Benvenuti nell’era della “TikTok face”, dove la bellezza sintetica appiattisce personalità e carattere

Il fenomeno della "faccia da Instagram" è passato, ora siamo nell'era della "TikTok face". Ecco cos'è questa nuova tendenza diventata virale online dal forte impatto sociale

Pubblicato: 23 Febbraio 2024 16:19

Miriam Tagini

Giornalista e Lifestyle Editor

Giornalista pubblicista, in passato ha lavorato come web editor, content creator e social media manager. È bilingue e collabora con testate online nazionali e magazine internazionali. Per DiLei scrive di Lifestyle nella sezione GirlZ.

In un mondo fatto da filtri di bellezza, botox, filler e Photoshop siamo circondate da immagini di volti, soprattutto femminili, praticamente perfetti. Conosciamo tutte la “faccia da Instagram”, il modo di dire diffuso per definire l’espressione delle foto online delle donne; tutte uguali con sguardo felino, bocca gonfia e qualche lentiggine sul naso. Ma ora, data la diffusione capillare di TikTok, la “faccia da Instagram” si è evoluta nella “TikTok face”. E questa, purtroppo, non è una buona notizia.

La “TikTok face”

Bunny pretty e altri animali

Negli ultimi mesi abbiamo visto svariate, bizzarre, tendenze farsi strada su TikTok. Come ad esempio quella in cui le utenti della piattaforma hanno iniziato ad usare nomi di animali come parole in codice per descrivere il proprio aspetto. Sicuramente, infatti, hai già sentito parlare di ‘bunny pretty,’ ‘cat pretty,’ ‘deer pretty,’ o ‘fox pretty’ (cioè ‘bella come un coniglietto’, ‘bella come un gatto’, ‘bella come un cervo’ o ‘bella come una volpe’).

Come questi termini siano diventati un trend su TikTok non è ancora chiaro, ma probabilmente la tendenza ha avuto origine dall’industria della bellezza coreana. In Corea del Sud, è infatti comune utilizzare aggettivi legati agli animali per descrivere le caratteristiche del viso.

Ogni animale è associato a determinati tratti o caratteristiche del viso. Nello specifico:

Bunny pretty: si riferisce a una persona con un viso piccolo e rotondo e un aspetto carino e innocente.

Cat pretty: si riferisce a una persona con lineamenti taglienti e definiti, come zigomi alti, occhi a mandorla e naso appuntito.

Deer pretty: si riferisce a una persona dall’aspetto delicato e aggraziato.

Fox pretty: si riferisce a una persona con lineamenti affilati e definiti e un aspetto sexy e seducente.

Nessuna di queste categorie viene essere considerata superiore alle altre, ma piuttosto indica il punto di partenza per comprendere come procedere passo dopo passo verso la creazione di un look adatto a un determinato tipo di viso.

Girl pretty VS Boy pretty

Un altro esempio di “TikTok face” è la tendenza che divide le utenti del social in due categorie: Girl Pretty e Boy Pretty.

Questo trend vede le donne confrontare l’idea di essere considerate “carine dalle ragazze” con l’essere considerate “carine dai ragazzi” e distingue tra tratti femminili che le donne trovano attraenti e tratti femminili che gli uomini trovano attraenti.

Girl Pretty vs. Boy Pretty, anche se usate ironicamente, non solo crea nuovi standard di bellezza, ma favorisce l’insicurezza e alimenta un senso di competizione con le altre donne. Questo trend, ancor più di altri prima, sta rendendo gli standard di bellezza ancor più patriarcali.

Perché la “TikTok face” è un problema

Questi trend virali di TikTok hanno collezionato complessivamente centinaia di migliaia di visualizzazioni e la loro popolarità non sembra voler rallentare presto. Il che rappresenta un vero e proprio problema.

Perché?, vi starete chiedendo. Semplice. Perché la “TikTok face” non è altro che la tendenza ad una bellezza sintetica, pronta per il feed. Appiattisce la personalità e il carattere, tende a livellare le differenze individuali, creando l’illusione di unicità e, soprattutto, di autodeterminazione.

Dire di essere ‘bella come un cerbiatto’ o essere considerata ‘carina dagli uomini’ altro non è che un modo per falsare la diversità pur sostenendo gli stessi vecchi standard di bellezza gerarchica che si perpetuano da anni sui social media. È un ciclo difficile da spezzare, in un mondo che trasforma ogni tentativo di cambiamento in un altro prodotto da consumare.

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