La cattiveria altrui ci fa ammalare? Ecco come difenderci

I cattivi esistono, eccome! Sono intorno a noi e sono pronti a ferirci senza scrupoli né rispetto. Ecco come possiamo reagire alle loro azioni malevole uscendone indenni e serene

Pubblicato: 24 Luglio 2024 11:30

Marina Mannino

Giornalista esperta di Lifestyle

Laureata in Lettere, è stata la caporedattrice di una famosa rivista per ragazze e ha lavorato nella produzione musicale. Scrive per diverse testate e per DiLei si occupa di test sulla personalità, della rubrica #segretidelcuore e scrive articoli per la sezione DiLei GirlZ.

Esiste un essere umano che può dirsi buono al 100%? No. Tutti abbiamo aspetti negativi e positivi che convivono e che padroneggiamo grazie alla cultura, l’educazione, la morale, i sentimenti, il ragionamento. Ci sono persone, invece, che sembrano agire guidate solo da malvagità, egoismo e perfidia. Che intenzionalmente ci feriscono, ci umiliano, ci offendono. Probabilmente lo fanno perché sono piene di problemi che provengono dal loro vissuto familiare, da carenze affettive, dall’incapacità di relazionarsi con gli altri in modo costruttivo.

Ma se una persona cattiva è un soggetto da psichiatria, non è affar nostro: va bene essere comprensive, ma non siamo tenute a capire proprio tutti, a giustificare i comportamenti sgradevoli, a sopportare le scorrettezze di chi non ha il senso della misura, né il senso di colpa. La vita è già un bel po’ incasinata di suo per caricarci anche i problemi di chi non ha rispetto né umiltà verso gli altri. Noi dobbiamo prima di tutto proteggere il nostro benessere emotivo, cercando di non farci ferire da niente e nessuno.

Come difendersi da chi si dimostra cattivo

Stop ai pensieri tossici

Quando subiamo la pressione di un collega invidioso, un vicino di casa strafottente, un impiegato maleducato, evitiamo di fare pensieri negativi come “Ce l’hanno tutti con me”, “Mi odiano tutti”, “Non sono capace di reagire”. Sono convinzioni che fanno male innanzitutto a noi stesse, perché ci fanno sentire vittime perseguitate, bersaglio di tutta la malvagità umana, e possono renderci passive e rassegnate. Invece dobbiamo essere protagoniste, sempre, anche con chi si comporta male. Su la testa, quindi.  I pensieri sani sono “Che pena essere invidiosi!”, “Il tuo astio è un tuo problema”, “Chiudi la pratica, poi per me non sei mai esistito”.

Manteniamo la calma

È sconsigliatissimo ripagare chi ci ha ferito con la stessa moneta. Finiremmo per fare il suo gioco e perderemmo, perché la nostra educazione e la nostra indole gentile potrebbero soccombere di fronte a chi non possiede queste doti ma procede con l’egoismo e il cinismo. Mai mostrarci tristi o dispiaciute: è proprio quello che vuole il nostro malevolo interlocutore, farci innervosire e star male! Meglio ignorare la rabbia che ci sale in gola e ostentare indifferenza. Però teniamo a mente questa delusione per stare doppiamente in guardia, evitando però di fare la lista di tutti quelli che ci hanno fatto uno sgarbo. Piuttosto, sotto una risata sulla loro pochezza umana.

Rispondiamo con distacco

Ci sono un paio di brevi commenti che spiazzano i maligni. Il primo, e più efficace, è il gelido “Quindi?”. Di fronte a un’accusa campata in aria, a una frase perfida, a un’azione mirata a farci male, rispondere “Quindi?” ha un effetto destabilizzante, e talvolta deliziosamente irritante, su chi pensa di ferirci. Ci pone nella posizione di osservatrice scettica che non si fa toccare da nulla. La persona cattiva non saprà cosa rispondere e balbetterà una serie di sciocchezze a caso, rendendosi ridicola. L’alternativa altrettanto definitivo è “Eh già” che denota un disinteresse abissale e un distacco insormontabile.

Stabiliamo i confini

Facciamo comunque percepire agli altri che abbiamo dei confini intorno a noi: con gentile fermezza facciamo capire che non tolleriamo che nessuno li oltrepassi. Mettere le cose in chiaro con pacatezza è il miglior modo per trasmettere all’altro la propria sicurezza e solidità. Specialmente sul lavoro, è bene essere amiche di tutti ma non fare concessioni a nessuno. Le persone cattive, di solito, sono anche vigliacche e di fronte a una donna risoluta, sicura di sé, assertiva (e che suscita anche un po’ di soggezione) restano bloccate.

