Don Gnocchi, sacerdote: biografia e curiosità

Don Carlo Gnocchi è stato un prete e attivista che ha dedicato la vita ai giovani e alla loro educazione. Cosa sapere su questo educatore dichiarato Beato

Pubblicato: 3 Ottobre 2016 22:55Aggiornato: 29 ottobre 2024 06:27

Stefania Bernardini

Giornalista

Giornalista professionista dal 2012, ha collaborato con le principali testate nazionali. Ha scritto e realizzato servizi Tv prevalentemente di cronaca, politica, economia e spettacolo

“Un volto, uno sguardo che viene da lontano: l’amore per i giovani, la passione educativa, lo slancio di un lungo e mai finito cammino, tra i sentieri della guerra, nei silenzi smarriti della terra russa, l’affetto tenero ed appassionato per i suoi mutilatini”, è la prefazione che il cardinale Carlo Maria Martini ha fatto agli Scritti di don Carlo Gnocchi, parole che ben descrivono la missione della vita del prete e attivista lombardo. Il sacerdote, nel corso della sua vita, si è infatti completamente dedicato all’educazione e al sostegno dei giovani, in particolare quelli che provenivano da contesti di disagio sociale.

Chi era Don Carlo Gnocchi

Carlo Gnocchi nasce a San Colombano al Lambro, a pochi chilometri da Lodi, il 25 ottobre 1902. È il terzogenito di Enrico Gnocchi, marmista, e Clementina Pasta, sarta. Rimasto orfano del padre all’età di cinque anni, si trasferisce a Milano con la madre e i due fratelli, Mario e Andrea, che pochi anni dopo muoiono di tubercolosi. Carlo cresce in un ambiente molto devoto e frequenta spesso la chiesa. A causa della sua salute cagionevole si trasferisce da alcuni parenti a Montesiro, frazione di Besana in Brianza, che lo avvicinano a Don Luigi Ghezzi.

Quest’ultimo lo affianca nella scelta di diventare seminarista nella scuola del cardinale Andrea Ferrari. Nel 1925 viene ordinato sacerdote dall’Arcivescovo di Milano, Eugenio Tosi. A Montesiro celebra la sua prima Messa il 6 giugno. La sua principale passione, sin dai primi anni di sacerdozio, è quella di essere un educatore.

Il primo impegno apostolico del giovane don Carlo è quello di assistente d’oratorio: prima a Cernusco sul Naviglio e poi, dopo solo un anno, nella parrocchia di San Pietro in Sala, a Milano. La fama sulle ottime doti come educatore di Gnocchi arriva fino al cardinale arcivescovo di Milano Alfredo Ildefondo Schuster che lo nomina direttore spirituale di una delle scuole più prestigiose di Milano: l’Istituto Gonzaga dei Fratelli delle Scuole Cristiane. In questo periodo studia intensamente e scrive brevi saggi di pedagogia.

Gli anni della Seconda Guerra Mondiale

Sul finire degli anni Trenta, sempre il cardinale Schuster gli affida l’incarico dell’assistenza spirituale degli universitari della Seconda Legione di Milano, comprendente in buona parte studenti dell’Università Cattolica e molti ex allievi del Gonzaga. Intanto nel 1939 muore la madre Clementina a cui il giovane sacerdote è molto legato.

Con l’entrata dell’Italia in guerra, nel 1940, Don Carlo Gnocchi parte come volontario e si arruola come cappellano nel battaglione “Val Tagliamento” degli alpini, destinazione il fronte greco albanese. Dopo l’esperienza nei Balcani, torna brevemente a Milano per poi ripartire nel 1942 per la Russia, con gli alpini della Tridentina.

Nel gennaio del ‘43 inizia la drammatica ritirata del contingente italiano. Don Carlo cade stremato ai margini della pista dove passa la fiumana dei soldati, ma viene miracolosamente salvato da qualcuno che lo mette su una slitta. La tragica esperienza della guerra dove assiste gli alpini feriti e morenti e ne raccoglie le ultime volontà, gli fa maturare l’idea di realizzare una grande opera di carità che troverà compimento, dopo la guerra, nella Fondazione Pro Juventute.

Ritornato in Italia nel 1943, il sacerdote inizia un pellegrinaggio, attraverso le vallate alpine, alla ricerca dei familiari dei caduti per dare loro un conforto morale e materiale. In questo periodo aiuta anche molti partigiani e politici a fuggire in Svizzera, rischiando in prima persona la vita, e scrive articoli sulla rivista clandestina Il Ribelle e sul quotidiano diocesano L’Italia. Più di una volta viene arrestato dalle SS e rinchiuso nel carcere di San Vittore a Milano con la grave accusa di spionaggio e di attività contro il regime. Solo l’intervento del cardinale Schuster riesce a farlo liberare.

I mutilatini di Don Carlo Gnocchi

A partire dal 1945 comincia a prendere forma concreta quel progetto di aiuto ai sofferenti appena abbozzato negli anni della guerra: Don Carlo viene nominato direttore dell’Istituto Grandi Invalidi di Arosio (Co), dove accoglie i primi orfani di guerra e bambini mutilati. Inizia l’opera che lo porterà a guadagnare sul campo il titolo di “padre dei mutilatini”.

