Cos’è il greenwashing? E perché è importante saperlo e imparare a riconoscerlo e ad evitarlo? Cerco di spiegarvelo in modo facile.
Indice
Greenwashing: cos’è e quali sono le sue caratteristiche peculiari
Il greenwashing altro non è che la pratica delle aziende che vogliono mettere in luce aspetti della loro produzione attenti al clima e al pianeta, con il solo obiettivo di distogliere l’attenzione del consumatore finale dalle pratiche meno limpide che la stessa azienda mette in atto. Normalmente si tratta di realtà abbastanza grandi, che hanno i mezzi per poter mettere in pista campagne di comunicazione massicce, volte proprio a dar loro una patina di sostenibilità, una patina green, appunto.
Come riconoscere il greewashing
Del greenwashing finalmente si sta cominciando a parlare, non solo sul web, ma anche sui vari social, da Instagram a YouTube. Sempre più divulgatrici e influencers attente ai temi legati all’ambiente cercano di smascherare le campagne di greenwashing e di fare luce su questa attività di comunicazione poco trasparente. Il modo migliore per riconoscere il greenwashing è chiedersi: questa attività che l’azienda mi sta descrivendo, che impatto reale ha sulle persone che realizzano il capo o sull’ambiente? Se l’azienda si professa come sostenibile a livello ambientale e sociale (quindi etica), per realizzare un determinato prodotto non deve essere stato fatto male a nessuno, ne all’ambiente né tanto meno alle persone.
Esempi più celebri di greenwashing
Se l’azienda in questione ci sta dicendo che pianterà un albero per ogni acquisto, o che devolverà parte del ricavato delle vendite alla costruzione di pozzi o scuole nel terzo mondo, o che salverà un determinato animale in via di estinzione, o che utilizza cotone organico, magari corredando il prodotto con etichette verdi o color cartoncino, in realtà non ci sta dicendo molto su come e dove vengono realizzato i prodotti che propone. E questo vale per la moda come per qualunque altro tipo di prodotto, dal food al beauty.
In sostanza, un’azienda può anche aprire una scuola in Africa o salvare le orche, ma se per realizzare un suo prodotto ha fatto lavorare in condizioni di lavoro non etiche chi ha preso parte alla produzione di quel prodotto, dalla materia prima al confezionamento, alla fine, non ci sta raccontando veramente come stanno le cose. Ci sta facendo vedere solamente una parte della sua verità. Pensiamoci la prossima volta che vediamo una promozione di questo tipo!
Rapporto fra greenwashing e moda
Tristemente, la moda è un bersaglio facile per il greenwashing, proprio perché è un settore in cui la sostenibilità è ancora molto molto scarsa e, soprattutto, c’è una gran confusione tra etica e sostenibilità. Spesso ci si accontenta della dicitura “cotone organico” e non si pensa a dove e come un determinato capo è stato prodotto o a che fine farà una volta che smetteremo di usarlo. Con la velocità di fruizione dei capi di abbigliamento dovuta al fast fashion, il percorso verso la discarica è rapidissimo e spesso non si considera che l’impatto ambientale dei rifiuti tessili è enorme: quando un brand ci propone 52 collezioni l’anno (ma anche 6 o più), sta davvero lavorando in modo attento all’ambiente? O vuole solo spingerci all’acquisto?
Come difendersi dal greenwashing
Difendersi dal greenwashing in realtà non è così difficile: basta fare attenzione alle etichette, leggendole con spirito critico. Questo vale non solo per la moda, ma per qualunque prodotto che acquistiamo, dall’arredamento, al cibo, ai tessili per la casa, all’oggettistica e alle suppellettili. È facile nascondersi dietro all’etichetta “coltivazioni bio” quando magari la manodopera che raccoglie le materie prime è sottopagata o schiavizzata. Anche se è vero che le certificazioni, purtroppo, non sempre sono garanzia di affidabilità, come hanno dimostrato tristemente molti servizi televisivi che si sono occupati degli ambiti più disparati, dalla moda, al settore agroalimentare, sono comunque una buona indicazione. Fate attenzione sempre anche ad un altro indicatore: il prezzo. Se è troppo basso, qualcun altro sta pagando quello che non stiamo pagando noi, in termini di salute o dignità.