Favoriamo il confronto

Rimaniamo però sempre disponibili al confronto e alla discussione calma e civile. Se abbiamo a che fare con persone irrispettose, prevenute, pronte a colpirci, possiamo comunicare con loro chiedendo di chiarire il motivo del loro comportamento. Di sicuro non si aspettano una tale mossa, perché il loro fine è metterci all’angolo: vedere che tendiamo la mano (ma, intendiamoci, non in segno di pace e di resa) li sorprenderà. Si sentiranno persi. Ed è uno spettacolo davvero imperdibile.

Circondiamoci di affetti

Però avere a che fare con chi vuole ferirci fa comunque male. Circondiamoci sempre di affetti sicuri, di persone fidate che possono aiutarci a ridimensionare l’impatto del comportamento scorretto e offensivo altrui. Un abbraccio di un’amica o un sorriso di un fratello sono piccoli gesti affettuosi che alleggeriscono il peso della cattiveria che ci ha colpito e fanno in modo che si allontani da noi quel tanto che basta a considerarla con freddezza, per depotenziarla dalla sua carica dolorosa.

Chi ferisce sui social

E’ stato assodato che gli haters, i leoni da tastiera, i vigliacchi che si nascondono dietro un nickname per insultare sui social sono dei mentecatti insoddisfatti e frustrati che non hanno nulla di meglio da fare nella vita. Banniamoli senza pietà, segnaliamoli, eliminiamoli dai nostri profili senza esitazione. Con chi ci attacca sui social non dobbiamo più avere nessun contatto.

La vendetta? Inutile

Chi è cattivo vive male, è sempre insoddisfatto, arrabbiato, invidioso, sospettoso e destinato a rimanere solo. Non serve vendicarsi di una persona simile, perché ci pensa la vita stessa a dargli la lezione che si merita.

Se il cattivo è qualcuno a cui vogliamo bene

Può capitare che anche chi è vicino al nostro cuore – come un’amica o un parente – possa compiere un atto cattivo e ingiusto nei nostri confronti. In questo caso dobbiamo riflettere sulle sue eventuali motivazioni: sta vivendo un periodo di stress? È infelice per qualche motivo? Ha un problema importante che lo sta esasperando? Chi ci vuole bene difficilmente potrà compiere un atto negativo nei nostri confronti, a meno che non stia passando un momento difficile di cui non siamo a conoscenza. Se è una persona cara a farci una cattiveria inattesa, cerchiamo di capire cosa si nasconde dietro questo comportamento, prima di offenderci o decidere di tagliare i rapporti.

Sul lavoro possiamo tutelarci

Se proprio non possiamo evitare il collega infido e traditore, cerchiamo almeno di fargli capire cosa rischia.  Se è sempre scortese, sarcastico, maleducato, aggressivo, si può configurare il reato di mobbing – che non si verifica solo da capo ai sottoposti ma anche tra colleghi. E se mette in giro maldicenze su di noi (tipo che siamo raccomandate, incompetenti, leccapiedi, nullafacenti, doppiogiochiste) rischia lo stesso, perché incorre nel reato di diffamazione. In ogni caso il responsabile è il datore di lavoro che sarà obbligato a prendere i necessari provvedimenti. Vale la pena compiere cattiverie sul posto di lavoro? Forse no.

La lezione della storia

La storia è zeppa di personaggi cattivi, quasi che il divenire dell’umanità sia scandito più marcatamente dai malvagi che dai buoni. Forse perché i cattivi sono capaci di azioni così terribili che la memoria collettiva non può, e non deve, dimenticarle. “Chi non ricorda il passato è condannato a ripeterlo”, ammonisce la frase dello scrittore George Santayana incisa in trenta lingue sul monumento all’ingresso del campo di concentramento nazista di Dachau, in Germania. Dobbiamo ricordare sempre quello che hanno fatto i cattivi, per non ripeterlo mai più e per fare in modo che non si creino le condizioni per far prosperare la malvagità, la crudeltà, il disprezzo.

Questo suggerimento deve aiutarci anche nella nostra quotidianità: scegliamo di stare dalla parte del bene ma non dimentichiamo chi ci ha fatto del male. Questo non significa non perdonare, ma imparare da ciò che abbiamo vissuto.

 

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