Tumore dell’utero: sintomi e cosa c’è da sapere

Il tumore dell'utero, o carcinoma endometriale, è una neoplasia maligna che colpisce il rivestimento interno dell'utero, prevalentemente diagnosticata nelle donne in post-menopausa, e può presentarsi con sintomi come sanguinamento vaginale anomalo e dolore pelvico

Pubblicato: 13 Giugno 2024 11:22

Andrea Costantino

Medico chirurgo

Medico abilitato alla professione, iscritto all'albo dei Medici e degli Odontoiatri di Siena.

Il tumore dell’utero – l’organo femminile a forma di imbuto rovesciato deputato ad accogliere il feto durante la gravidanza – può riguardare sia il corpo, ossia la parte superiore, più larga, sia il collo o cervice, cioè la parte inferiore connessa alla vagina.

Ciascuna di queste due parti è formata da differenti tipi di tessuto, con cellule adibite a svolgere funzioni diverse. Il corpo uterino è formato da uno strato di rivestimento interno, chiamato endometrio.

L’endometrio è costituito da cellule note come epiteliali e ghiandolari, e da uno strato di rivestimento esterno, più spesso, denominato miometrio, composto da cellule muscolari.

La cervice uterina, in diretto collegamento con la vagina, è invece costituita da due porzioni dette endocervice (quella più vicina al corpo dell’utero) ed ectocervice o esocervice (quella più prossima alla vagina).

Le tipologie di tumore

Le cellule che rivestono queste due zone sono di due tipologie diverse: quelle squamose si trovano nell’ectocervice e le ghiandolari nell’endocervice. I due tipi cellulari si incontrano nella cosiddetta zona di transizione.

Quasi tutti i tumori del corpo dell’utero hanno origine dalle cellule dell’endometrio e sono chiamati adenocarcinomi endometriali (in quanto interessano sia le cellule epiteliali sia le ghiandole che compongono questo tessuto). Quando invece il tumore si sviluppa nel miometrio si è in presenza di sarcomi uterini.

Per quanto concerne gli adenocarcinomi, ne esistono diverse tipologie e la maggior parte di esse (80%) è rappresentata dai cosiddetti adenocarcinomi endometrioidi.

Altre forme più rare e più aggressive sono: il carcinoma sieroso, il carcinoma a cellule chiare, l’adenocarcinoma mucinoso, il carcinoma indifferenziato e il carcinosarcoma, che hanno diversi fattori di rischio.

Per quanto riguarda, invece, i tumori del collo o cervice, essi sono classificati in base alle cellule da cui prendono origine e sono prevalentemente di due tipi: 

Si parla di carcinoma a cellule squamose quando il tumore deriva dalle cellule che ricoprono la superficie dell’esocervice e di adenocarcinoma quando invece il cancro parte dalle cellule ghiandolari dell’endocervice.

Infine, anche se meno comuni (3-5% dei tumori cervicali), esistono tumori della cervice che hanno una matrice mista e sono per questo definiti carcinomi adeno-squamosi. 

Quanto è diffuso il tumore all’utero? Per quanto riguarda il corpo uterino, sono le neoplasie dell’endometrio a costituire la quasi totalità dei casi: si collocano al quinto posto per frequenza tra i tumori più diagnosticati nelle donne.

Sono cancri che colpiscono soprattutto soggetti in età adulta dopo la menopausa, con un picco di incidenza oltre i 50 anni di età.

In riferimento alla cervice uterina, invece, si può affermare che a lungo questa forma di tumore ha rappresentato a livello mondiale la più frequente per le donne, ma recentemente la situazione è sensibilmente mutata.

Nei Paesi sviluppati il numero dei casi e quello dei decessi continuano a diminuire grazie soprattutto agli esami di screening – Pap-test e HPV test – estremamente efficaci per la diagnosi precoce del tumore.

Sintomi del tumore all’utero

Nel caso di tumore del corpo dell’utero un sintomo caratteristico è il sanguinamento endometriale il quale può essere:

Se la malattia è in stadio avanzato, il sanguinamento può essere associato a un dolore pelvico, che può giungere a interessare anche gli arti inferiori, ed alla perdita di peso (senza apparenti ragioni, quindi tendenzialmente in assenza di una dieta).

Un po’ diverso è il caso del tumore della cervice uterina. In questa fattispecie, infatti, solitamente le prime fasi del cancro sono asintomatiche e spesso le eventuali manifestazioni possono essere legate ad altre patologie di tipo non tumorale. 

In caso di sintomatologia, si assiste a:

Cause del tumore dell’utero

Per quanto riguarda il tumore dell’endometrio, gli estrogeni sembrerebbero la causa principale.

È ormai pressoché assodato che un’attività estrogenica non bilanciata adeguatamente dal progesterone (ormone sessuale che svolge attività contrapposta agli estrogeni) incrementi il rischio di sviluppo di questo tipo di tumore.

In passato, infatti, l’impiego di terapie ormonali, volte a contrastare disturbi della menopausa, e basate esclusivamente sugli estrogeni ha causato un picco di incidenza del tumore dell’endometrio.