Presto la struttura di Arosio si rivela insufficiente ad accogliere i piccoli ospiti, le cui richieste di ammissione arrivano da tutta Italia. Nel 1947, gli viene concessa in affitto, a una cifra simbolica, una grande casa a Cassano Magnago, nel varesotto. Successivamente fonda una vastissima rete di collegi in molte città d’Italia come Parma, Torino, Roma, Firenze e altre ancora.

Nel 1949 intanto l’Opera di Don Gnocchi ottiene un primo riconoscimento ufficiale: la “Federazione Pro Infanzia Mutilata“, da lui fondata l’anno prima per meglio coordinare gli interventi assistenziali nei confronti delle piccole vittime della guerra, viene riconosciuta ufficialmente con decreto del presidente della Repubblica. Nello stesso anno, il capo del Governo, Alcide De Gasperi, promuove Don Gnocchi consulente della presidenza del Consiglio per il problema dei mutilatini di guerra.

I collegi del sacerdote lombardo non sono semplici ricoveri ma luoghi in cui favorire la maturazione affettiva e intellettuale dei ragazzi, con cure mediche e chirurgiche, istruzione scolastica e formazione professionale. Don Gnocchi riesce a ottenere l’appoggio delle massime istituzioni, ecclesiali e civili. Il prete chiede inoltre aiuto al mondo del cinema e dello sport e coinvolge i mezzi di informazione e l’opinione pubblica con iniziative clamorose e straordinarie. Per esempio nel 1948 un piccolo monomotore, “l’Angelo di bimbi”, vola da Milano a Buenos Aires e l’anno successivo una spedizione di scout, in sella a mitici Guzzini, attraversa l’Europa e raggiunge Capo Nord per sostenere l’opera di Don Carlo.

Gli ultimi anni e la morte di Don Gnocchi

Nel 1951 la Federazione Pro Infanzia Mutilata viene sciolta e tutti i beni e le attività confluiscono nel nuovo soggetto giuridico della Fondazione Pro Juventute, riconosciuta con decreto del Presidente della Repubblica l’11 febbraio 1952. Nel 1955 il sacerdote lancia la sua ultima grande sfida: costruire un moderno Centro che costituisca la sintesi della sua metodologia riabilitativa. Nel settembre dello stesso anno, alla presenza del Capo dello Stato, Giovanni Gronchi, viene posata la prima pietra della nuova struttura, nei pressi dello stadio di San Siro, a Milano.

Minato da una malattia incurabile, il 28 febbraio 1956 Don Carlo Gnocchi muore alla clinica Columbus di Milano, dove era stato ricoverato per una grave forma di tumore.

Curiosità sulla vita di Don Gnocchi e il processo di beatificazione

Nel corso della vita il prete lombardo ha aperto le porte di modernissimi Centri di rieducazione ai bambini affetti di poliomelite. All’infanzia derelitta e minorata, il sacerdote ha dedicato una fra le sue più significative opere di educatore: “Pedagogia del dolore innocente”.

Il prete, dopo la morte, fece dono delle sue cornee a due giovani ciechi, ospiti della sua fondazione, Silvio Colagrande e Amabile Battistello. La donazione, allora non era ancora normata, e l’operazione venne eseguita da Cesare Galeazzi. Lo scalpore che suscitò nell’opinione pubblica accelerò il dibattito in materia, con la promulgazione a breve del D.L. n. 235 del 3 aprile 1957.

Dopo la morte di Don Carlo molte persone e fedeli hanno dichiarato di aver ricevuto grazie dal sacerdote, invocandone l’aiuto. Per questi motivi, a trent’anni dalla morte, il cardinale Carlo Maria Martini istituì nel 1987 il Processo sulla vita, virtù e fama di santità che si concluse positivamente il 23 febbraio 1991.

Dopo anni di analisi e accurate indagini, il 20 dicembre 2002 papa Giovanni Paolo II dichiarò Don Gnocchi venerabile. Il 17 gennaio 2009, papa Benedetto XVI riconobbe con decreto papale un miracolo attribuito a don Carlo. Si trattava di quanto accaduto a un artigiano elettricista, Sperandio Aldeni, sposato e padre di tre figli, che nel tempo libero si recava alla Fondazione Don Carlo Gnocchi per aiutare i bambini.

Nel 1979 l’uomo fu colpito da una scarica di quindicimila volt all’interno di una cabina elettrica. I soccorritori lo trovarono con ustioni al petto e allo stomaco, tutto raggrinzito ma cosciente, mentre invocava Gesù, Maria e don Gnocchi. Quando fu portato al Centro Gravi Ustionati degli Ospedali riuniti di Bergamo, i medici constatarono “l’assoluta eccezionalità della sopravvivenza immediata all’evento folgorativo” e “la totale assenza di danni tessutali, dovuti alla scarica elettrica”. Gli specialisti sottolinearono inoltre che almeno “si sarebbero dovuti riscontrare segni di sofferenza di organi interni, attraversati dalla corrente come dimostrano le cicatrici di entrata alle mani, all’addome, e le cicatrici di uscita ai piedi”. Invece il 20 ottobre 1979 Aldeni fu dimesso e in breve ritornò alla vita normale di prima.

Certificato il miracolo attribuito al sacerdote lombardo, il 25 ottobre 2009 Don Carlo Gnocchi è stato proclamato Beato.

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