Mio figlio è gay? Come affrontare l’omosessualità e fare chiarezza in famiglia

Si può influenzare un figlio, a tal punto, da determinare la sua identità sessuale? Quali sono le paure ed i dubbi dei genitori? U'esperta ha risposto alle nostre domande.

Pubblicato: 9 Novembre 2023 14:51

Giorgia Marini

Parenting Specialist

Ex avvocato. Blogger, con la laurea sul campo in Problemi di Mammitudine. Da 6 anni scrivo di gravidanza, maternità ed infanzia, sul mio blog “Stato di Grazia a Chi?” e su altre testate online. Racconto la maternità con brio, garbo ed empatia.

L’omosessualità di un figlio è, ancora oggi, ostaggio di grande ignoranza e di tanti dannosi pregiudizi, affrontarla in famiglia, perciò, può essere ancora, anacronisticamente, complicato. C’è chi ancora ritiene che l’omosessualità sia una scelta o una conseguenza di un’ educazione sbagliata dei genitori che sono stati capaci di influenzare la decisione dei figli circa la propria sessualità.

Per tale motivo, pur non essendo questa la sede per sviscerare l’argomento nella sua totalità, nell’articolo parleremo di come affrontare l’omosessualità del proprio figlio, quali sono le preoccupazioni e le annesse domande che si fanno mamma e papà.

Il tema è delicatissimo in quanto per molte famiglie l’omosessualità è un tabù e, per coloro che invece sono più lucidi e sereni a livello teorico, nella realtà dei fatti, quando questa possibilità si concretizza, ci si può scoprire poco preparati.

Abbiamo posto domande precise e dirette alla dottoressa Mio Lì Chiung, Psicologa Psicoterapeuta cognitivo comportamentale e presidente del Centro Salem, a Milano. Grazie alle sue preziose parole, possiamo riflettere su come affrontare l’omosessualità di un figlio e fare chiarezza in famiglia, lì dove questo evento possa risultare difficile da comprendere, ed essere oggetto di disinformazione.

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Stereotipi di genere

Si può influenzare l’orientamento sessuale di un figlio?

Lo vediamo nei parchi, nelle feste dei bambini, negli scaffali dei giocattoli dei negozi. Il rosa e l’azzurro, la macchinina e la bambola, il dottore e l’infermiera. Terrificante dirlo ad alta voce, come anche batterlo sulla testiera del computer, ma rimane la realtà dei fatti. Ancora oggi, nel nostro Paese, i bambini e le bambine vengono educati con una linea che li separa in palette, aspirazioni, giocattoli da chiedere a Babbo Natale. Certo non è evidente in tutte le realtà, a tutte le età, e 24 ore su 24 ma è innegabile quanto i nostri atteggiamenti di genitori ed in generale di adulti siano comportamenti stereotipati in base al sesso biologico. La paura che sottende ancora qualche genitore è se quella cucina, quella bambola, quella passione per le principesse eroine possa essere adatta al principino di casa, nel terrore possa diventare gay a causa della Disney.

“Alcuni genitori pensano di poter influenzare l’orientamento sessuale dei loro figli, incoraggiandoli a giocare con giocattoli tradizionalmente considerati “maschili” (come camion, trattori, macchine) e le figlie a giocare con giocattoli “femminili” (come bambole o cucine, prodotti di bellezza). Ciò è spesso fatto nella speranza di modellare un comportamento che si conformi ai ruoli di genere tradizionali.

Altri aspetti che potrebbero mettere in atto alcuni genitori possono riguardare l’abbigliamento, ritenendo che ci debba essere un modo maschile o femminile di vestirsi. Ad esempio alcune bambine vengono definite “maschiaccio” perché indossano con maggiore frequenza e piacere i pantaloni e quando assumono comportamenti in genere attribuiti all’indole maschile (arrampicarsi, giocare a calcio, essere fisiche).

Anche alla base della scelta dello sport dei bambini si è rimasti al passato: i bambini giocano a calcio e le femmine fanno danza”.

Facciamo errori anche con il linguaggio: “non fare la femminuccia”, oltre ad essere anacronistico ed offensivo per entrambi i sessi, fa passare concetti sbagliati che fanno male alle bambine ed ai bambini. Ma su questo potremmo scrivere enciclopedie ed ancora ci troveremmo di fronte a svilenti giudizi, perché le radici di tali pensieri sono assai lontane ed ancora troppo solide.

“È importante notare che questi atteggiamenti spesso derivano dalla mancanza di comprensione o da preoccupazioni sul benessere dei propri figli. Molti genitori possono agire con l’intenzione di proteggere loro dagli stereotipi o dalla discriminazione che potrebbero incontrare se non si conformassero ai ruoli di genere tradizionali. Tuttavia, è essenziale comprendere che non ci sono evidenze scientifiche sul fatto che l’orientamento sessuale e l’identità di genere siano influenzati da come un bambino gioca o da cosa indossa.

Gli esperti concordano sul fatto che l’orientamento sessuale sia una parte innata dell’identità di una persona, non influenzata dalle attività o dai giochi a cui sono sottoposti durante l’infanzia”.