Partendo da questo assunto, sono potenzialmente fattori di rischio per l’insorgenza di tumori endometriali tutte quelle condizioni che aumentano l’esposizione agli estrogeni, come un inizio precoce del ciclo mestruale, una menopausa tardiva e l’assenza di gravidanze. In quest’ottica, l’uso della pillola anticoncezionale, costituita da un dosaggio bilanciato di estrogeni e progesterone, rappresenta un fattore protettivo.

Ulteriori fattori predisponenti sono l’età (picco di incidenza dopo i 50 anni), l’obesità, il diabete mellito e l’ipertensione, che aumentano di circa 3-4 volte il rischio di sviluppare il tumore rispetto alla popolazione generale.  

Se si parla invece del tumore alla cervice, il principale fattore di rischio è rappresentato dall’infezione da Papilloma virus umano (HPV) che si trasmette principalmente per via sessuale. 

Il preservativo, in questo caso, non protegge completamente dall’infezione, dal momento che il virus può essere trasmesso anche attraverso il contatto di regioni della pelle non coperte dal profilattico. 

Un inizio precoce dell’attività sessuale, partner sessuali multipli o un partner promiscuo possono incrementare il rischio di infezione, così come una condizione di immunodeficienza che può essere associata a diverse cause (ad esempio un’infezione da HIV, il virus dell’AIDS, o un precedente trapianto d’organo).

In ogni caso, è fondamentale ricordare che solo alcuni degli oltre 100 ceppi di HPV hanno un potenziale oncogeno e che la maggior parte delle donne che entra in contatto con il Papilloma è capace di debellare l’infezione grazie solo a proprio sistema immunitario senza conseguenze future per la salute.

Infine, altri fattori in grado di aumentare il rischio di tumore della cervice sembrerebbero il fumo di sigaretta, la presenza in famiglia di parenti strette con questo tumore, una dieta povera di frutta e verdura, l’obesità e, secondo alcuni studi, anche le infezioni da clamidia.

Diagnosi del tumore all’utero

Per quanto concerne il tumore del corpo dell’utero, sotto il profilo diagnostico, l’ecografia transvaginale è il primo esame a cui viene sottoposta la paziente, in modo da verificare un eventuale ispessimento della mucosa dell’endometrio.

In questa sede, se opportuno, si eseguirà anche una biopsia per la successiva analisi in laboratorio di un campione di tessuto epiteliale. La procedura più impiegata a tal fine è l’isteroscopia, che consente al ginecologo di visualizzare la cavità dell’utero – attraverso l’isteroscopio dotato di una piccola video camera sulla sommità – ed eventualmente procedere al prelievo bioptico.

Che esami fare?

Una volta completata la diagnosi in loco, il ricorso alla diagnostica per immagine (TAC, risonanza magnetica, PET) è necessario per valutare l’eventuale diffusione della malattia ai linfonodi o ad altri organi. 

Il tumore della cervice uterina, invece, può essere diagnosticato in fase molto iniziale o addirittura precancerosa se viene eseguito regolarmente lo screening con il Pap-test o con l’HPV-test.

In base ai risultati dei test, il ginecologo valuterà quale intervento adottare, in funzione della rischiosità dell’alterazione precancerosa.

In caso di anomalie si può procedere con la colposcopia, un esame ambulatoriale che permette d’identificare eventuali alterazioni a livello della cervice attraverso la visualizzazione ingrandita dei tessuti. Se necessario, in questa fase si effettuano anche biopsie mirate per ottenere indagini più approfondite.

Qualora vi sia una diagnosi di cancro del collo uterino, possono essere prescritti esami come tomografia computerizzata (TC)risonanza magnetica o tomografia a emissione di positroni (PET) per valutare con maggiore precisione l’estensione del tumore.

Evoluzione

In base al sistema di classificazione FIGO (Federazione internazionale di ginecologia e ostetricia), il tumore al corpo dell’utero, così come quello della cervice può essere distinto in quattro stadi, da I a IV, a seconda della sua diffusione nell’organismo. 

Analogamente ad altri tumori, più lo stadio è basso (e conseguentemente meno diffuso è il cancro) e maggiori sono le probabilità di cura.

Curare il tumore dell’utero

Il trattamento di un tumore del corpo dell’utero è influenzato dallo stadio a cui viene diagnosticato. Gli approcci possibili sono essenzialmente tre: chirurgico, chemioterapico e radioterapico (talvolta in associazione). L’isterectomia radicale, ovvero la rimozione dell’intero organo, rappresenta l’opzione terapeutica applicata con maggiore frequenza.

Nei casi in cui la malattia è a uno stadio più avanzato, considerando anche che la neoplasia insorge quasi sempre in donne in menopausa (l’isterectomia comporta la perdita della fertilità), si può optare anche per l’asportazione delle ovaie e delle tube di Falloppio.

L’intervento chirurgico può essere seguito dalla radioterapia, che in questo caso può essere anche interna. La brachiterapia è possibile inserendo attraverso la vagina piccoli ovuli in grado di emettere radiazioni una volta giunti nella cervice uterina.

