Hanno combattuto tutti i giorni, ogni giorno, in questo ultimo anno e lo stanno facendo ancora oggi, per tutti noi. Sono i nostri eroi, guerrieri silenziosi di una battaglia che non è stata ancora vinta. Durante l’emergenza sanitaria, ancora in corso, non si sono mai fermati, lavorando da mattina a sera con un unico obiettivo: quello di salvare la vita.
Così, la consapevolezza del grandissimo lavoro del personale sanitario italiano, che viene svolto ogni giorno, si è diffusa in maniera capillare in tutto il mondo fino ad arrivare all’americana Lisa Clark, che ha ufficialmente sottoscritto la proposta di candidare i medici, gli infermieri e tutto il personale sanitario, al Premio Nobel della Pace.
L’abnegazione nell’emergenza del 2020 è stata commovente. Qualcosa di simile a un libro delle favole, da decenni non si vedeva niente del genere.
Così ha commentato il lavoro dei nostri eroi Lisa Clark, statunitense di nascita, fiorentina d’adozione, e co-presidente dell’International Peace Bureau, l’organizzazione umanitaria premiata con il Nobel per la Pace nel 1910. Lei stessa ha prestato attività di assistenza volontaria durante l’epidemia.
A farle eco anche il ministro della Salute Roberto Speranza: “Sono donne e uomini del nostro servizio sanitario nazionale, non mi è mai piaciuto usare la parola eroe. Sono persone che hanno fatto il loro lavoro dalla mattina alla sera senza risparmiarsi mai e continuano a farlo. Tutti, in questo anno così complicato, hanno capito quanto sia importante avere un servizio sanitario all’altezza”.
Ad appoggiare la proposta anche la Fondazione Gorbachev di Piacenza, una delle prime a manifestare la volontà di vedere riconosciuto lo sforzo incessante al quale è sottoposta la categoria da oltre un anno.
Perché sono loro, il riscatto dell’umanità intera, il simbolo della resilienza italiana. Medici, infermieri, farmacisti e operatori sanitari che hanno affrontato l’ultimo anno, drammatico e complicato, con una straordinaria abnegazione, rinunciando anche alle loro vite, sacrificandole per salvare quelle degli altri.
Hanno risposto di sì a ogni richiesta d’aiuto per mantenere quella promessa di curare tutti, senza distinzioni di sesso o di etnia. E l’hanno fatto anche quando le mascherine scarseggiavano, quando gli ospedali erano saturi e una cura ancora non esisteva, senza risparmiarsi mai. 420 di loro non ce l’hanno fatta e sono deceduti a causa Covid, non senza combattere. Ed è a loro, e a tutti gli altri, che va il nostro più sentito ringraziamento.