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Stereotipi di genere

Mio figlio è gay: i dubbi e le paure

Come ha evidenziato la dottoressa Chiung, spesso, alla base delle scelte educative (di genere) non c’è una vera discriminazione quanto piuttosto un istinto protettivo. Basti pensare ad un bambino che voglia trascinarsi un passeggino giocattolo al parchetto, o che preferisca la danza al calcio o una principessa ad un supereroe e quanto possa essere oggetto di battute di schermo, o di alzate di sopracciglia, o di frasi infelici sulla sua “mascolinità”. Ed è questo che, sbagliando, un genitore potrebbe fare: reprimere aspirazioni, talenti del proprio figlio /a pensando che, negandoli, si possa strapparli da giudizi esterni cattivi ed ignoranti.

Quali sono le maggiori fonti di preoccupazione dei genitori:

Affrontare la famiglia e gli amici: i genitori potrebbero chiedersi come dovrebbero affrontare l’omosessualità dei loro figli con altri membri della famiglia, amici e conoscenti. Questo può essere particolarmente difficile se provengono da ambienti sociali o culturali in cui l’omosessualità è vista in modo negativo e suscita vergogna.

Paura del pregiudizio e della discriminazione: la paura dei genitori che i loro figli possano essere oggetto di pregiudizio, discriminazione o bullismo da parte degli altri. Questa paura è legittima, considerando che l’omosessualità può ancora essere stigmatizzata in alcune comunità e ambienti.

Impatto sulla salute mentale: I genitori possono preoccuparsi del benessere mentale dei loro figli omosessuali a causa delle sfide che possono sorgere nell’affrontare l’omosessualità in una società che potrebbe non essere sempre accogliente. La paura di depressione, ansia o isolamento sociale è comune.

Relazioni romantiche: i genitori potrebbero chiedersi come gestire le relazioni romantiche dei loro figli omosessuali. Possono avere domande su come aiutarli a navigare nei primi amori e nelle relazioni

Educazione sessuale e salute: potrebbero esserci domande su come fornire una formazione sessuale completa e inclusiva ai loro figli, così come sulla salute fisica e sessuale

È fondamentale riconoscere che queste preoccupazioni sono naturali e comuni quando i genitori apprendono dell’omosessualità dei loro figli. La comunicazione aperta e l’educazione possono aiutare i genitori a superare queste preoccupazioni e fornire il sostegno necessario ai propri figli. Molti genitori trovano utile connettersi con organizzazioni di supporto LGBTQ+ o consulenti familiari specializzati per ottenere risposte alle loro domande e affrontare queste sfide in modo amorevole ed empatico”.

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Come affrontare l’omosessualità in famiglia

Come affrontare l’omosessualità in famiglia

Abbiamo detto, e le abbiamo viste, quante siano le paure che i genitori possono avere sull’identità sessuale dei propri figli, in vista del futuro e del contesto nel quale si vive. Abbiamo sottolineato più volte quanto le famiglie, gli adulti, possano essere mossi da un giusto intento ma con un comportamento e con informazioni non corrette quanti danni possono procurare. Perciò gli errori che possiamo fare, credendo di fare il loro bene, possono essere nefasti più di un giudizio di cattivo gusto lanciato dall’esterno.

Per i figli quello che pensano i propri genitori è sempre importante, per la felicità, l’autostima, la sicurezza. E questo, da lato nostro, è una grande responsabilità ma anche un grande onore.

Leggiamo i consigli di chiusura della dottoressa Chiung, ricordandoci che, se davvero nostro figlio/a o noi come famiglia, sentiamo di non star gestendo in modo adeguato o sereno le nostre paure, confrontarsi con un/una professionista è una scelta che potrebbe darci molto frutti.

“Inizialmente, è fondamentale ascoltare attentamente il proprio figlio senza giudicare o interrompere. Questo è il momento di mostrare rispetto e accettazione per la sua sincerità, lasciando che ti racconti la sua esperienza, i suoi sentimenti e il percorso che lo ha portato a rivelare la sua omosessualità. È importante evitare reazioni negative o disapprovazione come commenti insensibili, sospetti, o rifiuto. Bisogna ricordare che l’omosessualità non è una scelta e non può essere influenzata o cambiata. Esprimere amore incondizionato e accettazione è cruciale, esprimendo tutto l’amore che provate e facendogli capire che nessun evento potrà mai cambiare i vostri sentimenti.

Questo può essere un momento emozionante per entrambi, quindi non abbiate paura di esprimere i vostri sentimenti con trasparenza. Conoscere sempre di più il mondo LGBTQ+ ti permetterà di comprendere meglio i vissuti emotivi e i bisogni di tuo figlio, potendogli offrire un supporto qualora ce ne fosse bisogno.

Un altro suggerimento importante è quello di rispettare la sua privacy e lasciare che sia lui a comunicarlo. È stato probabilmente un passo difficile parlarne in famiglia, quindi aspettate che sia il giovane a decidere con chi e quando condividere la sua identità.

Qualora come genitore tu faccia fatica ad accettare l’omosessualità di tuo figlio chiedi aiuto ad esperti che possono guidarti e supportarti attraverso un percorso psicologico. A volte capita che, nonostante razionalmente non si veda l’omosessualità come un problema, emotivamente i genitori sono comunque spaventati da questa nuova situazione. È un gesto di amore chiedere aiuto e fornire supporto a vostro figlio se dovesse averne bisogno. Esplicitare le proprie difficoltà è un grosso passo verso l’emancipazione”.

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