In ogni caso, la radioterapia non preclude la possibilità di rimanere incinta dopo la malattia (a patto di aver effettuato un trattamento di preservazione della fertilità). 

La chemioterapia, invece, è una procedura riservata alle forme più avanzate del tumore del corpo dell’utero.

Sotto il profilo farmacologico, laddove il tumore presenti particolari recettori per gli estrogeni o per i progestinici – ci si può affidare anche all’ormonoterapia, somministrando sostanze in grado di bloccare l’attività ormonale, considerata uno dei fattori di crescita della malattia.

Attualmente, se si pensa alla profilassi, non esistono specifiche misure per il tumore dell’endometrio ma solo piccoli accorgimenti che possono contribuire a diminuirne il rischio.

Le buone abitudini

L’alimentazione e le terapie ormonali, per esempio, hanno un ruolo importante e sarà quindi auspicabile seguire una dieta sana e mantenere il peso corporeo nella norma.

Anche svolgere regolare esercizio fisico e, nel caso di necessità di utilizzo di una terapia ormonale sostitutiva, valutare assieme al ginecologo rischi e benefici, scegliendo il trattamento più consono alle proprie esigenze.

Nel caso di cancro alla cervice, la scelta dell’approccio terapeutico è legata principalmente allo stadio della malattia (ma anche a principi più generali come lo stato di salute della persona, l’età anagrafica e le sue esigenze). 

Negli stadi più precoci, quando il tumore è in una fase pre-invasiva e le lesioni sono di basso grado, possono essere impiegate la criochirurgia o la chirurgia laser che utilizzano rispettivamente il freddo o un raggio laser per congelare o bruciare le cellule malate.

Queste tecniche vengono definite distruttive, in quanto il campione istologico viene distrutto e non è quindi disponibile per una successiva analisi di approfondimento.

Nei casi, invece di displasie moderate o gravi, la scelta può ricadere sulla così detta conizzazione, un intervento nel quale viene asportato un cono di tessuto in corrispondenza della lesione senza compromettere la funzione dell’organo e la possibilità di avere figli. 

Le tecniche più invasive

Se invece il tumore è più esteso, si passa all’isterectomia, un intervento che prevede l’asportazione dell’utero in toto.

La radioterapia, che colpisce le cellule tumorali con radiazioni, è un trattamento valido in caso di malattia localmente avanzata, in genere in abbinamento alla chemioterapia (radiochemioterapia).

Alla radioterapia tradizionale nella quale la fonte di radiazione è esterna, va aggiunta anche la brachiterapia, ovvero l’inserimento nell’utero di piccoli ovuli che emettono radiazioni.

Sia la terapia esterna sia la brachiterapia mantengono intatto l’apparato riproduttivo e non modificano, in molti casi, la capacità di avere una normale vita sessuale.

Una terza via per il trattamento del tumore del collo dell’utero, riservato però alle tipologie avanzate o invasive, è la chemioterapia: somministrazione per via endovenosa di diversi farmaci contro il tumore, spesso combinati tra loro, tra cui cisplatino, paclitaxel, e l’antiangiogenetico bevacizumab.

In particolare, grandi risultati nell’ambito della ricerca oncologica degli ultimi anni sono forniti dall’impiego dell’immunoterapia, che si avvale di farmaci che vanno ad agire specificatamente su alcune vie di segnalazione intracellulare alterate od eccessivamente espresse a livello delle cellule tumorali.

A tal proposito, un recente studio ha permesso di mettere in luce come l’immunoterapia associata alla chemio-radioterapia tradizionale si sia rilevata fondamentale per cambiare il decorso clinico di una variante del carcinoma uterino.

L’evidenza emerge dai dati di sopravvivenza dello studio KEYNOTE-A18, coordinato da una ricercatrice italiana, Domenica Lorusso, dove è stato mostrato come l’utilizzo di Pembrolizumab più chemioradioterapia si sia rilevato estremmaente utile nel trattamento di prima linea del tumore della cervice uterina localmente avanzato.

Il trial clinico di fase III, che ha arruolato un totale di 617 pazienti, aveva come obiettivo la valutazione della sopravvivenza globale e della progressione libera da malattia (ovvero ovvero il tempo che intercorre tra il trattamento e la ripresa della malattia). Ad un gruppo di partecipanti è stata somministrata la terapia standard composta da chemioterapia e in alcuni casi bevacizumab, all’altro la stessa terapia con l’aggiunta dell’immunoterapico pembrolizumab. Con un follow-up mediano di 39 mesi, si è osservata una sopravvivenza globale nettamente maggiore nel braccio sperimentale rispetto al braccio standard sia nella popolazione generale sia nei diversi sottogruppi.

La ricercatrice ha sottolineato come si tratti di una scoperta estremamente significativa da un punto di vista prognostico per le pazienti affette: “Per la prima volta dopo 25 anni, riusciamo a cambiare lo standard di cura, migliorando la sopravvivenza delle pazienti con tumore della cervice uterina, che è una delle neoplasie più sintomatiche e dolorose che possano colpire una donna.”

Fonti bibliografiche:

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