in un abbraccio tutto il suo dolore. Da quel giorno fa una promessa, a se stessa, e ai suoi fratelli, li proteggerà per sempre.

Fonte: Foto di Jessica Gialdisi, SILVONI FOTO-OTTICA
Foto di Jessica Gialdisi

I libri diventano i suoi migliori amici, poi incontra Carlo all’istituto alberghiero che frequenta, e finalmente non è più sola, ma non le basta più, ha bisogno di essere abbracciata, ha bisogno che la sua famiglia ascolti il macigno che ha nel cuore. E allora smette di mangiare, pensa che forse diventando invisibile, pelle ed ossa, gli altri si accorgeranno di lei, ma suo padre è perso nella nebbia della depressione e non lo vedrà mai, a differenza del suo fidanzato e dei suoi nonni, i suoi angeli custodi.

Allora Jessica decide che una famiglia se la farà da sola, riprende a mangiare solo per poter rimanere incinta, anche se di anni ne ha solo 17, il bisogno di sicurezza e di felicità è più forte di tutto. E così, nonostante quel dolore, va avanti, grazie agli insegnanti che la stimano e le vogliono bene, e al suo ragazzo, che non la lascia mai da sola, e l’ultimo anno di scuola riesce a diplomarsi con il massimo dei voti, 100, e a coronare il suo sogno, quello di una gravidanza. Ed è da lì che questa meravigliosa ragazza riparte, va via di casa, anche se il rimorso di aver abbandonato i suoi fratelli la tormenta, ma è quando abbraccia sua figlia per la prima volta che l’oscurità scompare.

Non riuscirà a salvare la madre dei suoi fratelli, che morirà per overdose a 33 anni, non riuscirà a salvare suo padre, nonostante per un anno lo abbia accompagnato al Sert, per farlo disintossicare, e infine arriva il macigno più grande, la sua mamma ha portato a termine quello che lei da bambina era riuscita ad impedire, si è impiccata. Chiunque di noi a questo punto sarebbe potuta cadere, ma Jessica no, questa ragazza che piccola non lo è mai stata, questa giovane donna che nella sua breve vita ha provato tutti i dolori, che nessun cuore riuscirebbe a sopportare, senza uscire fuori di testa. Lei capisce che tutta questa devastazione deve portarle qualcosa di buono, capisce che solo accettando quello che è stato può mettere la parola fine alla sua infelicità, e si ricorda la promessa fatta alla sua sorellina, perché Jessica lo sa, sa che c’è un altro modo di vivere, sa che quella famiglia felice che ha sempre desiderato è un sogno che si può realizzare, e accoglie i suoi fratellini.

Le vengono in soccorso i servizi sociali per l’affidamento a cui chiede aiuto, e ai quali, per la prima volta, racconterà la sua storia, e che, da quel momento, non lasceranno mai sola, offrendole il supporto economico e psicologico di cui ha bisogno. Questa è la sua storia, queste le sue parole.

Fonte: Foto di Jessica Gialdisi, SILVONI FOTO-OTTICA
Libro di Jessica Gialdisi

“Sono una ragazza semplice, ricca di fragilità, ma anche coraggiosa. Lo sono diventata per istinto di sopravvivenza, non avevo scelta, non potevo continuare a vivere nella speranza che qualcosa o qualcuno potesse salvarmi, non mi restava che agire, mettermi alla prova e non dipendere più da nessun altro se non da me stessa. Per tantissimo tempo, ho guardato il mio dolore con assoluto disprezzo. La croce che portavo sulle spalle era così pesante che desideravo solo poterla eliminare per sempre. Così, nel momento peggiore della mia vita, ho iniziato un lungo cammino introspettivo alla scoperta di me stessa. Ho deciso di raccontare la mia storia nella speranza di poter esser d’aiuto a chi si trova ora in difficoltà, donando nel mio piccolo speranza e forza per reagire, per amare la vita, nonostante tutto. Quando mi sono trovata la bara di mia madre accanto, sono morta con lei, ma allo stesso tempo sono rinata.  

La mia vita è stata difficile, insidiosa e ricca di ostacoli pronti ad abbattermi, ma non le ho permesso di continuare a farlo. La vita, semplicemente, mi conduceva e non ero io a guidarla. Ho cercato un un’infinità di modi per poter eliminare per l’eternità il dolore che mi portavo dentro costantemente. Poi ho capito che, non avrei mai potuto eliminarlo, nasconderlo o metterlo da parte. Dovevo accettarlo ed affrontarlo, imparare a camminare a pari passo con Lui, riconoscere che esiste e che non può essere messo da parte. Ho scoperto che, quel dolore che tanto disprezzavo, in fin dei conti è stato ed è la mia linfa vitale, lo strumento per poter amare e vivere pienamente ogni istante. Ora la mia vita la dirigo io e questo immenso dolore mi ha permesso di essere oggi ciò che sono, per questo guardo la croce che porte sulle spalle con devozione. Aveva qualcosa di profondo da insegnarmi. Da quanto ho avuto il coraggio di denunciare, di chiedere aiuto e di abbandonare paure e vergogna, ho ritrovato la luce.

Dopo la perdita di mamma ho cominciato a scrivere, per me stessa, per aiutarmi ed allentare quel cappio al collo che mi toglieva il respiro. Inizialmente era una lunghissima lettera, oggi è un romanzo autobiografico intitolato “Vorrei essere stata bambina”. Lo scorso ottobre ho vinto un concorso letterario della Fondazione Ema Pesciolinorosso tra oltre 700 opere presentate, con la quale ho deciso di diffondere la mia storia per aiutare tanti altri giovani e famiglie in difficoltà. Vorrei dare un messaggio di speranza. Cambiare si può. Abbandonare le paure si può, ma ci vuole coraggio. Il coraggio di fare quel salto nel vuoto, non sapendo dove ti condurrà. Il modo dell’affido ha bisogno di essere conosciuto, gli adulti di oggi hanno paura e tanti ragazzi hanno bisogno di amore e di essere accolti in braccia sicure. Come dice il mio romanzo, ‘Vorrei essere stata bambina’. Non chiedevo altro. Tanti bambini vorrebbero poterlo essere, è un loro diritto e noi possiamo fare qualcosa, possiamo riempire quella loro mano vuota, farli sentire meno soli e sbagliati, hanno tanto bisogno di noi. L’affido familiare è un grande gesto d’amore alla portata di tutti. Arricchirà di valori e d’amore chi deciderà di seguirlo. Per me è stato così. Amore, protezione ed equilibrio.

Bambini, ragazzi ed adulti soffrono quotidianamente nascosti nel dolore e dal giudizio altrui, io sono come loro e vorrei farli sentire meno soli. Conosco bene il silenzio di chi sa e non dice nulla, di chi vede e finge di non vedere nulla. Conosco bene il peso dell’indifferenza ed il dolore di una sola parola scagliata contro. Conosco bene il peso di quel dito puntato contro, che annienta ed uccide fermandosi alla semplice apparenza.

Ciao a tutti, mi chiamo Jessica Gialdisi, ho 25 anni, e sono la mamma affidataria, felice, dei miei fratelli.”

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