Le notti insonni, il cuore a mille e le avventure: il mio primo Interrail

E io me lo ricordo ancora il mio primo Interrail, come se fosse ieri. Perché è stato unico e mi ha insegnato che non esistono limiti ai sogni

Pubblicato: 27 Luglio 2021 13:54Aggiornato: 23 maggio 2024 09:58

Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Io me lo ricordo ancora quel viaggio improvvisato tra le grandi capitale europee. Perché nonostante le pianificazioni e le discussioni su dove andare e cosa vedere, per mettere d’accordo tre menti ancora ribelli, la nostra età ci ha impedito di programmare tutto alla perfezione. E in fondo è stato meglio così.

Perché la voglia di provare i brividi e l’adrenalina di partire verso l’ignoto, e l’esperienza che da questo ne è derivata, si è trasformata in un ricordo indelebile nel cuore e nella mente. E io me lo ricordo così il mio primo Interrail, come l’avventura più bella della mia vita.

C’ero io e c’erano i miei amici di sempre. C’erano i passeggeri che salivano e scendevano dal treno. C’erano le chiacchiere scambiate con gli sconosciuti e i consigli preziosi che arrivavano da chi era già alla sua terza o quarta esperienza. Li appuntavo, sulla carta e nella mente, memorizzando gli sguardi entusiasti di chi sembrava già avere il mondo in pugno.

Io a quell’epoca ero solo una ragazzina alle prese con il suo primo grandissimo, e anche un po’ spaventoso, viaggio. Ma era quello il mio obiettivo: scoprire il mondo e di conquistarlo. Perché a quei tempi nessuno poteva dirmi che non era mio il diritto di sognare.

Ed è proprio grazie a quei sogni che mi facevo grande e mi atteggiavo a donna adulta e matura solo per rassicurare mamma e papà su quella mia scelta. Gli dicevo di stare tranquilli e di non avere paura, quando probabilmente quella più spaventata tra tutti, da questa grande esperienza, ero io. Perché a quell’epoca non c’erano le app di messaggistica istantanea e la connessione a internet per lanciare degli SOS e avere sempre la certezza di sapere dove stavo andando.

No, a quei tempi c’erano i sogni straordinari di tre adolescenti che, con uno zaino enorme in spalla, partivano alla conquista del mondo.

Berlino, Praga, Vienna e Budapest mi sono entrate nel cuore subito. I ricordi di quel viaggio sono vividi ancora oggi, nonostante la stanchezza delle ore trascorse in treno e delle notti insonni a pianificare il giorno che sarebbe venuto, con i mano quella birra di troppo che, ne sono certa, avrebbe fatto arrabbiare mamma e papà. E poi ancora i numeri scambiati con quei ragazzi conosciuti all’ostello, e la promessa non mantenuta di restare in contatto.

È stato quello il tempo in cui ho capito che il colpo di fulmine esisteva e non era proprio come quello decantato dai film. Perché lo avevo provato nei confronti di quel ragazzo conosciuto al bar, con il quale ho condiviso l’amore fugace e i sogni di una vita. E lo avevo provato di nuovo nei confronti di una città che ho dovuto lasciare troppo presto.

Perché in quell’avventura non c’era spazio per le lacrime, i rimpianti o i ripensamenti. Tutto doveva essere vissuto con fugace intensità perché poi si doveva salire sul prossimo treno. E tutto ciò che era stato doveva essere lasciato alle spalle.

Perché mille avventure ancora mi attendevano e quella era solo la prima. La stessa che ha lasciato un ricordo indelebile nel mio cuore. Perché il mio primo Interrail è stato unico e mi ha insegnato che viaggiare è una delle cose più belle al mondo.

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