Si chiama ”sindrome di Bridget Jones”. E tu ne sei affetta?

Quell'ansia, ossessiva e compulsiva, di restare single a vita

Pubblicato: 20 Giugno 2020 10:42

Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Gli psicologi la chiamano anuptafobia, per noi invece è, e sempre sarà, la sindrome di Bridget Jones, quella paura quasi patologica di rimanere single a vita.

Non tutte sognano di trovare il principe azzurro e di condividere con lui quel lieto fine che, anche se ha fatto sognare, non è diventato lo scopo della vita. Sono molte infatti le donne che si sentono complete anche senza una partner. C’è una fetta di protagoniste dell’universo femminile che però soffre terribilmente la mancanza di un compagno o un fidanzato, e peggio, la ricerca di questo diventa quasi compulsiva e ossessiva, fino a sfociare nel patologico.

Una condizione questa che è stata classificata come anuptafobia e che si collega inevitabilmente alla dipendenza affettiva. Ma chi sono queste Bridget Jones della porta accanto? L’identikit le vuole single, ovviamente, e già +30. Solitamente queste donne nascondo un passato fatto di traumi adolescenziali, rifiuti e tradimenti, hanno bassa autostima e cercano, disperatamente qualcuno che le dia continue conferme.

L’errore più grande che commettono le donne anuptafobiche, è quello di credere che la singletudine equivale al fallimento. Soffrono infatti la pressione sociale legata alla coppia, al matrimonio e ai figli e vagano, dai trent’anni in su, alla ricerca di qualcuno con cui condividere la vita a tutti i costi. Solitamente, si fanno aiutare da amici e parenti per costruire vere e proprie strategie di ricerca del partner, coinvolgendo anche gli affetti in queste dinamiche distruttive.

Esiste un modo per uscirne? C’è sempre una soluzione, che parte proprio dall’individuazione del problema. Essere donna richiede coraggio, ogni giorno, tutti i giorni e non possiamo ignorare cosa siamo, o quanta forza abbiamo. Non possiamo dimenticare che prima di essere fidanzate, compagne, mogli e mamme siamo donne: comprendere questo è già un primo passo verso la guarigione.

Non abbiamo bisogno di un partner per sentirci complete, né tantomeno dobbiamo sentirci sbagliate o socialmente fallite perché siamo single, piuttosto scegliamo di esserlo. Non accontentiamoci mai di una relazione che non ci soddisfa solo per mostrare a noi stesse e agli altri che anche ce l’abbiamo fatta. Ce la facciamo comunque, sempre, perché siamo donne.

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